L’Autorità garante per la tutela dei dati personali (Privacy), nella Newsletter n. 370 pubblicata in data 1° marzo 2013, è intervenuta per fornire alcuni chiarimenti sulla vexata questio delle modalità di utilizzo delle telecamere all’interno dei luoghi di lavoro; in particolare, il Garante si è espresso in riferimento all’ipotesi di impiego delle telecamere in violazione di accordi sottoscritti con i sindacati per l’installazione delle stesse. Provvediamo ad esporre, in sintesi, le indicazioni del Garante:
il servizio di televigilanza, istituito con scopo di anti-taccheggio e anti-rapina, non deve consentire il realizzarsi di forme di controllo a distanza dei lavoratori nell’esercizio delle loro funzioni. Gli esercenti devono segnalare adeguatamente la presenza di telecamere e affidare la gestione del servizio a guardie giurate. Queste le indicazioni del Garante (doc. web n. 2291893) che, in seguito all’attività ispettiva condotta da parte della Questura di Genova, è intervenuto a bloccare il trattamento dei dati effettuato tramite il sistema di videosorveglianza installato in un esercizio facente parte di un’importante catena commerciale. Dalle verifiche effettuate è infatti emerso che la società aveva violato in più punti l’accordo che era stato sottoscritto con i sindacati per consentire l’installazione delle telecamere sul luogo di lavoro. Una videocamera, ad esempio, invece che essere utilizzata per finalità di sicurezza, inquadrava il sistema di rilevazione degli accessi dei dipendenti, consentendo quindi – in contrasto con quanto sottoscritto dall’azienda e con lo stesso Statuto dei lavoratori – il controllo a distanza dei lavoratori. Le immagini registrate risultavano poi essere accessibili con modalità diverse da quelle concordate tra le parti. Non erano in regola neppure i cartelli con l’informativa semplificata utilizzati per segnalare la presenza dell’impianto di videosorveglianza: non solo, infatti, non contenevano tutte le informazioni necessarie, ma erano in numero esiguo e, a volte, collocati in posizione non chiaramente visibile (ad es. alle spalle di un espositore). Dai riscontri effettuati dalla Questura è emerso, inoltre, che l’impianto di videosorveglianza era stato affidato in gestione ad un consorzio di ditte esterne che utilizzava per il servizio personale non qualificato. Chi effettuava il controllo delle immagini era, infatti, privo della licenza prefettizia di “guardia particolare giurata”, necessaria per poter svolgere funzioni anti-rapina e anti-taccheggio, e non era stato designato quale incaricato del trattamento dei dati personali. Il Garante della privacy ha quindi imposto all’esercente di provvedere a sanare tutte le violazioni riscontrate ed ha provveduto a bloccare il trattamento dei dati effettuato attraverso il sistema di videosorveglianza. Ai sensi di quanto previsto dal Codice ha anche trasmesso copia degli atti e del provvedimento all’autorità giudiziaria al fine di valutare gli eventuali illeciti penali commessi.
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