Autonomia procedimento controllo giudiziario: la Plenaria interviene

Paola Marino 07/03/23
Allegati

L’Adunanza Plenaria dichiara l’autonomia tra procedimento di controllo giudiziario innanzi al Tribunale della prevenzione penale e giudizio impugnatorio dell’interdittiva antimafia innanzi al g.a.
L’Adunanza Plenaria ha rimarcato come la pendenza del controllo giudiziario ex art. 34 bis, comma 6, d.lgs. 159/2011, non sia causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva né di quello avverso le misure straordinarie di gestione e monitoraggio di imprese, previste dall’art. 32, comma 10, d.l. 90/2014, convertito nella l. 114/2014, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria di un’informazione antimafia interdittiva, non sussistendo un rapporto di pregiudizialità-dipendenza tra il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia (e delle predette misure) e il controllo giudiziario.

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Indice

1. Il quadro normativo


L’art. 34 bis, comma 6, d.lgs. 159/2011 dispone che le imprese destinatarie di interdittiva antimafia, che l’abbiano impugnata innanzi al giudice amministrativo, possono chiedere al Tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario, quando l’agevolazione di soggetti indiziati di appartenere ad organizzazioni di stampo mafioso risulti occasionale.
Si tratta di una misura, invocata dall’impresa attinta da interdittiva, che persegue l’obiettivo di decontaminare le attività imprenditoriali sostanzialmente sane (o non del tutto compromesse), in modo da restituirle al libero mercato, una volta depurate dagli agenti inquinanti, in un’ottica conservativa, secondo un principio di progressività delle misure di prevenzione.
Ai sensi del comma 7 del predetto articolo, il provvedimento che dispone il controllo giudiziario sospende il termine di cui all’art. 92, comma 2, d.lgs. 159/2011, ossia il termine di trenta giorni dalla consultazione della banca dati nazionale unica per il rilascio dell’informazione antimafia, e gli effetti, di cui all’art. 94 del medesimo decreto, relativi alla incapacità di contrattare con la P.A.

2. La questione posta dalla Terza Sezione del Consiglio di Stato all’Adunanza Plenaria: se il g.a. debba sospendere il giudizio avente ad oggetto la legittimità di una interdittiva antimafia o delle misure straordinarie di gestione, nel caso in cui l’impresa attinta da questi provvedimenti sia ammessa al controllo giudiziario


La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha deferito all’Adunanza Plenaria, in prima battuta, la seguente questione: “se l’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34 bis, comma 6, d.lgs 159/2011, comporti che il giudice amministrativo – nel corso del giudizio di primo grado o di quello d’appello avente per oggetto interdittiva antimafia – debba sospendere il giudizio, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a., o debba rinviare l’udienza già fissata”.
La Sezione ha sottolineato come, in merito a tale questione, la prassi invalsa tra i giudici amministrativi sia abbastanza variegata.
Secondo un primo orientamento, il giudice amministrativo dovrebbe consentire che il controllo giudiziario, disposto dal Tribunale della prevenzione penale, sia portato a conclusione e perciò occorrerebbe sospendere il giudizio amministrativo per tutto il tempo necessario o, tutt’al più, rinviare l’udienza di discussione, se fissata, in tempi coordinati con quelli della misura preventiva.
Questa tesi, sebbene non fondata su base testuale, postula che il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva antimafia sia ancora pendente, e tale permanga, quando l’impresa chieda di essere sottoposta a controllo giudiziario.
In base a un diverso orientamento, la richiesta del controllo giudiziario da parte dell’impresa comporterebbe l’acquiescenza all’interdittiva e ciò determinerebbe l’improcedibilità del ricorso innanzi al giudice amministrativo e l’estinzione dell’interesse alla sua decisione anche a fini meramente risarcitori.
La Terza Sezione del Consiglio di Stato dà poi conto di un terzo orientamento, che perora l’autonomia dei procedimenti, già espressa dalla stessa Sezione con la sentenza n. 3973 del 2022.
La Terza Sezione ha poi posto un ulteriore quesito alla Plenaria, ovvero se l’ammissione al controllo giudiziario determini anche la sospensione necessaria del giudizio di impugnazione delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione, previste dall’art. 32, comma 10, d.l. 90/2014, convertito dalla l. 114/2014, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione.


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3. Le argomentazioni dell’Adunanza Plenaria nelle decisioni nn. 6, 7 e 8/2023


