Bed & Breakfast: la tranquillità e la sicurezza dei condomini.

Al fine di valutare il pericolo alla tranquillità e alla sicurezza dei condòmini rinveniente dall’attività di B&B svolta all’interno dell’edificio condominiale, vengono in rilievo sia le dimensioni dell’appartamento a ciò destinato che le modalità operative con cui viene espletata l’anzidetta attività commerciale, oltre al complessivo stato dei luoghi.

Pertanto, qualora ci si trovi al cospetto di una minima struttura commerciale peraltro di limitata superficie, circostanza che ben si può desumere dal materiale estrapolato dal sito in cui viene pubblicizzato l’immobile, risulta escluso il pericolo della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni.

A stabilirlo è il Tribunale di Milano, XIII sezione civile, in una ordinanza datata 10 febbraio 2016, resa a seguito del provvedimento di rigetto avverso la domanda cautelare azionata con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c.

L’ordinanza in commento si rileva interessante anche per altri aspetti, in particolare, per il dubbio sollevato dalla Corte meneghina in merito alla legittimazione ad agire in siffatti casi che, probabilmente, meritava una risposta compiuta, stante l’importanza delle questioni sollevate, anche in considerazione del fatto che l’attività di B&B ovvero di affittacamere, risulta sempre più frequente negli stabili in condominio e, spesso, risulta portatrice di insanabili questioni e controversie giudiziali tra condòmini.

Ma andiamo con ordine ed esaminiamo la vicenda giudiziaria sottesa all’anzidetta pronuncia.

Il Condominio, in persona dell’amministratore p.t., con ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., chiedeva al tribunale che venisse inibito alla condomina proprietaria, nonché al conduttore del monolocale di 35 metri quadrati ubicato al quinto piano dello stabile condominiale, l’attività di bed & breakfast esercitata all’interno dello stesso.

Evidenziava il Condominio come detto utilizzo fosse contrario al regolamento di condominio e che, comunque, la presenza di detta attività era tale da incidere pesantemente sulla tranquillità e la sicurezza dei condòmini, in considerazione del continuo andirivieni – nelle ore del giorno e della notte – di clienti estranei alla compagine condominiale.

Resisteva in giudizio il conduttore dell’appartamento adibito a B&B, eccependo preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, in considerazione del fatto che l’effettivo gestore dell’attività di affittacamere – incaricato dalla proprietaria dell’immobile – fosse una società esercente attività turistica, chiedeva comunque il rigetto nel merito del ricorso, siccome infondato in fatto e diritto.

Il giudice del cautelare, dopo aver rigettato l’eccezione preliminare respingeva nel merito la domanda d’urgenza, ritenendo che nel caso di specie non fosse ravvisabile ovvero provato alcun periculum in mora.

Avverso l’anzidetto provvedimento di rigetto proponeva reclamo, ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., al Tribunale di Milano, in composizione collegiale, il Condominio, con la permanente opposizione del conduttore l’immobile adibito a B&B che reiterava l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, immediatamente rigettata sulla scorta della presenza agli atti di causa del contratto di locazione ad uso abitativo allo stesso intestato, da ritenersi soggetto in concreto effettivo detentore del bene.

Tuttavia, anche il reclamo del Condominio veniva rigettato, ritendo il Collegio corretta e meritevole di conferma la decisione assunta nella fase cautelare.

Osserva il Tribunale come, sia pure ad una sommaria valutazione della vicenda – tipica della fase cautelare – l’attività concretamente espletata all’interno dell’appartamento in condominio appare esercitata in violazione di quanto stabilito dall’art. 3, lettera b), del regolamento condominiale.

Tuttavia, continua la Corte, tale circostanza non appare sufficiente da sola a ritenere meritevole di accoglimento la prospettata domanda cautelare.

Ed invero, in considerazione del fatto che condizione necessaria per l’ottenimento della tutela cautelare è la contestuale presenza dei requisiti legittimanti una siffatta azione, vale a dire il fumus boni iuris (la parvenza del diritto) ma, soprattutto, il periculum in mora (l’imminenza e l’irreparabilità del danno non altrimenti tutelabile nell’ordinario giudizio di cognizione), il tribunale ritiene che nel caso concreto difetti proprio quel pregiudizio imminente ed irreparabile da porre inevitabilmente a fondamento della tutela d’urgenza invocata.

Il Collegio, in disparte “l’annosa questione del se la lesione di diritti aventi contenuto di natura non patrimoniale – quale la tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni – richieda una pronta tutela per il fatto che il pericolo del pregiudizio irreparabile sia insito nella lesione stessa dell’interesse protetto dall’ordinamento”, reputa che nel caso di specie il Condominio “non ha fornito alcun elemento da cui desumere la effettiva e concreta messa in pericolo della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni ad opera dell’espletamento dell’attività di affittacamere e di bed and breakfast”.

Ed invero, dalla fase sommaria è emerso come “tenuto conto delle modeste dimensioni del bene all’interno del quale viene svolta la censurata attività, delle modalità operative con cui veniva e viene espletata l’attività incriminata desunte dal materiale estrapolato dal sito in cui viene pubblicizzato l’immobile, nonché infine tenuto conto del complessivo stato dei luoghi, la effettiva e concreta messa in pericolo della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni fosse radicalmente da escludere nel caso in esame”.

La sussistenza del pregiudizio imminente ed irreparabile non può desumersi dalla disposizione del regolamento condominiale che vieta di destinare “gli alloggi a uso …”, né lo stesso può ritenersi in re ipsa, essendo necessaria la prova dell’effettiva esistenza del pericolo incombente.

Pertanto, sicuramente la violazione del regolamento condominiale, ma anche “la tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni”, può essere tutelata nelle vie ordinarie, viceversa, quando detta tutela viene invocata in via cautelare d’urgenza, come nel caso concreto, la stessa non può prescindere dalla prova del pregiudizio imminente e irreparabile (periculum in mora), onere della prova spesso particolarmente difficile da assolvere, stante il rigore probatorio di cui è connotato siffatto giudizio cautelare, avente natura residuale, siccome esperibile solo in assenza di un procedimento cautelare tipizzato.

Il Tribunale di Milano, infine, adombra una perplessità in merito alla concreta sussistenza della legittimazione attiva in capo al Condomino, affermando come: “resta comunque sullo sfondo se, ferma rimanendo la legittimazione del Condominio ad invocare il rispetto delle disposizioni del regolamento ad opera dei singoli condomini ed ad agire a tale scopo anche in via d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il Condominio possa altresì agire a tutela della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni in luogo di questi ultimi a presidio di beni giuridici spettanti ai singoli compartecipi”.

Come detto, la Corte non scioglie detto nodo procedurale, ritenendo indiscussa soltanto la legittimazione del Condominio alla corretta applicazione del regolamento da parte di tutti i condòmini.

Ebbene la soluzione del dubbio, sicuramente legittimo, comporterebbe evidenti risvolti pratici, in considerazione del fatto che negando la legittimazione attiva in capo al Condominio, inteso nella sua totalità, l’azione risulterebbe utilmente esperibile solo dal singolo condomino o da un gruppo di condòmini.

Cerchiamo allora di approfondire il discorso evidenziando i principi che reggono la legittimazione attiva in ambito condominiale.

Ai sensi dell’art. 1130 c.c., nel testo attualmente in vigore, emerge come l’amministratore deve – tra l’altro – eseguire le deliberazioni dell’assemblea, curare l’osservanza del regolamento di condominio, disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune, riscuotere i contributi ed erogare le spese, compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio.

L’amministratore, pertanto, in virtù del successivo art. 1131 c.c., nei limiti delle attribuzioni sopra viste ovvero dei maggiori poteri conferitigli dal regolamento di condominio o dall’assemblea, ha la rappresentanza in giudizio (legittimazione attiva) sia contro i condomini che contro i terzi.

Lo stesso, inoltre, può essere convenuto in giudizio (legittimazione passiva) per qualunque azione concernente le parti comuni dell’edificio.

Fatta questa doverosa premessa, individuati i casi normativamente previsti nei quali il Condominio e, per esso, l’amministratore, risulta dotato della legittimazione attiva, verifichiamo se la sua legittimazione si estende anche all’ipotesi, sopra vista, di tutela della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni e se, pertanto, detta ipotesi risulta sussumibile nell’ipotesi elencate dal legislatore.

Personalmente mi sembra corretto ritenere che la risposta al quesito debba essere data in relazione all’effettivo contenuto della domanda giudiziale, pertanto, essa apparirebbe insita nella richiesta giudiziale.

In altri termini, ad avviso di chi scrive, assume rilievo l’ambito <<spaziale>> di incidenza del pregiudizio. Qualora esso venga arrecato alle aree ed ai beni comuni (art. 1117 c.c.), come nel caso di specie, laddove viene invocata la “tutela della tranquillità e sicurezza dei condomini all’interno degli spazi comuni”, la legittimazione attiva parrebbe corretto venisse riconosciuta in capo al Condominio nella sua interezza, fatto salvo il generale diritto dei singoli condòmini a partecipare personalmente al giudizio.

Tali interessi, quali appunto la “tranquillità” e la “sicurezza”, appaiono rientrare a pieno titolo nella disciplina dell’uso delle cose comuni e nella fruizione dei servizi nell’interesse comune, per cui la legittimazione attiva, ex art. 1130 c.c., risiede senz’altro in capo all’amministratore di condominio.

In tal senso depone anche una pronuncia, sia pure risalente nel tempo, applicabile per analogia alla suddetta fattispecie, nella quale è stato affermato come: “l’amministratore di condominio è legittimato a proporre ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c. per far cessare immissioni moleste solo qualora nel ricorso stesso venga prospettata la sussistenza di un pregiudizio incombente sul condominio in quanto tale, vale a dire sui beni di proprietà comune ex art. 1117 c.c.” (Tribunale di Napoli, 26/10/1993).

Viceversa, quando una siffatta attività non rechi pregiudizio a parti o servizi in comunione tra tutti i condòmini, si pensi a titolo di esempio all’attività di B&B accessibile da una portone secondario dell’edificio condominiale, non fruibile dalla totalità dei partecipanti alla comunione ma solo dai proprietari degli appartamenti insistenti sul medesimo piano, la legittimazione attiva in merito alla “tranquillità” e alla “sicurezza” dovuta al via vai di persone estranee al condominio, dovrebbe essere riconosciuta solo al condomino, o al gruppo di condòmini, del piano nel quale è ubicata tale attività ritenuta dagli stessi pregiudizievole.

Avv. Accoti Paolo

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