div>
L’introduzione di limiti percentuali[1] di utilizzo dell’avanzo di amministrazione ad uso investimenti che esentano parzialmente gli enti locali nella determinazione del “monte spesa” rilevante ai fini della determinazione del saldo finanziario nel P.S.I. ha creato la reazione dell’Anci prima e dell’Upi poi portando ad una sostanziale interruzione delle trattative con il Governo[2].
E’ noto come l’avanzo di amministrazione sia per gli ee.ll., in un periodo di magra sempre più consistente per ciò che riguarda i trasferimenti dallo Stato e delle Regioni, l’unico strumento che l’ente locale ha a disposizione per finanziare gli investimenti senza ricorrere al debito. Da quando però anche la spesa per investimenti è divenuta ad essere rilevante ai fini della determinazione del saldo finanziario per il P.S.I.[3] gli ee.ll. si sono trovati nelle condizioni di dover utilizzare questo strumento di autofinanziamento con parsimonia.
Altro concetto è quello di reputare l’avanzo di amministrazione come strumento idoneo nel suo complesso per il finanziamento degli investimenti ovvero se non sia opportuno scindere l’avanzo di amministrazione fra la parte che deriva dalla gestione di competenza e quella che nasce dalla gestione dei residui e soprattutto quanta parte dello stesso è veramente “spendibile” per il finanziamento degli investimenti.
Il concetto di “premiare” gli ee.ll. virtuosi nella loro gestione finanziaria può avere un valido significato se si rende gli stessi partecipi e consapevoli di una gestione finanziaria che sia in grado di rendere esigibile nel più breve tempo possibile tutti quei residui attivi che per anni rimangono nei bilanci degli ee.ll. senza avere uno sbocco positivo (riscossione) che tuttavia compartecipano positivamente alla formazione dell’avanzo di amministrazione.
Allora, qual’è il senso di definire un limite percentuale di utilizzo dell’avanzo per investimenti senza avere ripercussioni negative sul saldo finanziario se prima non vengono determinate le potenzialità di utilizzo dello stesso? Ovvero, non sarebbe meglio instaurare lo stesso tipo di ragionamento sugli avanzi di gestione e non su quelli di amministrazione oltretutto cercando di circoscrivere il ragionamento su quella parte di avanzo realmente spendibile in tempi contenuti?
A tal fine quando si parla di “ente virtuoso” bisognerebbe capire in quale contesto è applicabile tale termine. Visto e considerato che con il progredire di versioni diversificate fra loro del P.S.I. ha portato a rendere sempre più privo di significato il concetto di “virtuosità” ,sarebbe opportuno definirne meglio i confini.
In parte ci ha già pensato la Corte dei Conti in merito all’identificazione del concetto di ente virtuoso. Infatti, in un proprio parere[4] richiesto al fine di verificare il significato della dizione “avanzo di bilancio” si debba far riferimento all’avanzo di amministrazione o all’avanzo di gestione la Corte si è espressa a favore di questa ultima versione interpretativa. Il concetto di virtuosità, in tale contesto, si riferisce alla possibilità degli enti locali di ovviare alle limitazioni previste in tema di riduzione della spesa del personale previste dal art.1 comma 204 legge finanziaria per l’anno 2006 come modificato dal D.L. 233/2006 qualora l’ente abbia ottenuto un avanzo di bilancio negli ultimi tre esercizi. Su tale materia tuttavia anche la Corte ha avuto dei “tentennamenti” interpretativi poiché il risultato di questa ultima versione nasce solo dopo due interpretazioni precedenti di senso opposto[5].
Da tale ultima interpretazione della Corte che collega in qualche modo il concetto di virtuosità gestionale dell’ente all’avanzo di gestione e non all’avanzo di amministrazione, ci fa sorgere il dubbio se nel d.l. 81/07 che collega l’avanzo di amministrazione alla possibilità di effettuare spese di investimento che non incidono sul monte spese rilevante ai fini del P.S.I. non ci sia in qualche modo una contraddittorietà sul concetto di virtuosità.
Questa contraddittorietà nasce dal concetto stesso di avanzo di amministrazione. Oramai è pacifico sostenere che un elevato avanzo di amministrazione di per se non è indicatore di buona gestione anche perché è necessario verificare almeno quanta parte dello stesso può essere speso in modo proficuo (spese per investimento in primis) e in tempi ragionevolmente brevi o almeno in linea con quelli che sono i tempi di una pubblica amministrazione. Questo discorso non vale solo facendo riferimento alla distinzione prevista dall’art. 187 del TUEL sulla destinazione dell’Avanzo di amministrazione[6] ma anche quanta parte dello stesso è riferibile alla gestione in c. residui e quanta quella riferibile alla gestione in c. competenza. La virtuosità sta proprio nel sapere utilizzare in modo proficuo e in tempi brevi ciò che si crea durante l’esercizio finanziario (avanzo di gestione).
Non ha un senso “virtuoso” dare agli enti locali la possibilità di utilizzare una quota dell’avanzo di amministrazione ad uso investimenti che sia esente dai calcoli relativi al P.S.I. se poi gli stessi enti locali hanno difficoltà oggettive nel recuperare quelle somme necessarie che risultano contabilmente disponibili ma che non sono liquidabili in periodi di tempo ragionevoli.
La problematica andrebbe spostata su di un altro piano. Ovvero, stimolare gli enti locali ad una migliore gestione dei residui rendendo le somme stesse più facilmente esigibili sia in entrata che in uscita e garantire la libera destinazione dell’avanzo di gestione per l’effettuazione di spese di investimento senza aggravi sul calcolo ai fini del P.S.I.
A tal fine sarebbe conveniente per l’Ente Locale effettuare una valida politica gestionale della liquidità dove la ricognizione dei residui in sede di rendicontazione ne diviene l’atto finale tuttavia, bisogna fare i conti anche con l’incertezza delle risorse che si dovrebbero rendere disponibili in sede di preventivo specialmente per ciò che concerne i trasferimenti dagli organi centrali, ma questo è un altro discorso.
[1] D.L. 2 luglio 2007 N° 81 art. 2.
[2] Interruzione delle trattative successivamente superata
[3] Art. 28 L. 289/2002 (Legge finanziaria 2003) introduzione delle spese in conto capitale nella determinazione del saldo programmatico; legge 350/2003, introduzione delle spese in conto capitale nella determinazione del saldo finanziario (legge finanziaria 2004)
[5]Pareri della Sezione regionale di controllo per la Liguria, parere n. 7/2006 del 13 ottobre 2006 e al parere della Sezione Regionale di controllo per la Toscana, (deliberazione n. 28 /2007 del 16 gennaio 2007).
[6] art. 187 comma 1 del d.lgs 18/8/2000 n° 267 L’avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e fondi di ammortamento.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento