La Corte di Cassazione ha ritenuto di dover continuare a dar corso al più recente orientamento, secondo il quale, in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui ove l’immobile acquistato sia adibito a tale destinazione non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non ad una comune sede anagrafica ma alla coabitazione (Sez. 5, Sentenza n. 25889 del 23/12/2015; Sez. 5, Sentenza n. 16355 del 28/06/2013; Sez. 5, Ordinanza n. 2109 dei 28/01/2009 ).
Sennonché la CTR, con valutazione censurata dalla Corte, ha ritenuto che il contribuente non aveva provato che l’immobile per il quale erano state chieste le agevolazioni fosse stato adibito a residenza familiare poiché neppure risultava quale fosse la composizione del nucleo familiare.
Il dedotto motivo, concernente il fatto che la CTR non ha considerato che la moglie aveva assunto la propria la residenza nell’immobile, è, poi, privo di decisività, tenuto conto che, se è ben vero che è sufficiente che uno solo dei due coniugi abbia trasferito la residenza nell’immobile, ciò che rileva ai fini della concessione dell’agevolazione è che nell’immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, trattandosi di un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000), in quanto ciò che conta non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia.
L’art. 144 codice civile, invero, prevede che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale e fissare la residenza della famiglia, che è soggetto autonomo, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia.
Ne deriva che la mera circostanza che la moglie avesse trasferito la residenza nell’immobile era elemento di per sé irrilevante per affermare che colà fosse stata stabilita dai coniugi la residenza della famiglia.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione, infatti, ha affermato che, in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della “prima casa”, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione (Cass. n. 13085 del 2003; e già Cass. n. 14237 del 2000).
In particolare, la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 del codice civile), quindi una interpretazione della legge tributaria (che del resto parla di residenza e non di residenza anagrafica) conforme ai principi del diritto di famiglia porta a considerare la coabitazione con il coniuge come elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000, cit.).
Quello che conta, allora, non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l’art. 144 c.c., secondo il quale i coniugi “fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa” (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l’art. 29 della Costituzione assegna alla famiglia), mentre da una parte riconosce che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale, dall’altra tende a privilegiare le esigenze della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi.
Pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia (Cass. n. 13085 del 2003, cit.).
In virtù dei richiamati principi, sembra potersi ritenere che, ai fini della fruizione dei benefici fiscali in questione, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile debba essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l’immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e ciò in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 cod. civ., quindi sia in caso di acquisto separato che in caso di acquisto congiunto del bene stesso.
La Corte di Cassazione, infatti, ha riaffermato che, in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l’acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito sempre alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione (Cass. n. 13085 del 2003; n. 14237 del 2000, ord. n. 2109 del 2009).
In particolare, è stato precisato che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 c.c.), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000, cit.), in quanto ciò che conta “non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l’art. 144 c.c., secondo il quale i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l’art. 29 Cost. assegna alla famiglia), mentre da una parte riconosce che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale, dall’altra tende a privilegiare le esigenze della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi; pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia (cfr. Cass. n. 2109 del 2009, cit.)”.
In definitiva, la Corte di Cassazione ritiene di dover continuare a dar corso al più recente orientamento, secondo il quale <<il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l’immobile acquistato venga adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione; in particolare, occorre precisare che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 c.c.), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000), in quanto ciò che conta “non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l’art. 144 c.c., secondo il quale i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l’art. 29 Cost. assegna alla famiglia), mentre da una parte riconosce che i coniugi possano avere delle esigenze diverse ai fini della residenza individuale, dall’altra tende a privilegiare le esigenze della famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi; pertanto, anche la norma tributaria va letta ed applicata nel senso che diventa prevalente l’interesse della famiglia rispetto a quello dei singoli coniugi, per cui il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia» (Cass. sez. trib. n. 16355 del 2013; Cass. sez. trib. n. 2109 del 2009; in passato, invece, v. per es. Cass. sez. trib. n. 8463 del 2001, per l’affermazione del diritto pro quota all’agevolazione a favore del solo coniuge residente).
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