I rapporti tra azione revocatoria e fallimento
Con l’ordinanza interlocutoria n. 1894 dello scorso 25 gennaio, la prima sezione della Corte di Cassazione ha rimesso al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione di massima e particolare importanza, nonché oggetto di contrasto giurisprudenziale, relativa alla possibilità di esperire l’azione revocatoria nei confronti del soggetto che sia stato già dichiarato fallito. Nel caso di specie, uno dei motivi di ricorso per Cassazione, riguardava appunto l’eccezione di improcedibilità dell’azione revocatoria, in quanto espletata nei confronti di una procedura concorsuale.
Il giudice del gravame evidenziava come l’azione revocatoria sia un’azione esecutiva individuale e, dunque, soggetta al divieto di cui all’art. 51 L. F.; inoltre, la relativa pronuncia ha natura dichiarativa e l’azione non può essere esercitata in forza dell’assoggettamento dell patrimonio societario alla procedura concorsuale.
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Gli orientamenti in giurisprudenza
In seno alla giurisprudenza di legittimità, sono due gli orientamenti prevalenti che si contendono. Il primo ritiene che, con l’apertura della procedura fallimentare, la situazione patrimoniale del soggetto si cristallizzi, non potendosi dunque esercitare alcuna azione tesa a recuperare dei beni in favore dei creditori. Altro orientamento ritiene invece che, qualora l’azione revocatoria sia stata intrapresa prima dell’apertura della procedura, la stessa può essere proseguita, considerando che i suoi effetti retroagiscono al momento della domanda. Nell’ordinanza in commento, oltre ad evidenziarsi il contrasto giurisprudenziale, si rileva altresì la massima importanza della questione rimessa al Primo Presidente, in considerazione dei frequenti casi di trasferimenti patrimoniali tra società dello stesso gruppo, al fine di favorire la massa creditoria dell’una piuttosto che dell’altra.
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