E’ questo il principio con cui il TAR Lecce ha rimesso alla CC la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 comma 1, l. reg. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, che limita lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui gli impianti di smaltimento siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali, perché viene ad integrare un "divieto relativo" che è in contrasto con le previsioni degli artt.117 comma 3, 120 e 41 Cost.
Per il TAR aidto, in caso di leggi regionali che impongono il divieto di smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale, la rilevanza economica dell’attività di smaltimento dei rifiuti permette di ravvisare la violazione anche della previsione dell’art. 41 Cost., relativo alla libertà dell’iniziativa economica che sarebbe ingiustificatamente compressa, sia con riferimento alla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che sarebbero penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, sarebbero soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).
Ha proseguito il TAR Lecce, in tema di smaltimento di rifiuti, l’incostituzionalità delle leggi regionali prevedenti divieti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi di provenienza extraregionale trova applicazione, non solo con riferimento ai divieti assoluti di smaltimento, ma anche alle più diverse formulazioni che vengano ad introdurre dei "divieti relativi" (limiti quantitativi allo smaltimento; limitazioni territoriali; ecc.) caratterizzati da una natura sistematica sostanzialmente non dissimile.
AVV. ****************
Registro Decisioni: 564/2008
Registro Ricorsi: 1710/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, composto dai signori magistrati:
Aldo ******* Presidente
***** ***** Consigliere relatore
****** Manca Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 1710/2007 proposto dalla VERGINE s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore Sig. ***********, rappresentata e difesa dagli Avv. *************, ************************ e ************, come da mandato a margine del ricorso, presso lo studio degli stessi in Lecce, via Garibaldi n. 43, elettivamente domiciliata
contro
-la Regione Puglia, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di mandato a margine dell’atto di costituzione in giudizio e presupposta delibera di G.R., dall’Avv. ****************, elettivamente domiciliata in Lecce, via Zanardelli n. 60 presso lo studio dell’Avv. **************;
-la Provincia di Taranto, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa, in virtù di mandato in calce alla copia notificata del ricorso, dall’Avv. ***************, legalmente domiciliata in Lecce, presso la Segreteria del Tribunale amministrativo regionale;
con l’intervento ad adiuvandum
-della BIOSUD s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore ***********************, della ECOCAPITANATA s.r.l, in persona del legale rappresentante pro tempore ********************** e della SERVECO s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore ************************, rappresentate e difese, in virtù di mandato a margine dell’atto di intervento, dagli Avv. ***** e *************, presso lo studio degli stessi in Lecce, via Garibaldi n. 43, elettivamente domiciliate;
e con intervento ad opponendum
-dei Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi, in virtù di mandato a margine dell’atto di intervento e presupposte delibere di autorizzazione, dall’Avv. ************, elettivamente domiciliati in Lecce, piazza Mazzini n. 72 presso lo studio dell’Avv. ****************;
-del Comitato Vigiliamo per la discarica, in persona del legale rappresentante pro tempore, Prof. **************, rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine dell’atto di intervento e presupposta delibera di Assemblea, dall’Avv. ************, elettivamente domiciliato in Lecce, piazza Mazzini n. 72 presso lo studio dell’Avv. ****************;
per l’annullamento
della nota 7.11.2007 prot. n. 51103, con la quale il Settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto ha vietato lo smaltimento nella discarica di proprietà della ricorrente dei <<rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria>>; nonché di ogni atto presupposto, connesso o comunque collegato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione della Regione Puglia e della Provincia di Taranto;
Visto l’intervento ad adiuvandum della BIOSUD s.r.l., della ECOCAPITANATA s.r.l. e della SERVECO s.r.l.;
Visto l’intervento ad opponendum dei Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e del Comitato Vigiliamo per la discarica;
Visti gli atti tutti di causa;
Data per letta alla pubblica udienza del 23 gennaio 2008 la relazione del Consigliere Dott. *********** e uditi altresì, gli Avv. *************, ************************ e ************ per la ricorrente, l’Avv. ********** in sostituzione dell’Avv. **************** per la Regione Puglia, gli Avv. ****** e ************ per le intervenienti ad adiuvandum e l’Avv. ************ per gli intervenienti ad opponendum;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente è proprietaria di un’area nel territorio del Comune di Taranto che si estende tra le località Mennole e Palombara ove ha sede una discarica di rifiuti speciali non pericolosi autorizzata con delibera n. 403/2000 di Giunta Provinciale e decreto commissariale n. 265/2001.
