Con la pregevole delibera che segue la sezione regionale di controllo della Corte dei Conti per l’ Emilia-Romagna ha affrontato in sede consulenziale una tematica di estrema attualità ossia quale sia l’ interpretazione da dare all’ art. 1 – comma 208 – della legge Finanziaria per il 2006 concernente il contenimento degli oneri di personale a carico degli enti. ) laddove dispone che “Le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro”.
Il Comune di Bologna, muovendo dalla considerazione che la norma succitata sia finalizzata al contenimento della spesa pubblica, riteneva che con l’espressione “oneri riflessi” il legislatore abbia inteso riferirsi sia agli oneri previdenziali ed assistenziali, sia agli oneri fiscali (IRAP), con la conseguenza che le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali dovrebbero essere erogate al singolo avvocato dipendente dell’Ente al netto dei suddetti oneri.
Tale interpretazione sarebbe suffragata sia dall’articolo 1, comma 192, della citata legge 266/2005 (“A decorrere dal 1 gennaio 2006, al fine di uniformare i criteri di costituzione dei fondi, le eventuali risorse aggiuntive ad essi destinate devono coprire tutti gli oneri accessori, ivi compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa”), sia dal parere dell’ARAN in risposta al quesito 900-27/A1.
Al riguardo, l’ Ente, sulla base dell’ articolo 27 del CCNL 14/09/2000 del comparto Regioni ed autonomie locali e con espresso riferimento ai compensi corrisposti ai professionisti legali recita testualmente: “..siamo del parere che debba essere confermato il criterio già adottato dalla nostra Agenzia relativamente agli analoghi compensi professionali…di cui alla legge 109 del 1994, e che di conseguenza gli stessi compensi devono essere computati al lordo degli oneri riflessi a carico dell’Ente. In altri termini, e per maggiore chiarezza, riteniamo che la somma complessiva che l’Ente ritiene di dover destinare ai professionisti legali.. (dipendenti)…debba essere determinata ricomprendendo anche l’importo degli oneri riflessi…(accessori)..; naturalmente al singolo professionista sarà erogato l’importo al netto degli stessi oneri”.
La Sezione, ritenuta l’ ammissibilità della richiesta di parere sia soggettivamente in quanto promanante dal Sindaco atteso che – nonostante la previsione legislativa regionale – non risulta ancora istituito il Consiglio delle Autonomie Locali – sia oggettivamente vertendosi comunque in tematica rientrante nel novero della contabilità pubblica, osserva che la questione sottoposta al suo vaglio muove da una corretta interpretazione della ratio legis sottesa all’articolo 1, comma 208, della legge finanziaria per il 2006, sicuramente ispirata al contenimento degli oneri di personale a carico degli Enti.
Pertanto, in tale ottica, il legislatore ha statuito, con disposizione non modificata dalla legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), che la corresponsione dei compensi professionali (cd. onorari) che, come è noto, non presentano i requisiti di stabilità, predeterminazione, fissità e continuità propri, invece, dello stipendio tabellare, vada effettuata al netto degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.
Pur essendo indubbio che con tale formulazione la norma abbia inteso riferirsi agli oneri previdenziali ed assistenziali ( cfr. Comm. Trib. Centr., sez. XXVII, 3 novembre 1990 n. 7134; Corte Conti, reg. Toscana, sez. giurisd. 19 aprile 2001 n. 440), con ciò derogando al generale principio fissato dall’articolo 2115 del Codice Civile, alle stesse conclusioni, a dire del richiedente, si sarebbe dovuto pervenire con riferimento alla inclusione negli oneri riflessi dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP). Peraltro, tale possibile opzione interpretativa viene disattesa dalla Sezione del controllo emiliana per molteplici ragioni.
Innanzitutto, risulta determinante l’ applicazione del duplice criterio interpretativo testuale nonchè sistematico alla disposizione succitata. In quanto al primo: nel testo della medesima legge finanziaria per il 2006 il legislatore ha espressamente indicato l’IRAP all’articolo 1, commi 181, (….comprensive degli oneri contributivi e dell’IRAP..), 185 (… comprensive degli oneri contributivi e dell’IRAP..), 198 (…al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP…), mentre nel comma 208, che qui interessa, fa riferimento esclusivamente agli oneri riflessi. In quanto al secondo, sotto il profilo ermeneutico sistematico del testo normativo in esame, si dovrebbe ritenere che l’IRAP sia espunta dalla nozione di oneri riflessi. Inoltre, sotto il profilo tributario, occorre rilevare che il presupposto stesso dell’imposta, indicato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e successive integrazioni, è costituito "dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi". La disposizione è strettamente collegata al successivo articolo 3, che individua i soggetti passivi dell’imposizione; la mancata esplicita inclusione tra i soggetti passivi dei lavoratori dipendenti comporta, ex sé, la inapplicabilità del tributo in esame all’avvocatura interna degli Enti.
Tuttavia, come correttamente rilevato dal Relatore, compito dell’interprete è verificare se e come l’articolo 1, comma 208, della legge finanziaria 2006 abbia potuto ampliare, sia pure per incidens, il novero dei soggetti passivi.
A ciò osta sia la formulazione letterale del comma 208, che fa riferimento alle “somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali ..da considerare comprensive degli oneri riflessi”, sia la costante interpretazione delle norme di sistema operata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione, sezione Tributaria.
Si osserva, infatti, che sin dalla nota sentenza del 21 maggio 2001 n.156 della Corte Costituzionale, è stato chiarito che, in ipotesi di attività professionale espletata in carenza di elementi di organizzazione – come, appunto, è l’attività professionale dell’avvocato dipendente pubblico, che si avvale della struttura e dei mezzi dell’Ente – viene meno il presupposto stesso giustificativo dell’ applicazione dell’imposta sulle attività produttive: “…L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione….. Ma è evidente che nel caso di una attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto – risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive, per l’appunto rappresentato, secondo l’art. 2, dall’"esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi", con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.
Altresì, l’ ordinanza 103/2002 della Consulta ha ribadito, per quanto qui di interesse, che nessuna ingiustificata disparità di trattamento potesse ravvisarsi nella inclusione (tra i soggetti passivi dell’imposta) dei lavoratori autonomi, in quanto esercenti attività autonomamente organizzate, e non anche dei lavoratori dipendenti, "la cui attività è per definizione priva del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione".
Tali concetti sono stati, altresì, oggetto di approfondimento giurisprudenziale da parte della Suprema Corte di Cassazione, che, con recentissime sentenze ( Cass. 3673/2007; Cass. 3674/2007; Cass. 3675/2007; Cass. 3676/2007; Cass. 3677/2007; Cass. 3678/2007; ) ha ulteriormente chiarito che l’espressione “attività autonomamente organizzata” deve essere interpretata in senso oggettivo, cioè come sistema o modalità di svolgimento connesso alla combinazione di fattori produttivi, funzionali o quanto meno complementari all’attività svolta dal titolare. Ed è solo tale organizzazione ad essere giuridicamente rilevante ai fini IRAP, poiché solo essa è idonea a produrre autonomamente valore aggiunto, che non discende dal contribuente, ma rappresenta un’attività da lui distinta. In particolare, la sentenza della Cassazione 16 febbraio 2007 n. 3678 ha chiarito, proprio con riguardo ad un avvocato libero professionista, che, qualora l’attività professionale sia svolta senza la collaborazione altrui ed in assenza di beni, o si avvalga di qualche collaboratore e/o di un insieme di beni di valore non apprezzabile, il professionista non sarà soggetto passivo ai fini IRAP. Ne consegue che gli avvocati dipendenti di amministrazioni pubbliche difettano in senso assoluto di soggettività passiva ai fini IRAP.
D’altra parte, ritenere applicabile alle avvocature pubbliche il tributo di cui trattasi significherebbe introdurre, tra l’altro, un improprio e del tutto anomalo concetto di traslazione dell’imposta, comportante, in concreto, la trasformazione dell’imposta reale in esame in imposta sul reddito, lasciandone, però, immutata la modalità di calcolo della base imponibile.
Il chè equivale a dire che è la stessa natura giuridica dell’IRAP ad escludere che essa possa trovare copertura nell’ambito del finanziamento delle suddette competenze professionali legali.
A ciò aggiungasi che il riferimento al parere reso dall’ARAN per relationem, ovvero relativo agli avvocati dipendenti ma richiamando “..il criterio già adottato dalla nostra Agenzia relativamente agli analoghi compensi professionali…di cui alla legge 109 del 1994”, non appare probante, in quanto in esso si fa, comunque, riferimento alla terminologia “oneri riflessi”, che, per le argomentazioni sopra esplicate, non può comprendere anche gli oneri fiscali. Al contrario, l’articolo 1, comma 207, della legge finanziaria per il 2006, proprio richiamando l’articolo 18, comma 1, della legge n. 109 del 1994, chiarisce che la norma da ultimo citata “…si interpreta nel senso che tale quota percentuale e’ comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione ” (senza nulla specificare in merito agli oneri tributari).
In quanto al disposto di cui all’ articolo 1, comma 192, della legge 266/2005, che l’ Ente richiedente cita quale elemento ad ulteriore supporto della propria opzione omnicomprensiva, la Sezione precisa che il comma 192 va considerato nell’ ambito dei commi 189-192, tesi a dettare una organica disciplina dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa delle Amministrazioni statali e degli altri enti pubblici, funzionalizzata a realizzare “economie di bilancio” (comma 195), sulle quali sono chiamati a vigilare i collegi dei revisori di ciascuna amministrazione (comma 197).
Di converso, la collocazione della disciplina dei compensi professionali, così come prevista nel comma 208, dopo il succitato comma 207 – relativo ai compensi in materia di appalti per opere pubbliche – non sembra casuale, proprio nell’ambito di una struttura così articolata e contenutisticamente variata quale quella della legge finanziaria, ma, piuttosto, indicativa di una disciplina assimilabile tra i commi 207 e 208, e distinta dalla disciplina dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa (commi 189 – 192). Pertanto:”In altri termini, pur se deve riconoscersi una comune volontà di contenimento della spesa pubblica, non appare congruo argomentare, come suggerisce l’Ente richiedente, che il legislatore, nello scrivere “….devono coprire tutti gli oneri accessori, ivi compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa” (comma 192) abbia voluto riferirsi alla specifica copertura finanziaria dell’IRAP nell’ambito del finanziamento dei compensi professionali dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche (comma 208)”.
In base alle suesposte argomentazioni, la delibera ritiene quindi che anche alla luce di un generale criterio di razionalità e coerenza dell’ordinamento giuridico che l’interprete deve ricercare, può conclusivamente sostenersi che con l’espressione “oneri riflessi”, di cui all’articolo 1, comma 208 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, il legislatore abbia inteso indicare gli oneri previdenziali ed assistenziali e non anche agli oneri fiscali, quale l’IRAP.
