Se noi consideriamo le due variabili come due soggetti capaci di valutare i rischi derivanti da una propria azione, otteniamo che sia il soggetto y che x hanno un proprio rischio R.
Il rapporto tra i due si fonderà su una costante Delta, che rappresenta il coefficiente di differenza di accettazione del rischio, pertanto Ry = Delta Rx.
Il rischio
Al basso rischio di una delle due varabili corrisponderà l’alto rischio che l’altra accetterà, per esempio nel consumare un reato.
L’accettazione del rischio viene ad influire sulla valutazione dei diritti, dobbiamo considerare che non vi è mai un diritto assoluto se non in relazione con i diritti degli altri. Né si può considerare il rischio che si accetta con la propria condotta nel definire e limitare il diritto altrui, essendo questo comunque un elemento dei rapporti sociali.
Si può quindi riscrivere il rapporto in questi termini, RDy = Delta RDx, dove D sono i diritti, R il rischio e Delta il coefficiente di accettazione del rischio.
Se ne deduce che i diritti sono non solo in funzione del rischio sempre presente, ma bensì anche in funzione del coefficiente di differenza di accettazione dello stesso, si può pertanto scrivere Dy – R = Dx – Delta R.
Il rischio è un elemento connaturato all’esistere dell’individuo, lo si può ridurre ma mai azzerare del tutto o eliminare come si vorrebbe far credere, quello che in effetti accade è il livello di rischio che ciascuno di noi consciamente o inconsciamente accetta, magari nell’illusione di evitarlo.
In questi termini la violazione cosciente di una precisa norma penale posta a tutela dell’individuo da parte di un altro individuo, pone quest’ultimo nella condizione di accettazione di un elevato rischio, circostanza che viene a ridurre i suoi diritti nel rapporto con i diritti altrui, in particolare di colui che ne ha subito le conseguenze negative.
La pena
La pena a sua volta acquista una bivalenza, da una parte punitiva con funzione preventiva e risarcitoria, sia moralmente che economicamente per la vittima, ma dall’altra rieducativa, il rapporto in un giusto equilibrio tra le due parti non deve mai mancare.
La difficoltà è trovare l’equilibrio, punto in cui convergono elementi culturali, vissuti personali, pressioni sociali e storiche.
La categorizzazione assoluta non esiste se non in rapporto agli altri, nel binomio diritti/doveri interviene l’ulteriore fattore della volontà umana e della sua coscienza, che si trasforma nella responsabilità dell’agire e nell’accettazione dei rischi che ne consegue.
Un rischio tanto maggiore quanto vi è chiara coscienza delle conseguenze e dei pericoli a cui si sottopone l’altro, invocando al contempo tutti i diritti e le scusanti per non subirne le conseguenze, anzi invertendo il rapporto e dichiarandosi vittima come in una camera a specchi, in cui vengono a perdersi i corretti rapporti e l’originale dell’immagine stessa.
I diritti/doveri risultano speculari, ad ogni diritto corrisponde un dovere altrui, se, come previsto nel tecno liberismo, vi sono solo diritti individuali verrà ad esserci uno sbilanciamento verso i diritti collettivi.
Il riequilibrio viene reimpostato al livello di suggestione, con l’aderire volontariamente al modello imposto, vi è tuttavia il rischio del configgere dei modelli come dell’instaurarsi di rischi auto-catalitici, che conducano ad una crescita esponenziale e all’esplosione, oppure ad una implosione fino al blocco finale, è l’aumento progressivo della stessa tipologia di relazione a cui viene a mancare la stabilizzazione del feedback negativo ( l’angelo) da contrapporre ad un continuo feedback positivo (il demone).
In economia Abel e Bernanke hanno individuato i fattori del ciclo economico: nel movimento delle produzioni che tendono ad essere correlati attraverso tutti i settori dell’economia; nell’essere produzione, consumo e investimenti prociclici e coincidenti, come del resto tende ad esserlo la spesa pubblica; nell’occupazione pro ciclica, disoccupazione contro ciclica; nell’essere l’investimento molto più volatile del consumo durante il ciclo; nell’offerta di moneta e valore delle azioni che guidano il ciclo; nell’essere salario reale e produttività pro ciclici; nell’inflazione e tassi di interesse che risultano pro ciclici e ritardati. Se nelle economie pre-capitalistiche i fattori tendono ad essere esogeni, con l’economia industriale diventano endogeni.
Come si può osservare è solo la crisi conseguente alla crescita che nel bloccare il sistema, porta alla correzione dello stesso, ugualmente può dirsi nei cicli diritti/doveri tra individuo e collettività.
Dobbiamo evitare di perderci nella complessità, ma anche il pericolo di quella che Ludwig von Burtahanfly definisce come una “ipersemplificazione”.
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