In data 31 ottobre 2007, il Consiglio regionale Pugliese approvava la legge regionale di iniziativa popolare n. 29 recante la <<disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia>>; in particolare, la nuova legge regionale è caratterizzata da una disciplina limitativa che legittima lo smaltimento sul territorio regionale dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi prodotti fuori dalla Regione, solo nell’ipotesi in cui gli impianti di smaltimento <<siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali>> (art. 3, 1° comma l.r. n. 29 del 2007), prevedendo, a questo proposito, un complesso sistema di controlli (che ruota intorno ad una serie di certificazioni delle autorità extraregionali, sostituibili da autocertificazioni, in ordine al rispetto della condizione di "viciniorità" indispensabile per lo smaltimento dei rifiuti sul territorio regionale).
Con nota 31.10.2007, la ricorrente chiedeva al settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di Taranto se lo smaltimento di <<rifiuti speciali non pericolosi provenienti da fuori regione, ed in particolare dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria>> potesse ritenersi ancora consentito dalla nuova disciplina limitativa prevista dalla legge regionale n. 29 del 2007.
Con nota 7.11.2007 prot. n. 51103, il Settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto vietava lo smaltimento nella discarica di proprietà della ricorrente dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria, sulla base della seguente motivazione: <<si comunica che è stata pubblicata sul BURP n. 157 del 02.11.2007 la L.R. n. 29 del 31.10.2007 "Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati ad impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia". In forma della predetta Legge è vietato lo smaltimento in Puglia dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti da altre regioni se non accompagnati da una certificazione attestante l’inesistenza o l’inoperatività di impianti più vicini al luogo di produzione del medesimo rifiuto. Pertanto è conseguentemente vietato il conferimento in Puglia di rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria>>.
Il provvedimento del Settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto era impugnato dalla ricorrente per violazione e falsa applicazione art. 182, 3° comma lett. b) del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, illegittimità costituzionale della legge regionale 31 ottobre 2007 n. 29 per violazione degli artt. 117, 1° e 2° comma lett. s), 120, 41, 32 e 3 della Costituzione, eccesso di potere legislativo per irrazionalità.
Si costituivano in giudizio la Provincia di Taranto e la Regione Puglia, controdeducendo sul merito del ricorso.
Alla Camera di consiglio del 21 novembre 2007, la Sezione accoglieva, con l’ordinanza n. 1137/07, l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, sospendendo <<il divieto di conferimento nella discarica….dei rifiuti speciali provenienti da Lazio, Toscana e Umbria>> e fissava udienza per la discussione del ricorso al 23 gennaio 2008.
In data 28 novembre 2008, la BIOSUD s.r.l., la ECOCAPITANATA s.r.l. e la SERVECO s.r.l., società operanti nel settore, sia come autotrasportatori che come titolari di impianti di smaltimento di rifiuti speciali nella Regione Puglia, depositavano atto di intervento ad adiuvandum regolarmente notificato ed instavano per l’accoglimento del ricorso.
In data 2 gennaio 2008, interveniva in giudizio ad opponendum il Comitato Vigiliamo per la discarica, promotore della legge regionale di iniziativa popolare n. 29 del 2007; in data 9 gennaio 2008, intervenivano altresì in giudizio ad opponendum i Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano (enti esponenziali di comunità che <<subiscono da anni il pesante, pericoloso e incessante traffico di autocarri che trasportano ingentissime quantità di rifiuti, passando all’interno dei rispettivi centri abitati>>); tutti gli intervenienti ad opponendum concludevano per il rigetto del ricorso, tramite declaratoria di manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente ed eventuale rimessione alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, della conformità alla direttiva 2006/12/CE e al Regolamento CE n. 1013/2006 della l.r. Puglia n. 29 del 2007.
Alla pubblica udienza del 23 gennaio 2008 il ricorso passava quindi in decisione.
DIRITTO
1. In via preliminare, la Sezione deve rilevare come la decisione del ricorso non possa prescindere dalla questione di legittimità costituzionale, per violazione degli artt. 117, 3° comma, 120 e, 41 della Costituzione, della legge regionale Puglia 31 ottobre 2007 n. 29 (<<Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella Regione Puglia>>).