Delibera n.34/2007/par n. 4 – Parere sulla corretta interpretazione dell’art. 1, comma 208, della legge finanziaria per il 2006 (contenimento degli oneri di personale a carico degli Enti)
Deliberazione n. 34/2007/parere 4
REPUBBLICA ITALIANA
la
Corte dei conti
in
Sezione regionale del controllo
per l’Emilia – Romagna
composta dai Magistrati
dr. Mario Donno
|
Presidente
|
dr. Carlo Coscioni
|
Consigliere
|
dr.ssa Rosa Fruguglietti Lomastro
|
Consigliere
|
dr.ssa Maria Teresa D’Urso
|
Referendario relatore
|
Assiste con funzioni di segretario verbalizzante il funzionario dr Alessandro Lucente
*****
visto l’art. 100, comma 2, della Costituzione;
visto il T.U. delle leggi sull’ordinamento della Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e le successive modificazioni ed integrazioni;
vista la legge 14 gennaio 1994 n. 20, il decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito nella legge 20 dicembre 1996, n. 639 e l’art. 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340;
visto il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modifiche;
vista la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;
vista la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3;
vista la Convenzione sulle attività di collaborazione in merito all’esercizio della funzione di controllo collaborativo di cui alla legge 131 del 2003 stipulata tra la regione Emilia Romagna, la Sezione Regionale di controllo della Corte dei conti e la Conferenza Regioni – Autonomie Locali dell’Emilia Romagna in data 27 marzo 2007;
vista la richiesta di parere avanzata dal Sindaco del Comune di Bologna;
visto il parere espresso dall’Ufficio di Coordinamento della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti;
vista l’ordinanza presidenziale n. 16 del 12 giugno 2007, con la quale la questione è stata deferita all’esame collegiale della Sezione;
udito nella Camera di consiglio il relatore, referendario Maria Teresa D’Urso;
ritenuto in
FATTO
Il Sindaco del Comune di Bologna ha inoltrato a questa Sezione, ai sensi dell’articolo 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131, richiesta di parere riguardante l’interpretazione dell’articolo 1, comma 208, legge 23 dicembre 2005 n. 266 (legge finanziaria 2006) laddove dispone che “Le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali comunque dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche sulla base di specifiche disposizioni contrattuali sono da considerare comprensive degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro”.
L’Ente richiedente, partendo dalla considerazione che la norma da ultimo citata sia finalizzata al contenimento della spesa pubblica, ritiene che con l’espressione “oneri riflessi” il legislatore abbia inteso riferirsi sia agli oneri previdenziali ed assistenziali, sia agli oneri fiscali (IRAP), con la conseguenza che le somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali dovrebbero essere erogate al singolo avvocato dipendente dell’Ente al netto dei suddetti oneri.
Tale interpretazione sarebbe suffragata sia dall’articolo 1, comma 192, della citata legge 266/2005 (“A decorrere dal 1 gennaio 2006, al fine di uniformare i criteri di costituzione dei fondi, le eventuali risorse aggiuntive ad essi destinate devono coprire tutti gli oneri accessori, ivi compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa”), sia dal parere dell’ARAN in risposta al quesito 900-27/A1.
Questo parere (così riportato nella richiesta formulata dal Sindaco di Bologna) – richiamando l’articolo 27 del CCNL 14/09/2000 del comparto Regioni e autonomie locali – con riferimento ai compensi ai professionisti legali recita testualmente: “..siamo del parere che debba essere confermato il criterio già adottato dalla nostra Agenzia relativamente agli analoghi compensi professionali…di cui alla legge 109 del 1994, e che di conseguenza gli stessi compensi devono essere computati al lordo degli oneri riflessi a carico dell’Ente. In altri termini, e per maggiore chiarezza, riteniamo che la somma complessiva che l’Ente ritiene di dover destinare ai professionisti legali.. (dipendenti)…debba essere determinata ricomprendendo anche l’importo degli oneri riflessi…(accessori)..; naturalmente al singolo professionista sarà erogato l’importo al netto degli stessi oneri”.
ritenuto in
DIRITTO
L’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 attribuisce alle Regioni e, tramite il Consiglio delle Autonomie locali, se istituito, anche ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.
La Sezione delle Autonomie, con documento approvato nell’adunanza del 27 aprile 2004, ha fissato principi e modalità di esercizio dell’attività consultiva, al fine di garantire l’uniformità di indirizzo in materia ed evitare il rischio di una disorganica proliferazione di richieste di pareri e, soprattutto, di soluzioni contrastanti con successive pronunce specifiche delle Sezioni giurisdizionali o di controllo o con indirizzi di coordinamento.
