Il caso Berlusconi v. Italia
Lo scorso luglio, il ricorrente aveva rinunciato al ricorso.
Con sentenza depositata, la Corte di Strasburgo ha stabilito che, nel caso concreto, non ricorrono circostanze particolari relative al “rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli” ( difatti, tali circostanze avrebbero consentito, ai sensi dell’art. 37 par. 1, di proseguire nell’esame della domanda nonostante la rinuncia al ricorso) e, a maggioranza, ha deciso di cancellare il ricorso dal ruolo (“the Court, by a majority, decides to strike the application out of its list of cases”).
Il processo si è dunque chiuso senza sentenza. Al contrario, è stata accolta la richiesta presentata dall’ex premier di non proseguire il giudizio, sul ricorso presentato dai suoi legali contro la decadenza da senatore dovuta all’applicazione della legge Severino.
La Corte europea dei diritti umani (CEDU) avrebbe potuto: assolvere o condannare l’Italia, in maniera totale o parziale; dichiarare inammissibile il ricorso di Silvio Berlusconi; infine, di non volersi pronunciare sul caso.
La questione è stata interrotta a seguito di una lettera presentata a Strasburgo lo scorso 27 luglio, dopo la riabiliazione dell’ex premier stabilita dal Tribunale di Milano, in cui i legali di Silvio Berlusconi hanno dichiarato di non avere più interesse alla sentenza perché, anche una condanna dell’Italia, non avrebbe prodotto “alcun effetto positivo” per il leader di Forza Italia.
La linea difensiva assunta dai legali dell’ex premier riteneva che la legge “Severino” non poteva essere applicata nel caso in esame, dal momento che i reati per i quali era stato condannato erano stati commessi prima dell’entrata in vigore della legge.
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