Accolto il ricorso dell’utente
Si è visto quindi accogliere la sua richiesta il cittadino che era ricorso in Cassazione contro il mancato accertamento della fornitura d’acqua da parte del Comune negli anni 1988-1990. Sia il tribunale che la Corte d’Appello, come accennato, avevano respinto le motivazioni dell’uomo sostenendo che la mancata produzione delle richieste di pagamento non consentiva di valutarne la fondatezza.
In realtà, come rileva la Cassazione, il giudizio di primo e secondo grado era viziato da un errore di fondo: dai documenti richiesti e dagli atti difensivi del Comune si sarebbe potuta desumere casomai l’esistenza dei crediti e non la loro inesistenza. Ma era proprio l’inesistenza degli stessi a essere sostenuta dall’utente, e la Corte d’Appello doveva conseguentemente decidere proprio su questo punto.
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L’onere della prova è dell’amministrazione
L’onere probatorio spettava dunque, nel caso in esame e come sostenuto dal ricorrente, all’amministrazione creditrice. L’utente aveva evidenziato nella sua domanda, già in primo e in secondo grado, che il Comune non aveva proceduto alle misurazioni del consumo dell’acqua. Non solo: dai documenti esaminati emergeva che i consumi contestati erano “meramente indicativi” e che inoltre erano state riscontrate irregolarità nel funzionamento del contatore.
Inoltre, è importante rilevare che il Comune non ha contestato in nessun modo durante il processo l’ammontare della richiesta per la somministrazione dell’acqua e gli anni di riferimento; anzi, tali dati erano stati addirittura confermati ex adverso negli scritti difensivi dell’amministrazione.
Niente pagamenti sui consumi stimati
Confermato, quindi, un importante principio che regola i rapporti tra l’utente e l’amministrazione creditrice: il Comune non può pretendere che il cittadino paghi su consumi stimati e non certi. Non avendo prodotto le misurazioni richieste nel determinato arco temporale sotto esame, l’amministrazione non ha potuto di fatto rispondere a quanto rilevato dal cittadino. In due degli anni contestati, addirittura, il Comune non solo non ha proceduto alle misurazioni del consumo, ma non ha neanche indicato l’acqua che sarebbe stata consumata.
Risultato: le motivazioni del cittadino sono state accolte, la sentenza di secondo grado è stata cassata e la controversia è stata rinviata a una diversa Corte di Appello, che dovrà riesaminare il caso senza poter respingere le richieste dell’utente per la semplice mancata produzione delle richieste di pagamento.
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