La sentenza in esame impone la disamina dell’azione revocatoria in relazione al mancato esperimento del procedimento di mediazione civile e commerciale c.d. obbligatoria.
L’actio revocatoria o actio pauliana è disciplinata dall’articolo 2901 del codice civile ed è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale del debitore, insieme all’azione surrogatoria e il sequestro conservativo. Essa è volta a garantire al creditore che il debitore non depauperi il proprio patrimonio, conseguentemente al sorgere del debito, facendo perdere al primo la garanzia patrimoniale e rendendo difficoltosa l’esecuzione coattiva.
La struttura dell’art. 2092 c.c.
L’effetto di tale azione, pertanto, si esplica nel dichiarare inefficaci (e non nulli) gli atti di disposizione del patrimonio posti in essere dal debitore al solo fine di arrecare danno al creditore (consilium fraudis). L’inefficacia è da considerarsi relativa e non assoluta in quanto avrà effetto solo nei confronti del creditore, mentre, nei confronti di terzi gli atti di disposizione del patrimonio saranno efficaci e validi.
Prima di procedere all’analisi della sentenza della Corte d’appello occorre, però, ricordare che cosa si intenda per materie obbligatorie di mediazione civile commerciali e quali siano.
Il caso in cui intervenga la mediazione
La mediazione civile e commerciale, disciplinata dal decreto legislativo 28 del 4 marzo 2010 all’articolo 5 comma 1 elenca le materie ove vi è l’obbligo di espletamento del procedimento de quo, queste sono: condominio, diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di
pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari. Nei casi di mediazione obbligatoria questa deve essere esperita prima dell’azione giudiziaria pena l’improcedibilità della domanda.
La materia oggetto di causa verteva su una alienazione immobiliare connotata da spirito di liberalità (donazione) da parte del debitore-appellante a favore del figlio e a danno del creditore-appellato. L’appellate rilevava come non fosse stato esperito il tentativo di mediazione obbligatoria poiché la materia del contendere rientrava tra quelle elencate all’articolo 5 del succitato decreto legislativo ossia tra i diritti reali.
La Corte d’Appello di Milano rilevava come tale censura fosse da ritenersi infondata in quanto la ratio dell’azione revocatoria fosse solamente quella di ripristinare la garanzia generica ex articolo 2740 del codice civile. Tale norma, rubricata “responsabilità patrimoniale” prevede, infatti, come il debitore debba rispondere dell’adempimento delle
obbligazioni con tutti i propri beni presenti e futuri.
In conclusione, alla luce delle motivazioni espresse dalla Corte D’Appello e dall’analisi effettuata si può sostenere come, il caso di specie non rientri tra le materie obbligatorie di mediazione civile e commerciale in quanto l’oggetto di causa non può essere ricondotto semplicemente ai diritti reali, ma è da riferirsi alle garanzie generiche di cui sopra.
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