I droni venivano definiti come “un mezzo aereo pilotato da un equipaggio operante da una stazione remota di comando e controllo”, ai sensi dell’art. 1 della legge del 14 luglio 2004, n. 178, recante “Disposizioni in materia di aeromobili a pilotaggio remoto delle Forze armate”[2]; difatti, il pilota si trova in una postazione differente chiamata stazione remota.
1.1 Cenni storici
Gli aeromobili a pilotaggio remoto fecero la loro prima comparsa in campo militare.
In particolare, in tale ambito iniziarono le prime sperimentazioni finalizzate alla ricerca delle possibili applicazioni nonché delle forme di sfruttamento di tali apparecchi.
La legge sopra menzionata del 14 luglio 2004, n.178, in assenza di una normativa generale disciplinante l’aereonavigabilità̀ e l’impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo, autorizzava le Forze armate italiane ad impiegare i suddetti apparecchi in loro dotazione, nelle attività operative ed addestrative, per fini di difesa e di sicurezza nazionale.
Ancora prima, in ambito internazionale, la Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944, relativa all’aviazione civile internazionale[3] ed istitutiva dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (ICAO) costituì̀ uno dei primi trattati internazionali a carattere multilaterale, in cui è dato rinvenire un riferimento agli aeromobili senza pilota.
Tale trattato che introduceva norme standard volte a garantire la sicurezza dell’aviazione civile ed al contempo la protezione ambientale, al suo art. 8 disponeva che:
Nessun aeromobile manovrabile senza pilota può̀ sorvolare senza pilota il territorio di uno Stato contraente, salvo autorizzazione speciale di detto Stato e conformemente alle condizioni di questa. Ogni Stato contraente si impegna a provvedere affinché il volo senza pilota di un tale aeromobile nelle regioni aperte agli aeromobili civili sia controllato in modo da evitare qualsiasi pericolo agli aeromobili civili.
Lo scopo di tale previsione normativa era quello di promuovere lo sviluppo della navigazione aerea civile internazionale, al fine di contribuire al mantenimento di rapporti amichevoli tra le nazioni ed i popoli, ma garantendo allo stesso tempo che tale sviluppo fosse sicuro ed ordinato.
Inoltre, come anticipato tale convenzione istituiva l’ICAO[4], l’Organizzazione mondiale dell’Aviazione civile, che si occupa di assistere i Paesi membri delle Nazioni Unite, nonché di cooperare per lo sviluppo di nuove tecnologie: tra queste ultime rientrano anche gli aeromobili a pilotaggio remoto. La medesima ICAO ha fornito una prima definizione di tali sistemi, introducendo la nozione specifica di “Remoted piloted aircraft system” (Rpas), tutt’ora utilizzata nel linguaggio tecnico settoriale[5].
In ambito Europeo nel 2012, la commissione Europea ha istituito l’“European Rpas Steering Group” (ERGS), con l’obiettivo di raggruppare le istituzioni europee maggiormente competenti al fine di intervenire in questo campo.
Tale gruppo è stato costituito per garantire la sicurezza degli aeromobili a pilotaggio remoto: infatti è stata creata una “tabella di marcia” da seguire al fine di conseguire dei risultati significativi nell’ambito in esame[6].
Fino al 2019 almeno in ambito Europeo sussisteva ancora un quadro normativo poco dettagliato, incompleto e addirittura carente[7], lasciando così aperte notevoli problematiche, sia da un punto di vista etico-morale, che giuridico.
Proprio per i motivi sopra menzionati, è nata l’esigenza di trovare un’armonizzazione in materia che si è tradotta nell’ emanazione di due importanti regolamenti nel 2019 regolamento (UE) 2019/945 e regolamento (UE) 2019/947 che sono stati recepiti nel nostro ordinamento nazionale e che sono stati implementati dall’ ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC).
Pertanto, solo con i regolamenti Europei 945[8] e 947[9] del 2019 si arriverà ad una disciplina comunitaria solida ed unitaria.
Invero, solo di recente si è intensificato l’interesse istituzionale, politico e sociale a livello europeo nei confronti degli aeromobili a pilotaggio remoto.
Fonti del diritto dei droni “civili” in ambito nazionale
Come osservato i droni nascono in ambito militare.
Ciononostante, essi negli ultimi anni stanno avendo una forte diffusione anche in campo civile. Appare utile quindi individuare le fonti normative che disciplinano in ambito nazionale oltre che sovranazionale l’uso civile di tale tipologia di aeromobili.
La disciplina dei droni può essere innanzitutto rinvenuta nell’ambito del diritto della navigazione in materia di aeromobili, la cui definizione è contenuta all’interno dell’articolo 743 del Codice della navigazione.
Tale articolo ha subito alcune modifiche che hanno portato all’inclusione dei mezzi aerei a pilotaggio remoto nella nozione di “aeromobile”.
Appare quindi opportuno ripercorrere le modifiche che hanno interessato il testo dell’articolo 743 del Codice della navigazione[10].
La prima modifica è avvenuta nel 2005 ad opera dell’art. 5, primo comma, del d. Lgs. 96/2005.
Difatti, l’articolo 743 precedentemente disposto dal decreto regio[11] numero 327 del 1942 è stato modificato con il decreto legislativo in parola con il seguente testo:
Per aeromobile si intende ogni macchina destinata al trasporto per aria di persone o cose. Le distinzioni degli aeromobili, secondo le loro caratteristiche tecniche e secondo il loro impiego, sono stabilite dall’ENAC con propri regolamenti e, comunque, dalla normativa speciale in materia non sono considerati aeromobili gli apparecchi utilizzati per il volo da diporto o sportivo, di cui alla legge 25 marzo 1985, n. 106.
Solo con la novella legislativa del 2006 ad opera del d. Lgs. 151/2006, ex art. 8, co.1, vennero esplicitamente inclusi anche i sistemi a pilotaggio remoto nella categoria degli aeromobili e si previde altresì che tale tipologia di aeromobile fosse disciplinato anche da leggi speciali e in particolare dal regolamento ENAC.
Con tale modifica si aggiunse espressamente, al secondo comma dell’art. 743 cod. nav. che: “Sono altresì considerati aeromobili i mezzi aerei a pilotaggio remoto, definiti come tali dalle leggi speciali, dai regolamenti dell’ENAC e, per quelli militari, dai decreti del ministero della difesa”.
Tuttavia, la tecnicità della materia ha reso necessario prevedere una disciplina ad hoc per tale tipologia di aeromobile.
In tale ottica, l’Ente nazionale dell’aviazione civile (ENAC) è intervenuto nella materia emanando un apposito regolamento sulla disciplina dei sistemi aerei a pilotaggio remoto.
Con l’emanazione di tale regolamento (ENAC) l’Italia è stata uno dei paesi pionieri in Europa ad aver introdotto nel proprio ordinamento una disciplina speciale in materia di droni, che ne definisce e regolamenta in maniera specifica l’utilizzo, evidenziandone criticità e i vantaggi.
Tale Ente ha diversi poteri sia per quanto riguarda la regolazione tecnica, sia per la vigilanza e il controllo dell’applicazione della legislazione in materia di droni, a chi ne fa utilizzo, essa difatti è l’unica Autorità̀ con questi poteri nel territorio italiano[12] .
Il suddetto regolamento nasce proprio per dare attuazione all’artico 743 del codice della navigazione e più precisamente al secondo e terzo comma dell’art. 743, ed in particolare come si legge all’art. 3 del regolamento lo scopo perseguito è quello di definire “i requisiti da soddisfare per assicurare i livelli di sicurezza per le diverse tipologie di operazioni che possono essere condotte con l’utilizzo di SAPR”.
Il regolamento è stato interessato da numerose modifiche nel corso degli anni per allinearsi al quadro normativo sovranazionale.
Preme rilevare che dall’applicazione del suddetto regolamento sono esclusi gli aeromobili disciplinati dal Codice della navigazione agli articoli: 744 (Aeromobili di Stato e aeromobili privati), 746 (Aeromobili equiparabili a quelli di Stato) e 748 (Norme applicabili agi aeromobili militari, di dogana, di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco).
Sono altresì esclusi dall’ambito di applicazione del regolamento i droni che svolgono attività̀ in spazio indoor e quelli in cui il pilota non ha possibilità̀ di gestire e intervenire nell’operazione[13].
All’articolo 2 del regolamento si circoscrive territorialmente l’ambito di applicazione delle norme, e si menzionano due regolamenti dell’Unione europea, rispettivamente il n. 2018/1139 ed il n. 2019/947[14] che limitano l’applicazione del suddetto regolamento ai soli aeromobili a pilotaggio remoto di peso non superiore a 150 chilogrammi.
