Indice
- La durata delle pene accessorie nella bancarotta semplice
- L’indirizzo delle SS.UU.
- La Sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2018
- L’ermeneutica post Consulta
1. La durata delle pene accessorie nella bancarotta semplice
Il collegio della V Sezione Penale ha spiegato che, come prospettato dal ricorrente nel caso esaminato, vero è che la giurisprudenza della stessa Corte ha affermato che le pene accessorie previste per il reato di bancarotta semplice devono essere commisurate alla durata della pena principale, in quanto, essendo determinate solo nel massimo, sono soggette alla regola di cui all’art. 37 c.p. (Sez. V, n. 15638/2015), tuttavia esso oggi deve essere riponderato proprio alla luce di quanto chiarito nella sentenza n. 222/2018 della Corte Costituzionale e dalla successiva giurisprudenza successiva e, in particolare, in forza di quanto affermato dalle Sezioni Unite proprio successivamente alla decisione del Giudice delle leggi (SS.UU., n. 28910/2019).
2. L’indirizzo delle SS.UU.
Nel dettaglio, le Sezioni Unite hanno posto il principio secondo cui le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p., laddove la regola dell’equiparazione meccanica della durata della pena accessoria a quella della pena principale in concreto inflitta assume piuttosto una funzione residuale, cui fare ricorso nei casi in cui la legge in astratto sia priva di qualsiasi indicazione sul profilo temporale che circoscriva e guidi l’esercizio del potere dosimetrico del giudice. Da ciò deriva che anche le sanzioni accessorie di cui all’art. 217, c. 3, l.f., alla stessa stregua di quelle previste dall’art. 216, ultimo c., stessa legge, nel testo vigente a seguito della sentenza n. 222/2018 della Consulta, come interpretato dalla giurisprudenza della medesima Corte di Cassazione, non devono essere parametrate alla durata della pena principale. Pertanto, nel caso sottoposto all’esame, in cui erano state irrogate per la durata di un anno, ossia entro il limite massimo previsto dall’art. 217, c. 3, l.f. (“fino a due anni”), non ricorre una pena illegale e, non ricorrendo una pena illegale rilevabile d’ufficio, la censura sollevata dal ricorrente è stata giudicata inammissibile.
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3. La Sentenza della Corte Costituzionale n. 222/2018
Aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 216, ultimo c., della l.f. (r.d. 16 marzo 1942, n. 267, recante “Disciplina del fallimento, del concordato preventivo e della liquidazione coatta amministrativa”), nella parte in cui disponeva “la condanna per uno dei fatti previsti dal presente art. importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”, anziché “la condanna per uno dei fatti previsti dal presente art. importa l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a dieci anni”, oltre a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 223, ultimo c., della l.f., sollevata dalla Corte di cassazione, I sezione penale, in riferimento agli artt. 3, 4, 41, 27 e 117, I c., della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 8 della CEDU.
4. L’ermeneutica post Consulta
La V Sezione penale della Corte di Cassazione (Sentenza n. 29333 del 22 luglio 2022) ha per l’effetto chiarito, in tema di bancarotta semplice, che la durata delle pene accessorie previste dall’art. 217, c. 3, legge fall., alla stregua di quelle di cui all’art. 216 l. f., nel testo vigente a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 222 del 2018, non deve essere parametrata a quella della pena principale ex art. 37 c.p., bensì è determinata in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all’art. 133 c.p.
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