A tal proposito è prevalso l’orientamento di limitare l’ammissibilità delle richieste, sul piano soggettivo, agli organi rappresentativi degli Enti ( Presidente della Giunta regionale, Presidente della Provincia, Sindaco, o, nel caso di atti di normazione, i rispettivi Consigli regionali, provinciali, comunali), mentre si è ritenuto che l’inesistenza del Consiglio delle Autonomie Locali non costituisca elemento ostativo all’ammissibilità della richiesta, visto che l’art. 7, comma 8, della legge n. 131/2003 usa la locuzione “di norma”, non precludendo, quindi, in linea di principio, la richiesta diretta da parte degli enti.
Nell’ipotesi in esame, non risultando ancora costituito il Consiglio delle Autonomie, pur essendo, lo stesso, stato previsto dall’articolo 23 dello Statuto della Regione Emilia Romagna, la suindicata richiesta di parere, in quanto formulata dal Sindaco del Comune di Bologna, deve ritenersi soggettivamente ammissibile.
Con riguardo al piano oggettivo, gli indirizzi e criteri generali per l’esercizio dell’attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti nella già richiamata adunanza del 27 aprile 2004 hanno ritenuto ammissibili le richieste di pareri relative ad atti generali, atti o schemi di atti di normazione primaria o secondaria ovvero inerenti all’interpretazione di norme vigenti, o soluzioni tecniche rivolte ad assicurare la necessaria armonizzazione nella compilazione dei bilanci e dei rendiconti, ovvero riguardanti la preventiva valutazione di formulari e scritture contabili che gli enti intendano adottare.
La Sezione delle Autonomie, con deliberazione n. 5/2006 del 26 maggio 2005, ha inteso ulteriormente precisare i limiti oggettivi della funzione consultiva, chiarendo che essa deve ritenersi circoscritta “alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziaria-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli.
Se è vero, infatti, che ad ogni provvedimento amministrativo può seguire una fase contabile, attinente all’amministrazione di entrate e spese ed alle connesse scritture di bilancio, è anche vero che la disciplina contabile si riferisce solo a tale fase ‘discendente’ distinta da quella sostanziale, antecedente, del procedimento amministrativo, non disciplinata da normative di carattere contabilistico”.
Alla luce delle suesposte considerazioni, la richiesta di parere in esame risulta, pertanto, essere ammissibile anche sotto il profilo oggettivo.
Venendo all’esame del merito, si osserva che la questione sottoposta a questa Sezione muove da una corretta interpretazione della ratio legis sottesa all’articolo 1, comma 208, della legge finanziaria per il 2006, sicuramente ispirata al contenimento degli oneri di personale a carico degli Enti.
In tale ottica, il legislatore ha statuito, con disposizione non modificata dalla legge 296/2006 (legge finanziaria per il 2007), che la corresponsione dei compensi professionali (cd. onorari) che, come è noto, non presentano i requisiti di fissità e continuità tipici, invece, della retribuzione tabellare, debba essere effettuata al netto degli oneri riflessi a carico del datore di lavoro.
Se non può dubitarsi che con tale formulazione normativa la norma abbia inteso riferirsi agli oneri previdenziali ed assistenziali ( cfr. Comm. Trib. Centr., sez. XXVII, 3 novembre 1990 n. 7134; Corte Conti, reg. Toscana, sez. giurisd. 19 aprile 2001 n. 440), con ciò derogando al generale principio fissato dall’articolo 2115 del Codice Civile, resta da chiarire la legittimità di includere nel concetto di oneri riflessi l’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP).
Tale soluzione interpretativa non appare sostenibile.
Deve, in primo luogo, farsi riferimento all’argomento testuale.
In tal senso, si evidenzia, prima facie, che nel testo della medesima legge finanziaria per il 2006 il legislatore ha espressamente indicato l’IRAP all’articolo 1, commi 181, (….comprensive degli oneri contributivi e dell’IRAP..), 185 (… comprensive degli oneri contributivi e dell’IRAP..), 198 (…al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell’IRAP…), mentre nel comma 208, che qui interessa, fa riferimento esclusivamente agli oneri riflessi.
Ma v’è di più.