In particolare, per quello che riguarda il profilo della rilevanza della questione di costituzionalità, è sufficiente rilevare come il T.A.R. sia chiamato alla pronunciarsi sulla nota-provvedimento 7.11.2007 prot. n. 51103 del Settore Ecologia e Ambiente della Provincia di Taranto, impugnato dalla ricorrente, che ha vietato lo smaltimento dei nella discarica sita in Taranto dei rifiuti speciali provenienti dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria, sulla base dell’unica circostanza giustificativa costituita dalla normativa sopravvenuta costituita dalla l.r. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29; non possono, quindi, sussistere dubbi in ordine al carattere provvedimentale del provvedimento impugnato (che, oltre a provenire dall’organo fornito di competenza in materia, reca un contenuto dispositivo individuabile proprio nella valutazione, in concreto, dell’impossibilità di smaltire nella discarica in questione i rifiuti provenienti da tre Regioni italiane ben individuate) e dallo stretto collegamento esistente tra la nuova disciplina regionale dello smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, e l’emanazione dell’atto impugnato (contrariamente a quanto rilevato dalla difesa della Regione Puglia, deve, infatti, rilevarsi come il contenuto normativo della nuova disciplina regionale renda sostanzialmente impossibile lo smaltimento dei rifiuti provenienti dalle Regioni italiana non confinanti con la Regione Puglia, come nel caso di Lazio, Toscana e Umbria e come, quindi, il provvedimento impugnato costituisca piana applicazione della nuova legge regionale e non si ponga in contrasto con la stessa).
2. Sostanzialmente irrilevante è poi, ai fini della problematica della costituzionalità delle previsioni della legge regionale n. 29 del 2007, il riferimento al diritto comunitario ampiamente sviluppato dalla difesa degli interventori ad opponendum.
In particolare, l’art. 7, 4° comma della dir. 5 aprile 2006 n. 2006/12/CE (<<gli Stati membri hanno la facoltà di prendere i provvedimenti necessari per impedire movimenti di rifiuti non conformi con i loro piani di gestione dei rifiuti. Tali provvedimenti devono essere comunicati alla Commissione e agli Stati membri>>) ed in generale, l’intera sistematica del provvedimento si limitano semplicemente a legittimare la potestà degli Stati membri di limitare il movimento dei rifiuti, senza prevedere prescrizioni dal contenuto preciso ed autoapplicativo che possano trovare applicazione nel caso concreto.
Il reg. CE 14 giugno 2006 n. 1013/2006 (regolamento del Parlamento e del Consiglio relativo alle spedizioni dei rifiuti) contiene poi una serie di prescrizioni tese a regolamentare le spedizioni di rifiuti (soprattutto, provenienti da Stati siti al di fuori dell’Unione europea), ma non vieta in linea di principio la movimentazione degli stessi; soprattutto il regolamento non contiene disposizioni che possano direttamente essere applicate alla fattispecie in decisione.
La problematica deve quindi essere decisa sulla base del diritto interno.
3. Per quello che riguarda la questione di costituzionalità della l.r. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, la Sezione deve rilevare come, negli ultimi anni, la Corte costituzionale abbia seguito una linea ricostruttiva (Corte cost. 14 luglio 2000 n. 281; 19 ottobre 2001 n. 335; 4 dicembre 2002 n. 505; 21 aprile 2005 n. 161; 26 gennaio 2007 n. 12) che porta a concludere per la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità ampiamente sviluppata, sotto tutti i profili, dalle articolate censure che sorreggono il ricorso.
In particolare, la Corte costituzionale ha affrontato la problematica in una sentenza (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335) resa in fattispecie (rifiuti speciali non pericolosi) assolutamente identica a quella oggi in decisione; in quella sede, è stata ribadita la necessità di scrutinare la questione di costituzionalità delle leggi che vietano lo smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale, sulla base della sistematica complessiva del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale) che <<disciplina la "gestione dei rifiuti" mediante disposizioni che si autoqualificano principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, nonché "norme di riforma economico-sociale" nei confronti delle regioni a statuto speciale>> (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).