La Plenaria nota come la prima tesi prospettata dall’ordinanza di rimessione, la quale postula che il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva antimafia sia ancora pendente quando l’impresa domanda al Tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, non abbia fondamento normativo e neppure sistematico.
L’interdittiva svolge una funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell’economia delle organizzazioni di stampo mafioso e, per conseguenza, il controllo giudiziario persegue finalità di risanamento dell’impresa interessata dal fenomeno mafioso, attraverso il superamento della situazione che ha dato origine all’interdittiva.
Per questa ragione, il comma 7 dell’articolo 34 bis del d.lgs 152/2011 dispone che il provvedimento che ammettere imprese al controllo giudiziario sospende gli effetti dell’incapacità a contrattare della medesima, derivante dall’interdittiva antimafia.
Tale sospensione consente all’impresa di continuare ad operare, nella prospettiva del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva.
Ed anche la sospensione del termine fissato dall’articolo 92, comma 2, del medesimo decreto, si pone nella stessa ottica, poiché sospende il termine per gli adempimenti prodromici al rilascio dell’informazione antimafia, comportando il venir meno dell’esigenza dell’autorità prefettizia di verificare l’esistenza di tentativi di infiltrazioni, finché dura tale controllo.
Tuttavia, nessuno degli effetti previsti dall’articolo 34 bis, comma 7, presuppone che il giudizio sull’interdittiva rimanga pendente.
Tali effetti sono, infatti, compatibili con l’inoppugnabilità dell’interdittiva, a seguito del rigetto della relativa impugnazione.
E, infatti, il controllo giudiziario si pone in funzione del superamento dell’interdittiva stessa, al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose.
La funzione risanatrice del controllo giudiziario si basa peraltro su un’autonoma valutazione prognostica del Tribunale della prevenzione penale, al fine di recuperare l’impresa al mercato, quando il grado di condizionamento mafioso non sia considerato a ciò impeditivo.
Le Sezioni Unite penali, con sentenza 46898 del 2019 hanno lumeggiato la finalità del controllo giudiziario: lo stesso è volto al recupero della realtà aziendale alla libera concorrenza, a seguito di un percorso emendativo.
La stessa Cassazione penale, con la recente pronuncia 42646 del 2022, ha statuito che è illegittimo il diniego di ammissione al controllo giudiziario, chiesto, sulla base della domanda di aggiornamento ex art. 91, comma 5, del Codice Antimafia, da un’impresa attinta da un’interdittiva ormai divenuta inoppugnabile.
La Cassazione ha, quindi, rilevato che la definitività di quest’ultima non determina, tuttavia, la stabilità ed intangibilità dell’interdizione, precludendo sine die all’azienda di contrattare con l’amministrazione, poiché l’impedimento a chiedere il controllo si porrebbe in contrasto con la natura necessariamente provvisoria e temporanea dell’informativa.
Da quanto sopra esposto emerge che il rapporto tra interdittiva e controllo giudiziario non si pone in termini di pregiudizialità-dipendenza: infatti, in base all’art. 295 c.p.c., la sospensione del processo si determina solo quando il giudice investito della domanda debba risolvere una controversia, dalla cui definizione dipenda la decisione della causa.
Orbene, nessun rapporto di pregiudizialità-dipendenza è ravvisabile tra il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, se non nei limiti dianzi espressi.
Peraltro, l’espediente della sospensione del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva prefettizia giungerebbe a snaturare la funzione tipica del processo: da strumento preventivo rispetto al rischio di contrasto di giudicati a mezzo improprio per impedire una decisione eventualmente sfavorevole sull’impugnazione contro l’interdittiva, che si suppone possa vanificare obiettivi di risanamento dell’impresa (e il Supremo Consesso di Giustizia Amministrativa ha già dimostrato come questa supposizione non abbia un fondamento normativo).
L’Adunanza Plenaria aggiunge che, sebbene non sussistano i presupposti di cui all’art. 295 c.p.c., tuttavia, le circostanze del caso potranno essere valutate dal giudice amministrativo, ai sensi dell’articolo 73, comma 1 bis, c.p.a.
Ribadita l’autonomia degli accertamenti di competenza del Tribunale della prevenzione penale rispetto a quelli svolti dall’autorità prefettizia per il rilascio dell’informazione antimafia, la Plenaria esclude, a maggior ragione, la tesi dell’acquiescenza derivante dalla domanda di controllo giudiziario da parte dell’impresa destinataria dell’interdittiva.
Quanto all’ulteriore quesito posto dalla Terza Sezione alla Plenaria, la stessa nota che le misure prefettizie di risanamento dell’impresa, di cui all’art. 94 bis D,lgs. 159/2011 sono applicabili nel caso in cui i tentativi di infiltrazione mafiosa siano riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale.
Il riferimento “all’agevolazione occasionale” permette di cogliere l’identità di ratio tra le misure prefettizie di risanamento e il controllo giudiziario.
Benché non sussistano disposizioni di coordinamento tra i due istituti, anche in questo caso, l’eventuale impugnazione delle predette misure e dell’eventuale commissariamento dell’impresa attinta da interdittiva ex art. 32, comma 10, d.l. 90/2014, non impedisce, comunque, che il controllo giudiziario possa avere corso, poiché si tratta di procedimento autonomo e separato.
Pertanto, la eventuale non ultrattività delle predette misure in relazione alla concessione del controllo giudiziario non costituisce ragione sufficiente per sospendere il giudizio innanzi al giudice amministrativo, visto che il controllo mira al risanamento dell’impresa infiltrata e, come ha osservato l’ordinanza di rimessione, costituisce, in definitiva, una misura più favorevole per la stessa.
Sulla scorta delle predette considerazioni, la Plenaria enuncia il seguente principio di diritto: la pendenza del controllo giudiziario ex art. 34 bis, comma 6, d.lgs. 159/2011, non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva né di quello avverso le misure straordinarie di gestione e monitoraggio di imprese, previste dall’art. 32, comma 10, d.l. 90/2014, convertito nella l. 114/2014, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria di un’informazione antimafia interdittiva.

Paola Marino

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