Il nuovo modello processuale delle udienze “con collegamento da remoto”, che è stato introdotto dalla normativa emergenziale nel tessuto della giustizia amministrativa, ha suscitato non pochi dubbi e difficoltà operative.
La recentissima giurisprudenza sta, in particolare, intervenendo per dissipare alcuni dubbi su natura, portata e specifico funzionamento dell’istanza di parte per la discussione della causa con collegamento da remoto, sui cui termini di proposizione intende concentrarsi la presente sintetica disamina.
Su punto si approfondisca la lettura con:
L’istanza per lo svolgimento dell’udienza con collegamento da remoto nel processo amministrativo
Come noto nelle ultime settimane si sono susseguiti molteplici interventi normativi emergenziali, volti a condurre una operazione di manutenzione straordinaria del processo amministrativo per far fronte alle obiettive difficoltà connesse all’emergenza sanitaria[1].
Tra le più significative novità è stata da ultimo organicamente introdotta la possibilità di celebrare le udienze con modalità di collegamento da remoto e, quindi, sostanzialmente in videoconferenza personale.
In particolare il decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, in vigore dal 1° maggio 2020 ha previsto, con decorrenza 1° giugno 2020, la possibilità di attivare le udienze in videoconferenza su istanza congiunta di tutte le parti ovvero d’ufficio, per ordine del giudice[2] e previa valutazione di convenienza e opportunità.
La norma prevede, inoltre, che quando l’istanza sia proposta da una sola delle parti o comunque non trovi l’adesione unanime di tutte le altre, la decisione circa l’esperibilità dell’udienza da remoto sia rimessa al presidente del collegio che provvede con decreto, esaminando anche le eventuali ragioni di opposizione delle altre parti, nel migliore interesse del contraddittorio[3].
La norma medesima perimetra anche il limite temporale ultimo per rivolgere l’istanza al giudice, che è individuato per le udienze camerali in cinque giorni liberi prima della data di celebrazione e per le udienze pubbliche nel termine per il deposito delle memorie di replica (venti giorni liberi prima della data di fissazione).
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Il caso dell’istanza proposta tardivamente
Si è recentemente posto il problema dell’istanza di discussione da remoto avanzata tardivamente rispetto al termine normativamente imposto, quando per di più la medesima contenga anche argomentazioni difensive.
La questione è emersa in questi termini in un giudizio innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ed è stata risolta con decreto presidenziale 8 giugno 2020, n. 55.
Nel giudizio, parte ricorrente aveva depositato tardivamente istanza di discussione in forma orale mediante collegamento da remoto e aveva poi riversato in atti anche brevi note.
Si ricordi che, nel caso in cui l’udienza non si svolga in forma telematica, il giudizio passa in decisione senza discussione orale, con il modello processuale dell’udienza cartolarizzata che rappresenta fino al 31 luglio il modulo predefinito del processo amministrativo dell’emergenza[4].
Nelle predette note, la parte – avendo dato atto dell’intervenuto decorso del termine di legge per richiedere la celebrazione dell’udienza con collegamento da remoto – aveva fatto appello al potere, riconosciuto al presidente del collegio anche in assenza di formali sollecitazioni delle parti, di disporre d’ufficio l’udienza con collegamento da remoto ove le caratteristiche della causa lo richiedano.
In particolare, una eventuale istanza formale di trattazione da remoto era certamente tardiva perché, ai sensi dell’art. 4 D.L. n. 28/2020, che ne disciplina la proposizione, la stessa non può tempestivamente attestarsi – con riguardo all’udienza pubblica – che entro il termine per il deposito delle memorie di replica[5].
L’art. 4 D.L. 30 aprile 2020, n. 28 e il problema dell’intercapedine temporale tra la sua entrata in vigore e il dies a quo dell’attivazione dell’udienza con collegamento da remoto come concreto modello processuale
Il giudice amministrativo ha ritenuto che, in relazione all’art. 4 del D.L. 30 aprile 2020, n. 28, sussistano obiettive ragioni di incertezza ermeneutica, tali da poter ragionevolmente indurre la parte in errore scusabile ai sensi dell’art. 37 D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104[6].
In particolare, si dubita dell’esatta applicabilità della norma quando, esperito il computo a ritroso del termine, questo venga a collocarsi sì in epoca successiva all’entrata in vigore del D.L. 30 aprile 2020, n. 28 (1° maggio 2020), ma in epoca antecedente al periodo individuato dal regime transitorio per l’attivazione delle udienze con collegamento da remoto.
L’art. 4 D.L. 28/2020 prevede infatti che l’attivazione dell’udienza con collegamento da remoto come modello processuale sia temporalmente circoscritta “a decorrere dal 30 maggio e fino al 31 luglio 2020 può essere chiesta discussione orale …”.
Occorre quindi domandarsi se possa efficacemente proporsi l’istanza di trattazione dell’udienza con collegamento da remoto quando il termine per il deposito della memoria di replica cada tra il 1° e il 30 maggio 2020, atteso che in questa intercapedine temporale per un verso è certamente in vigore il D.L. 30 aprile 2020, n. 28, per l’altro non è ancora iniziato l’effettivo periodo di attività delle udienze con collegamento da remoto.
La soluzione giurisprudenziale anche alla luce degli atti organizzativi specifici in materia di udienze con collegamento da remoto
A risoluzione dei predetti dubbi, occorre anzitutto procedere a una delimitazione emerneutica del campo applicativo dell’art. 4 del decreto legge più volte citato.
Da una attenta disamina della norma parrebbe anzitutto desumibile che il frangente temporale dal 31 maggio al 31 luglio sia individuato per lo svolgimento effettivo delle udienze con collegamento da remoto, non per gli adempimenti propedeutici e preliminari alla loro effettiva concretizzazione.
Resterebbero quindi temporalmente circoscritte in tale recipiente cronologico unicamente le celebrazioni in forma telematica e nessun’altro connesso adempimento.
Né avrebbe alcuna utilità effettiva pretendere che anche il termine ultimo per la presentazione dell’istanza debba effettivamente ricadere in detto periodo, che evidentemente è stato definito – quanto al suo dies a quo – anche e soprattutto allo scopo di assicurare alla Giustizia Amministrativa un congruo preavviso strutturale per poter concretamente attivare le strumentazioni tecniche necessarie allo svolgimento dalle udienze da remoto e per poter assicurare agli uffici una congrua fase preparatoria, nella quale divulgare anche eventuali atti organizzativi decentralizzati.
Questa lettura della norma è stata confortata dalle Linee guida del Presidente del Consiglio di Stato[7] e dal Protocollo d’intesa con l’Avvocatura[8] sulle udienze da remoto, in cui è testualmente specificato che “la disposizione trovi applicazione per tutte le udienze, già fissate o che verranno fissate, da tenere nell’intervallo temporale indicato e, dunque, anche per quelle in cui il termine a ritroso, significativo ai fini della presentazione dell’istanza di discussione, scada prima del 30 maggio”.
Attivazione del potere ufficioso come rimedio alla tardività dell’istanza
Sulla scorta di questi ultimi riferimenti, nel caso oggetto di disamina, il presidente ha ritenuto con decreto di ordinare lo svolgimento dell’udienza con collegamento da remoto, attivando i propri poteri ufficiosi a sostegno della richiesta, ormai tardiva, della parte.
Come espressamente affermato nel decreto in rassegna e comunque già documentato nelle linee guida da ultimo richiamate, il potere ufficioso del giudice di ordinare la celebrazione dell’udienza in formato telematico, se ben può intervenire nella totale inerzia delle parti, tanto più può attivarsi ove agli atti un’istanza vi sia, pur tardiva.
L’unico limite al potere ufficioso è semmai afferente al profilo del merito e riguarda l’opportunità di disporre una tale innovativa formula di celebrazione, che si impone previa valutazione di effettiva complessità della vicenda e utilità dell’oralità.
Ciò premesso, semmai la tardività può incidere negativamente sulla diversa istanza congiunta che, come si è più volte ricordato, dovrebbe in linea generale sempre essere accolta, senza alcun esercizio di discrezionalità da parte del presidente. Al più, la tardività potrebbe – ragionevolmente – far venir meno l’obbligatorietà in quest’ultimo caso, ma non potrebbe mai precludere i poteri ufficiosi riservati al presidente.
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Note
[1] Principalmente D.L. 30 aprile 2020, n. 28 e poco prima il D.L. 17 marzo 2020, n. 18 convertito con modificazioni dalla L. 24 aprile 2020, n. 27.
[2] Sia consentito rinviare a D. Gambetta, Le udienze “da remoto” nella giustizia amministrativa: lo stato dell’arte alla luce dei recenti interventi emergenziali da COVID-19, in questa rivista, 5 maggio 2020.
[3] Per una disamina della primissima giurisprudenza su tale delicata questione sia consentito rinviare a D. Gambetta, L’istanza di parte per lo svolgimento dell’udienza “con collegamento da remoto” nel processo amministrativo: una rassegna della (primissima) giurisprudenza sul tema, in questa rivista, 8 giugno 2020.
[4] Sulle peculiarità di tale regime, siano consentiti i rinvii a D. Gambetta, Principio di oralità e passaggio in decisione “senza discussione” nel processo amministrativo dell’emergenza: l’art. 84 del d.l. 18 del 2020 supera una (prima) prova di costituzionalità, in questa rivista, 1 giugno 2020, D. Gambetta, Decisione “senza discussione orale” nel processo amministrativo e rilievo d’ufficio di questioni non oggetto di contraddittorio: un nuovo dilemma della “terza via”?, in questa rivista, 20 maggio 2020.
[5] Il quale, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., si colloca venti giorni liberi prima della data dell’udienza.
[6] L’errore scusabile determina, ai sensi della norma richiamata, la rimessione in termini.
[7] Si tratta delle “Linee Guida del Presidente del Consiglio di Stato del 25 maggio 2020 sulle udienze da remoto con la partecipazione degli avvocati ex art. 4, d.l. n. 28 del 2020” disponibili sul sito web istituzionale della Giustizia Amministrativa. Si tratta, come si legge sin dall’epigrafe, delle terze linee guida emanate nella cornice dell’emergenza coronavirus.
[8] Si tratta di un protocollo di intesa tra la Giustizia amministrativa, l’Avvocatura dello Stato, il Consiglio Nazionale Forense, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e le Associazioni specialistiche degli avvocati amministrativisti, teso – per espressa dichiarazione – a responsabilizzare verso un’applicazione dell’art. 4, comma 1, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 “informata ai principi di cooperazione e lealtà processuale, nell’ambito di un percorso teso a stimolare le migliori pratiche, diffondere l’informazione e l’invito alla leale collaborazione tra magistrati amministrativi e avvocati e tra gli avvocati, raccogliere l’adesione delle Parti ad alcune soluzioni di buon senso e valorizzare il contributo partecipativo e fattivo di tutte le componenti della Giustizia amministrativa, in uno sforzo comune che consenta di affrontare al meglio e con il giusto spirito questa fase processuale “emergenziale”.”
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