L’esame del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152) evidenzia chiaramente un contesto complessivo, fondato su una "duplice soluzione": <<la giurisprudenza costituzionale si è occupata più volte del problema, posto dalla legislazione regionale, relativo al divieto di smaltimento in ambito regionale di rifiuti di provenienza extraregionale, pervenendo sostanzialmente ad una duplice soluzione in relazione alla tipologia dei rifiuti in questione. Da un lato, infatti, si è statuito, proprio in riferimento alle stesse norme regionali in esame, che alla luce del principio dell’autosufficienza -stabilito espressamente dall’art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 del 1997- il divieto di smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è pienamente applicabile ai rifiuti urbani non pericolosi nonché ai rifiuti speciali assimilabili (sentenza n. 196 del 1998); dall’altro lato, si è invece statuito che il principio dell’autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere per quelli "pericolosi" -comprensivi quindi anche, secondo la disciplina introdotta dal decreto n. 22 del 1997, di quelli che la previgente normativa del d.P.R. n. 915 del 1982 definiva "tossici e nocivi"- i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati (sentenza n. 281 del 2000). È pertanto nell’ambito di questa duplice soluzione giurisprudenziale che va inquadrata la questione in esame che riguarda i rifiuti "speciali" non pericolosi, antecedentemente definiti "non tossici e non nocivi", per i quali occorre dunque verificare se valga o meno il criterio prioritario della autosufficienza nello smaltimento, tenendo conto che la disciplina legislativa dei conferimenti nelle discariche prende in considerazione sia il luogo di produzione sia le caratteristiche di pericolosità dei rifiuti. Ed invero il criterio del luogo d’origine, valutato insieme con l’assenza di elementi di pericolosità, è stato seguito nei confronti dei rifiuti urbani non pericolosi, rispetto ai quali "l’ambito territoriale ottimale per lo smaltimento" è considerato "logicamente limitato e predeterminabile in relazione ai luoghi di produzione", stabilendo, infatti, l’art. 23 del decreto n. 22 che esso coincida di regola con il territorio provinciale, in modo da garantire al suo interno l’autosufficienza dello smaltimento (sentenza n. 281 del 2000). Invece il criterio della pericolosità è stato ritenuto prevalente rispetto a quello del luogo di produzione in riferimento ai rifiuti che si definiscono appunto "pericolosi", giacché per il loro smaltimento, date le loro caratteristiche, appare prioritaria, alla luce del principio desumibile dall’art. 5, comma 3, lettere b) e c), del decreto n. 22, l’esigenza di impianti appropriati e specializzati e di tecnologie idonee; esigenza che contrasta con una rigida predeterminazione di ambiti territoriali ottimali e con la connessa previsione di autosufficienza locale nello smaltimento>> (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).
Del resto, la costruzione della Corte costituzionale affonda le proprie radici nella stessa definizione normativa di rifiuti speciali (art. 7 del d.lgs. 22 del 1997; oggi art. 184 del d.lgs. 152 del 2006) che opera un riferimento <<ad una variegata tipologia comprensiva, prescindendo dalle caratteristiche di eventuale pericolosità, di ben dieci (oggi dodici) categorie di rifiuti di diversa origine. La loro produzione è generalmente connessa ad attività lavorative: di tipo agricolo, edilizio, industriale, artigianale, commerciale, sanitario e così via, sicché la loro localizzazione normalmente non è distribuita in modo omogeneo sul territorio e comunque non è facilmente predeterminabile, così come non è facilmente prevedibile la dimensione quantitativa e qualitativa del materiale da smaltire. Va inoltre considerata, in relazione a questa tipologia di rifiuti che presentano caratteristiche così diverse tra di loro, la necessità che siano utilizzati impianti di smaltimento appropriati o addirittura, per qualcuna delle categorie indicate, come ad esempio i rifiuti sanitari o i veicoli a motore, impianti "specializzati", secondo quanto appunto prevede l’art. 5, comma 3, lettera b), del decreto n. 22 del 1997, che, sul punto, oltre tutto, conferma l’impianto del previgente d.P.R. n. 915 del 1982. Risulta dunque evidente la ragione per cui anche per i rifiuti "speciali", al pari di quelli pericolosi, il legislatore statale non predetermina un ambito territoriale ottimale, che valga a garantire l’obiettivo specifico dell’autosufficienza nello smaltimento, fissato in modo espresso dall’art. 5, comma 3, lettera a), del decreto n. 22 per i soli rifiuti urbani non pericolosi>> (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).
Dalla ricostruzione sistematica sopra richiamata, la Corte costituzionale desume l’incostituzionalità, per violazione delle limitazioni derivanti dalla legislazione statale in materia di rifiuti (che come già rilevato, sono espressamente qualificate principi fondamentali della legislazione statale, ai sensi dell’art. 117 della Costituzione, nonché norme di riforma economico-sociale" nei confronti delle regioni a statuto speciale; art. 1, 2° e 3° comma d.lgs. 22 del 1997) e, comunque, della previsione dell’art. 120 della Costituzione, delle leggi regionali che vengano ad imporre il divieto di smaltimento dei rifiuti speciali di provenienza extraregionale: <<in questa ottica appare quindi incongruo il divieto di conferimento nelle discariche regionali, imposto dalle norme censurate, di rifiuti speciali provenienti da altre regioni, in quanto tale divieto non solo può pregiudicare il conseguimento della finalità di consentire lo smaltimento di tali rifiuti "in uno degli impianti appropriati più vicini" (art. 5, comma 3, lettera b del decreto n. 22 del 1997), ma introduce addirittura, in contrasto con l’art. 120 della Costituzione, un ostacolo alla libera circolazione di cose tra le regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale (cfr. sentenze n. 207 del 2001, n. 362 del 1998 e n. 264 del 1996)>> (Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335).
La rilevanza economica dell’attività di smaltimento dei rifiuti (che, anche ai sensi del diritto comunitario, rimane comunque << un "prodotto", in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale libertà di circolazione delle merci>>; Corte cost. 19 ottobre 2001 n. 335) permette poi di ravvisare la violazione aggiuntiva anche della previsione dell’art. 41 della Costituzione, relativo alla libertà dell’iniziativa economica che sarebbe ingiustificatamente compressa, sia con riferimento alla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che sarebbero penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, sarebbero soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).
In una successiva decisione (Corte cost. 4 dicembre 2002 n. 505), la Corte costituzionale ha poi chiarito come la propria giurisprudenza in materia di incostituzionalità delle leggi regionali prevedenti divieti di smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi di provenienza extraregionale, trovi applicazione, non solo con riferimento ai divieti assoluti di smaltimento, ma anche alle più diverse formulazioni che vengano ad introdurre dei "divieti relativi" (limiti quantitativi allo smaltimento; limitazioni territoriali; ecc.) caratterizzati da una natura sistematica sostanzialmente non dissimile: <<l’impugnata legge regionale pone allo smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non assoluto, ma relativo, commisurato cioè ad una percentuale della capacità ricettiva delle discariche, peraltro diversamente calcolata secondo che si tratti di discariche nuove o già esistenti. Ma questa particolarità non giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto assoluto>> (Corte cost. 4 dicembre 2002 n. 505).
4. Nel caso di specie, la previsione dell’art. 3, 1° comma della l.r. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29 che limita lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui gli impianti di smaltimento <<siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali>> viene ad integrare un "divieto relativo" (Corte cost. 4 dicembre 2002 n. 505) che, sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost. 14 luglio 2000 n. 281; 19 ottobre 2001 n. 335; 4 dicembre 2002 n. 505; 21 aprile 2005 n. 161; 26 gennaio 2007 n. 12), viene a contrastare con le previsioni:
1) dell’art. 117, 3° comma della Costituzione, in quanto non rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione statale ed in particolare, dal d.lgs. d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi trasfuso nel d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, recante norme in materia ambientale);
2) dell’art. 120 della Costituzione, in quanto viene ad integrare una ingiustificata limitazione della libertà di circolazione delle cose tra le Regioni;
3) dell’art. 41 della Costituzione, in quanto viene ad incidere ingiustificatamente, sia sulla posizione dei gestori degli impianti di smaltimento (che vengono ad essere penalizzati dalla creazione ingiustificata di ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni), sia dei produttori di rifiuti (che, in un settore in cui non è possibile o è assai difficile la programmazione della quantità di rifiuti da smaltire, sono soggetti ad un sistema di vincoli nella circolazione dei rifiuti non sorretto da una corretta pianificazione e, quindi, fortemente soggetto ad inefficienze).
5. In conclusione, il Collegio ravvisa la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, 1° comma della l.r. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29 per violazione delle previsioni degli artt. 117, 3° comma, 120 e 41 della Costituzione.
Va pertanto disposta – ai sensi degli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 – la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, oltre agli ulteriori adempimenti di legge meglio indicati in dispositivo.
Nelle more della decisione del giudizio di costituzionalità, devono essere prolungati gli effetti dell’ordinanza cautelare della Sezione 21.11.2007 n. 1137, fino alla decisione che sarà assunta dalla Corte costituzionale sulla presente ordinanza di rimessione.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia Lecce, I Sezione, visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 1 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale di cui alla deliberazione della stessa Corte costituzionale in data 16 marzo 1956:
– dichiara rilevante e non manifestamente infondata – per violazione delle norme costituzionali indicate al capo 5 della presente ordinanza – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, 1° comma della l.r. Puglia 31 ottobre 2007 n. 29, come da motivazione;
– sospende il presente giudizio;
– prolunga gli effetti dell’ordinanza cautelare della Sezione 21.11.2007 n. 1137, fino alla decisione che sarà assunta dalla Corte costituzionale sulla presente ordinanza di rimessione;
– ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con la prova delle avvenute notificazioni e comunicazioni di cui al punto che segue;
– dispone che a cura della Segreteria del Tribunale la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Giunta Regionale Pugliese e comunicata al Presidente del Consiglio Regionale Pugliese.
Così deciso in Lecce, presso la sede del Tribunale amministrativo regionale, nella Camera di consiglio del 23 gennaio 2008.
************ – Presidente
Luigi Viola – Consigliere Estensore
Pubblicata mediante deposito in Segreteria il 21 febbraio 2008
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento