È legittima la sospensione dall’esercizio dell’attività forense per l’avvocato che, dopo aver assistito nella separazione personale ambedue i coniugi, prende poi le difese del l’ex marito in una causa dove risulta coinvolta anche l’ex consorte. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, nell’ordinanza n. 4844 depositata il 25 febbraio 2025. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile
Indice
- 1. Il ricorso dell’avvocato avverso la sanzione della sospensione
- 2. L’assunzione dell’incarico contro l’ex moglie del cliente, già assistita
- 3. La violazione dei canoni deontologici
- 4. La riduzione della sanzione in secondo grado
- 5. Non sono oggetto di controllo di legittimità le condotte e l’adeguatezza delle sanzioni
- 6. Le risultanze istruttorie valutate nel merito
- 7. Il potere di determinare e applicare la sanzione
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1. Il ricorso dell’avvocato avverso la sanzione della sospensione
Un avvocato si è rivolto alla Corte Suprema dolendosi avverso la sentenza del Consiglio Nazionale Forense con la quale era stato accolto, in parte, il ricorso presentato dal medesimo contro la decisione emessa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense competente, e dove era stata comminata la sanzione della sospensione dall’attività professionale di anni uno, anziché anni uno e mesi tre, come disposto dal medesimo CDD. Il “Formulario commentato del nuovo processo civile – Aggiornato ai correttivi Cartabia e mediazione” di Lucilla Nigro offre un supporto pratico e operativo per affrontare ogni fase del contenzioso civile
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2. L’assunzione dell’incarico contro l’ex moglie del cliente, già assistita
Il procedimento disciplinare originava dall’esposto inoltrato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente da una signora, la quale si doleva che l’avvocato avesse assunto la difesa dell’ex coniuge in procedimenti giudiziari aventi come controparte la stessa esponente, nonostante l’incolpato avesse in passato prestato la propria assistenza professionale in favore di ambedue i coniugi.
3. La violazione dei canoni deontologici
All’avvocato veniva contestata la “violazione dell’art. 9 co. 1 e 68 c. 2, 3 e 4 cdf”, per avere, contravvenendo ai doveri di lealtà e probità dell’avvocato, assistito e difeso l’uomo in procedimenti giudiziari aventi sia come controparte la donna che aveva inoltrato esposto, che era stata assistita dall’iscritto nella esecuzione e nella separazione coniugale, sia soggetti non estranei a tali precedenti incarichi, utilizzando in tal modo notizie acquisite nei rapporti definiti.
4. La riduzione della sanzione in secondo grado
Il Consiglio Nazionale Forense rideterminava la sanzione inflitta nella misura di anni uno di sospensione, in considerazione della successiva rinuncia ai mandati da parte dell’avvocato, nonché della assenza di precedenti.
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5. Non sono oggetto di controllo di legittimità le condotte e l’adeguatezza delle sanzioni
Nel rigettare il ricorso, il massimo consesso ha puntualizzato che le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, ovvero per difetto del “minimo costituzionale” di motivazione, con la conseguenza che l’accertamento del fatto e l’apprezzamento della sua rilevanza ai fini della concreta individuazione della condotte costituenti illecito disciplinare e della valutazione dell’adeguatezza della sanzione irrogata non possono essere oggetto del controllo di legittimità, se non nei limiti di una valutazione di ragionevolezza (tra le tante, Cass. Sez. Unite, n. 26369/2024). Lo stesso collegio ha rilevato che la sentenza impugnata contiene le argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione, e la motivazione non è affatto mancante, apparente o obiettivamente incomprensibile, consentendo un “effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice” (Cass. Sezioni Unite n. 2767/2023).
6. Le risultanze istruttorie valutate nel merito
Il Consiglio Nazionale Forense, nella specie, ha tratto dalle risultanze istruttorie prova dell’illecito di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 68 codice deontologico (Assunzione di incarichi contro una parte già assistita), ovvero: l’assunzione di un nuovo incarico professionale contro una parte già assistita, avente oggetto non estraneo a quello espletato in precedenza (comma 2); l’utilizzazione di notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito (comma 3); l’assistenza prestata, da parte di avvocato che abbia assistito congiuntamente coniugi o conviventi in controversie di natura familiare, in favore di uno di essi in controversie successive tra i medesimi. Nella ricostruzione dei fatti così qualificati, la sentenza impugnata ha considerato che l’avvocato ricorrente aveva ricevuto la procura per l’atto di separazione tra i coniugi, doveva occuparsi della fase esecutiva di una scrittura privata, aveva partecipato alla riunione per addivenire a un divorzio a condizioni condivise, aveva assunto la difesa congiunta con un collega in una causa civile per danno, si era ingerito negli incarichi conferiti dall’uomo a un collega, aveva successivamente assunto incarichi che coinvolgevano gli interessi dei due ex coniugi che aveva assistito. La sussunzione di tali condotte nelle fattispecie deontologiche di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’art. 68 codice forense non è sindacabile per le ragioni che, a norma dell’art. 36 della L. n. 247/2012, consentono il ricorso alle Sezioni Unite della Corte di cassazione (Cass. Sez. Unite n. 13168/2021).
7. Il potere di determinare e applicare la sanzione
Il comma 6 dell’art. 68 del codice deontologico forense stabilisce, inoltre, che la violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da due a sei mesi, mentre la violazione dei doveri e divieti di cui ai commi 2, 3 e 5 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni. In ambito di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, ha rilevato il collegio di legittimità, il potere di determinare e applicare la sanzione, adeguata alla gravità e alla natura dell’offesa arrecata al prestigio dell’ordine professionale, è riservato al Consiglio nazionale forense e non è censurabile in sede di giudizio di legittimità, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso per cassazione che tenda a ottenere un sindacato sulle scelte discrezionali del Consiglio in ordine al tipo e all’entità della sanzione applicata.
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