1. Novità introdotte dal D.L. 90/2014
1.1 Nuovi compiti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione
1.2 Nuovi strumenti di lotta alla mafia e alla corruzione
1.3 Varianti in corso d’opera
1.4 Affidamento dei contratti pubblici
2. Altre novità: il D.L. 66/2014, conv. con modif. L. 89/2014
2.1 Pubblicazione telematica dei bandi di gara
2.2 Gare aggregate nei comuni non capoluogo
1. Novità introdotte dal D.L. 90/2014
1.1 Nuovi compiti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione
L’art. 19 del D.L. 90/2014 prevede innanzitutto la soppressione dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici, istituita nel 2006 con il varo del Codice degli Appalti.
Le sue funzioni ed i suoi compiti vengono trasferiti all’Autorità Nazionale Anticorruzione, istituita nel 2009. Entro la fine del 2014, il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione dovrà presentare al Governo un piano di riorganizzazione che preveda il trasferimento di risorse umane, finanziarie e strumentali, necessarie per lo svolgimento delle sue funzioni e la riduzione, non inferiore al 20%, delle spese di funzionamento e del trattamento economico accessorio dei dipendenti, compresi i dirigenti.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione potrà ricevere notizie e segnalazioni di illeciti e, salvo che il fatto costituisca reato, applicare sanzioni amministrative (di importo variabile tra i 1000 ed i 10000 euro) nel caso in cui le stazioni appaltanti pubbliche omettano di adottare adeguati piani per la prevenzione della corruzione.
1.2 Nuovi strumenti di lotta alla mafia e alla corruzione
Per appalti maggiormente esposti al rischio di infiltrazioni mafiose si dispone che la comunicazione e l’informazione antimafia liberatoria sia obbligatoriamente acquisita da Pubbliche Amministrazioni, enti pubblici, enti ed aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, società o impresa comunque controllate dallo Stato, concessionari di pere pubbliche e contraenti generali, attraverso la consultazione di un apposito elenco disponibile presso ogni prefettura di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa operanti in questi settori.
In caso di indagini per reati particolarmente gravi (corruzione, concussione) o in caso di situazioni comunque anomale e tali da configurare condotte illecite da parte dell’impresa aggiudicataria di un appalto pubblico, il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, secondo quanto disposto dall’art.32 del D.L. 90/2014, avrà doveri e poteri nei confronti del prefetto competente per il territorio.
L’Autorità Nazionale Anticorruzione potrà proporre, quindi:
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ordinare il rinnovo degli organi sociali dell’appaltatore e, nel caso in cui questa non si adegui nei tempi stabiliti, di procedere alla gestione straordinaria e temporanea della stessa, oppure
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procedere direttamente alla gestione straordinaria e temporanea dell’impresa appaltatrice limitatamente alla completa esecuzione del contratto di appalto oggetto del procedimento penale.
Il prefetto, una volta concluso le valutazioni preliminari, può nominare uno o più amministratori a cui sono attribuiti tutti i poteri e le funzioni degli organi di amministrazione dell’impresa, a loro volta sospesi per la durata della misura.
Può essere disposta una misura diversa qualora le indagini denotino una forma di compromissione meno grave che non riguardi l’assetto proprietario né quello di amministrazione. In questo caso, il prefetto procederà alla nomina di uno o più esperti con il compito di formulare indicazioni operative all’impresa sugli interventi da effettuare, con particolare attenzione all’organizzazione, ai sistemi di controllo e agli organi amministrativi.
Amministratori ed esperti nominati dal prefetto sono individuati, in numero non superiore a tre, tra i soggetti che siano in possesso dei requisiti di professionalità ed onorabilità previsti dalla legge per i commissari delle grandi imprese in stato di crisi.
Le misure straordinarie si applicano anche nel caso in cui il prefetto abbia emesso un’informativa antimafia che impedirebbe la partecipazione alle gare. In queste ipotesi, le misure sono adottate direttamente dal prefetto, che ne informa il presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione.
Si tratta di deroghe forti al regime adottato dal codice civile, che producono effetti sulla gestione dell’impresa, con l’obiettivo di salvaguardare da un lato la continuità dei lavori, dei servizi e delle forniture in corso, e dall’altro di separare, in modo netto, le sorti dell’impresa e delle commesse in corso da quelle degli amministratori inquisiti.
1.3 Varianti in corso d’opera
Il D.L. 90/2014 introduce modifiche al Codice degli Appalti in ordine alle varianti in corso d’opera. È una novità che incide molto sull’attività delle stazioni appaltanti e, quindi, di conseguenza su quella di imprese, professionisti tecnici, progettisti ecc.
In base all’art.132 del Codice degli Appalti, in caso di necessità di varianti in corso d’opera a progetti regolarmente approvati, contrattualizzati e messi in esecuzione, queste possono essere ammesse, sentiti il progettista ed il direttore dei lavori, soltanto per circostanze sopravvenute nel corso dell’esecuzione o comunque dopo l’approvazione del progetto e cioè:
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possibilità di utilizzare materiali, componenti e tecnologie non esistenti al momento della progettazione che, senza determinare ulteriori costi, possono determinare miglioramenti nella qualità dell’opera o di sue parti;
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per la presenza di eventi, inerenti alla natura ed alla specificità dei beni sui quali si interviene, verificatisi in corso d’opera, o di rinvenimenti imprevisti o on prevedibili nella fase progettuale;
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quando, nel corso dell’opera, si manifestino difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti;
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per il manifestarsi di errori od omissioni del progetto esecutivo che pregiudichino, in tutto o in parte, la realizzazione dell’opera ovvero la sua utilizzazione.
Se ricorrono questi casi, il contratto di appalto in corso può proseguire una volta che la variante sia regolarmente approvata con apposita perizia ossia un progetto integrativo che può essere in aumento di spesa (cd. perizia suppletiva) oppure no.
Se non ricorrono questi casi, il contratto di appalto non può proseguire e deve essere interrotto. L’amministrazione dovrà bandire una nuova gara d’appalto sul nuovo progetto che consegue all’approvazione della variante che si è resa necessaria al di fuori dai casi previsti dalla legge.
Il fenomeno delle varianti, sebbene minuziosamente disciplinato dal Codice degli Appalti del 2006, è stato individuato come uno dei potenziali focolai del malfunzionamento, se non dei motivi di corruzione, che danneggiano il sistema degli appalti pubblici. Per questo motivo il Governo ha deciso di intervenire direttamente con il D.L. 90/2014, “commissariando” le amministrazioni che hanno necessità di variare i progetti approvati.
Il decreto stabilisce che, nei casi in cui sono possibili le varianti in corso d’opera, queste devono essere trasmesse all’Autorità Nazionale Anticorruzione entro 30 giorni dall’approvazione da parte della stazione appaltante. All’Autorità Nazionale Anticorruzione deve essere trasmesso anche l’atto di validazione accompagnato da un’apposita relazione del responsabile del procedimento.
Non è chiaro cosa farà l’Autorità Nazionale Anticorruzione, se un esame tecnico o procedurale diretto tramite uffici che le sono stati trasferiti dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici o altri, o se disporrà ispezioni, controlli ecc. ma è facilmente intuibile che vi sarà qualche forma di controllo, anche in funzione dissuasiva, sulle amministrazioni che ricorrono troppo frequentemente alle varianti progettuali.
1.4 Affidamento dei contratti pubblici
Il D.L. 90/2014 introduce novità anche in ordine ai generali requisiti di partecipazione alla gara. L’art.38 del Codice degli Appalti:
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al 1° comma evidenzia quali sono i soggetti esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento di concessioni e di appalti di forniture, lavori e servizi e che non possono essere affidatari di subappalti,
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al 2° comma prevede la possibilità che le imprese che concorrono alle gare possano, in una serie di casi, fare ricorso a dichiarazioni sostitutive.
Il D.L. 90/2014 ha introdotto il comma 2-bis, secondo cui la mancanza, l’incompletezza ed ogni altra irregolarità essenziale delle dichiarazioni sostitutive non esclude (come era, invece, precedentemente previsto) automaticamente il concorrente dalla partecipazione alla gara ma lo obbliga al pagamento di una sanzione amministrativa in favore della stazione appaltante, il cui importo sarà stabilito nel bando di gara. In questo caso, la stazione appaltante assegna un termine, non superiore a 10 giorni, al concorrente perché questi regolarizzi le dichiarazioni necessarie ed indica anche il contenuto ed i soggetti tenuti a farlo. Se il concorrente non integra le dichiarazioni sarà escluso dalla gara.
Nei casi di irregolarità non essenziali oppure in caso di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non indispensabili, la stazione appaltante richiede solo l’integrazione delle dichiarazioni e non applica alcuna sanzione.
Questa disposizione anticipa il futuro nuovo Codice degli Appalti, recependo una delle priorità delle Direttive europee: quella di semplificare gli adempimenti burocratici a carico dei concorrenti nelle gare.
2. Altre novità: il D.L. 66/2014, conv. con modif. L. 89/2014
Il D.L. 90/2014 non è stato l’unico ad introdurre novità in materia di appalti.
La L. 89/2014, con la quale il Parlamento ha convertito in legge il precedente D.L. 66/2014, ha modificato lo stesso contenuto del decreto, introducendo novità in materia di appalti.
2.1 Pubblicazione telematica dei bandi di gara
Il D.L. 66/2014 prevedeva la pubblicazione degli atti relativi alle gare attraverso internet. Questa previsione è stata rimandata, dalla L. 89/2014, al 2016. Fino al 1 gennaio 2016 vi è, quindi, l’obbligo di pubblicazione sui quotidiani di bandi di gara ed avvisi pubblici, mentre le imprese aggiudicatrici dovranno continuare a rimborsare le stazioni appaltanti per le spese di pubblicità.
2.2 Gare aggregate nei comuni non capoluogo
Dal 1 luglio 2014, i comuni non capoluogo di provincia possono bandire gare d’appalto solo attraverso le “centrali di committenza”. Si tratta di una novità che va a modificare quanto previsto dal D.L. 66/2014. Nel D.L. 66/2014, infatti, si stabiliva che il ricorso alle centrali di committenza fosse riservato unicamente ai comuni con popolazione non superiore a 5000 abitanti. Le modifiche introdotte dalla legge di conversione, invece, estendono l’obbligo a tutti i comuni non capoluogo. I comuni interessati dal provvedimento, quindi, dovranno acquisire lavori, beni e servizi mediante soggetti aggregatori della domanda come la CONSIP oppure tramite unioni di comuni o consortili. In mancanza, i Comuni non potranno bandire gare perché non gli sarà rilasciato il Codice Identificativo di Gara (CIG). La legge stabilisce che il mancato rilascio del CIG sia deciso dall’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici ma, alla luce della soppressione di questa da parte del D.L. 90/2014, è chiaro che questo compito spetta all’Autorità Nazionale Anticorruzione. In mancanza del CIG i Comuni non possono bandire gare.
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