Il presupposto stesso dell’imposta, indicato dall’art. 2 del D.Lgs. n. 446 del 1997 e successive integrazioni, è, infatti, costituito "dall’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi".
La disposizione è strettamente collegata al successivo articolo 3, che individua i soggetti passivi dell’imposizione; la mancata esplicita inclusione tra i soggetti passivi dei lavoratori dipendenti comporta, ex sé, la inapplicabilità del tributo in esame all’avvocatura interna degli Enti.
Tuttavia, compito dell’interprete è verificare se e come l’articolo 1, comma 208, della legge finanziaria 2006 abbia potuto ampliare, sia pure per incidens, il novero dei soggetti passivi.
A tale estrema opzione interpretativa osta sia la formulazione letterale del comma 208, che fa riferimento alle “somme finalizzate alla corresponsione di compensi professionali ..da considerare comprensive degli oneri riflessi”, sia la costante interpretazione delle norme di sistema operata dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Cassazione, sezione Tributaria.
Infatti, sin dalla nota sentenza del 21 maggio 2001 n.156 della Corte Costituzionale, è stato chiarito che, nel caso di un’attività professionale svolta in assenza di elementi di organizzazione – come, appunto, è l’attività professionale dell’avvocato dipendente pubblico, che si avvale della struttura e dei mezzi dell’Ente – risulta mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive: “…L’imposta colpisce perciò, con carattere di realità, un fatto economico, diverso dal reddito, comunque espressivo di capacità di contribuzione in capo a chi, in quanto organizzatore dell’attività, è autore delle scelte dalle quali deriva la ripartizione della ricchezza prodotta tra i diversi soggetti che, in varia misura, concorrono alla sua creazione….. Ma è evidente che nel caso di una attività professionale che fosse svolta in assenza di elementi di organizzazione – il cui accertamento, in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto – risulterà mancante il presupposto stesso dell’imposta sulle attività produttive, per l’appunto rappresentato, secondo l’art. 2, dall’"esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi", con la conseguente inapplicabilità dell’imposta stessa”.
Inoltre, l’ ordinanza 103/2002 della medesima Corte ha ribadito, per quanto qui di interesse, che nessuna ingiustificata disparità di trattamento potesse ravvisarsi nella inclusione (tra i soggetti passivi dell’imposta) dei lavoratori autonomi, in quanto esercenti attività autonomamente organizzate, e non anche dei lavoratori dipendenti, "la cui attività è per definizione priva del connotato rappresentato dall’autonoma organizzazione".
Tali concetti sono stati, altresì, oggetto di approfondimento giurisprudenziale da parte della Suprema Corte di Cassazione, che, con recentissime sentenze ( Cass. 3673/2007; Cass. 3674/2007; Cass. 3675/2007; Cass. 3676/2007; Cass. 3677/2007; Cass. 3678/2007; ) ha ulteriormente chiarito che l’espressione “attività autonomamente organizzata” deve essere interpretata in senso oggettivo, cioè come sistema o modalità di svolgimento connesso alla combinazione di fattori produttivi, funzionali o quanto meno complementari all’attività svolta dal titolare. Ed è solo tale organizzazione ad essere giuridicamente rilevante ai fini IRAP, poiché solo essa è idonea a produrre autonomamente valore aggiunto, che non discende dal contribuente, ma rappresenta un’attività da lui distinta.
In particolare, la sentenza della Cassazione 16 febbraio 2007 n. 3678 ha chiarito, proprio con riguardo ad un avvocato libero professionista, che, qualora l’attività professionale sia svolta senza la collaborazione altrui ed in assenza di beni, o si avvalga di qualche collaboratore e/o di un insieme di beni di valore non apprezzabile, il professionista non sarà soggetto passivo ai fini IRAP.
Se così è, deve, a maggior ragione, ritenersi che gli avvocati dipendenti di amministrazioni pubbliche difettino in senso assoluto di soggettività passiva ai fini IRAP.
D’altra parte, ritenere applicabile alle avvocature pubbliche il tributo di cui trattasi significherebbe introdurre, tra l’altro, un improprio e del tutto anomalo concetto di traslazione dell’imposta, comportante, in concreto, la trasformazione dell’imposta reale in esame in imposta sul reddito, lasciandone, però, immutata la modalità di calcolo della base imponibile.
Da quanto sopra argomentato discende che è la stessa natura giuridica dell’IRAP ad escludere che essa possa trovare copertura nell’ambito del finanziamento delle suddette competenze professionali legali.
Deve, altresì, aggiungersi che il riferimento al parere reso dall’ARAN per relationem, ovvero relativo agli avvocati dipendenti ma richiamando “..il criterio già adottato dalla nostra Agenzia relativamente agli analoghi compensi professionali…di cui alla legge 109 del 1994”, non appare probante, in quanto in esso si fa, comunque, riferimento alla terminologia “oneri riflessi”, che, per le argomentazioni sopra esplicate, non può comprendere anche gli oneri fiscali.
Al contrario, l’articolo 1, comma 207, della legge finanziaria per il 2006, proprio richiamando l’articolo 18, comma 1, della legge n. 109 del 1994, chiarisce che la norma da ultimo citata “…si interpreta nel senso che tale quota percentuale e’ comprensiva anche degli oneri previdenziali e assistenziali a carico dell’amministrazione ” (senza nulla specificare in merito agli oneri tributari).
Resta, infine, da esaminare la disposizione dell’articolo 1, comma 192, della legge 266/2005, che l’Amministrazione richiede cita quale ulteriore elemento a sostegno della opzione, per così dire, omnicomprensiva.
A tal proposito, deve precisarsi che il comma 192 trova allocazione nel contesto sistematico dei commi 189-192, tesi a dettare una organica disciplina dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa delle Amministrazioni statali e degli altri enti pubblici, funzionalizzata a realizzare “economie di bilancio” (comma 195), sulle quali sono chiamati a vigilare i collegi dei revisori di ciascuna amministrazione (comma 197).
Al contrario, la collocazione della disciplina dei compensi professionali, così come prevista nel comma 208, dopo il succitato comma 207 – relativo ai compensi in materia di appalti per opere pubbliche – non appare casuale, proprio nell’ambito di una struttura così articolata e contenutisticamente variata quale quella della legge finanziaria, ma, piuttosto, indicativa di una disciplina assimilabile tra i commi 207 e 208, e distinta dalla disciplina dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa (commi 189 – 192).
In altri termini, pur se deve riconoscersi una comune volontà di contenimento della spesa pubblica, non appare congruo argomentare, come suggerisce l’Ente richiedente, che il legislatore, nello scrivere “….devono coprire tutti gli oneri accessori, ivi compresi quelli a carico delle amministrazioni, anche se di pertinenza di altri capitoli di spesa” (comma 192) abbia voluto riferirsi alla specifica copertura finanziaria dell’IRAP nell’ambito del finanziamento dei compensi professionali dovuti al personale dell’avvocatura interna delle amministrazioni pubbliche (comma 208).
In base alle esposte argomentazioni, anche alla luce di un generale criterio di razionalità e coerenza dell’ordinamento giuridico che l’interprete deve ricercare, può conclusivamente ritenersi che con l’espressione “oneri riflessi”, di cui all’articolo 1, comma 208 della legge 23 dicembre 2005 n. 266, il legislatore abbia inteso indicare gli oneri previdenziali ed assistenziali e non anche agli oneri fiscali, quale l’IRAP.
Nelle sopra esposte considerazioni è il parere della Sezione sulla richiesta avanzata.
Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, a cura della Segreteria, al Sindaco del Comune di Bologna ed alla conferenza Regioni – Autonomie Locali dell’ Emilia Romagna.Così deliberato in Bologna nell’adunanza del 27 giugno 2007.
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IL PRESIDENTE
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(f.to Mario Donno)
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IL RELATORE
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(f.to Maria Teresa D’Urso)
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Depositata in segreteria il 27 giugno 2007
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