Conclusione
La costante evoluzione tecnologica ha portato ad una continua trasformazione normativa ed è importante che essa sia in grado di andare di pari passo con il progresso scientifico e lo sviluppo delle nuove tecnologie, per evitare che si creino lacune nell’ordinamento.
I droni per la loro struttura e rapidità di intervento consentono una pluralità di impieghi; potendo essi essere sfruttati in diversi ambiti, è opportuno che siano disciplinati in modo completo e coerente con il loro utilizzo.
Note
[1]Sulla nozione di aeromobile a pilotaggio remoto si vedano: ABEYRATNE R., Unmanned Aircraft System. The Civil Aviation (Revised) Perspective, in Eur. Transp. Law, 2011, p.239; FRANCHI B., Aeromobili senza pilota (UAV): inquadramento giuridico e profili di responsabilità̀, I, in Resp. civ. prev., 2010, pp.732-742
[2] Legge n. 178 del 14 luglio 2004, art.1: “Ai fini della presente legge, per aeromobile a pilotaggio remoto, di seguito denominato “APR”, si intende un mezzo aereo pilotato da un equipaggio che opera da una stazione remota di comando e controllo.”.
[3] Convenzione internazionale per l’aviazione civile internazionale stipulata a Chicago il 7 dicembre 1944, resa esecutiva nel nostro ordinamento con Decreto legislativo 6 marzo 1948, n. 616.
[4] L’organizzazione internazionale per l’Aviazione civile (ICAO), è un organo presente all’interno delle nazioni Unite che si occupa dello sviluppo e della regolamentazione dell’aviazione civile. La medesima è stata fondata nel 1947 da 52 paesi, in seguito alla convenzione di Chicago. Il ruolo dell’organizzazione è quello di promuovere e far adottare una normativa comune in materia di navigazione aerea, trasporto passeggeri, merci e di sicurezza del trasporto aereo. Ad oggi i paesi che ne fanno parte che sono 192 si riuniscono ogni tre anni, l’ultima assemblea generale è avvenuta il 25 settembre 2019 a Montreal. L’Italia in questa organizzazione ha un ruolo importante in quanto è un membro ristretto del consiglio dove fanno parte solo i 10 paesi più̀ all’avanguardia nel settore dell’aviazione civile.
[5]ROMA A., I droni UE vogliono volare alto, in Il Sole 24 ORE, 4 marzo 2013.
[6]UVS International, Federating, Promoting & Advancing the community, “Remotely Piloted System: Promoting International Cooperation & Coordination. È possibile verificare al seguente link: https://uvs-international.org.
[7] PANZERI S., I sistemi aerei a pilotaggio remoto (SAPR): profili giuridici, in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, Vol. XIV, 2016.
[8] Regolamento delegata (UE) 945/2019 del 12 marzo 2019 relativo ai sistemi aeromobili senza equipaggio e agli operatori di paesi terzi di sistemi aeromobili senza equipaggio
[9] Regolamento di esecuzione (UE) 947/2019 del 24 maggio 2019 relativo a norme e procedure per l’esercizio di aeromobili senza equipaggio;
[10]LIMARDI G., S.A.P.R. – Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto. L’attuale disciplina e
l’evoluzione normativa verso una regolamentazione europea, in Filodiritto, 15 novembre 2016, disponibile alla pagina web: https://www.filodiritto.com/sapr-sistemi-aeromobili-pilotaggio-
remoto-lattuale-disciplina-e-levoluzione-normativa-verso-una-regolamentazione-comune-europea
[11]PESCATORE G., Aeromobile, Diritto della navigazione, in Enciclopedia Treccani, 1988, p. 7.
[12]E. ROSAFIO, Considerazioni sui mezzi aerei a pilotaggio remoto e sul regolamento ENAC, in Rivista diritto della navigazione, 2014, p.790.
[13]ROSAFIO E., Considerazioni sui mezzi aerei a pilotaggio remoto e sul regolamento ENAC, Rivista diritto della navigazione, 2014, p. 798.
[14]Regolamento (UE) 2018/1139 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 4 luglio 2018 recante norme comuni nel settore dell’aviazione civile, che istituisce un’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea e che modifica i regolamenti (CE) n. 2111/2005, (CE) n. 1008/2008, (UE) n. 996/2010, (UE) n. 376/2014 e le direttive 2014/30/UE e 2014/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, e abroga i regolamenti (CE) n. 552/2004 e (CE) n. 216/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CEE) n. 3922/91 del Consiglio.
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