Mentre negli States il dibattito era ancora animato dall’affaire Weinstein, infatti, “Le Iene” svelavano la dimensione italiana del fenomeno delle molestie applicate al cinema.
Secondo le denunce di numerose attrici raccolte dalla nota trasmissione di Italia 1 il regista romano le avrebbe molestate durante provini svolti nel suo studio privato.
Lo scandalo è esploso nel periodo di promozione dell’ultimo film diretto dal regista “Poveri ma ricchissimi” in sala dal 14 Dicembre (prodotto dalla Wildside e distribuito dalla Warner Bros. Entertainment Italia), sequel della commedia del 2016 “Poveri ma ricchi”.
Ma questo articolo non vuole occuparsi della vicenda sotto un profilo di cronaca, né tantomeno approcciare agli aspetti delle condotte di rilevanza (eventualmente) penale dei fatti che saranno, nel caso, valutati dalla magistratura.
Con questo breve lavoro, si svolgeranno alcune riflessioni sul diritto d’autore applicato al caso di specie.
Il distributore della pellicola, infatti, appena scoppiato il caso dichiarava di essere pronto ad eliminare ogni riferimento a Brizzi dalle schede del film che, dunque, sarebbe uscito senza menzionare il nome del regista.
Ed effettivamente sul sito della Warner (Ansa.it del 14.11.2017 “Giallo sul film di Brizzi, nome via dal sito Warner poi riappare”) il nome dell’autore, a differenza degli altri film in uscita per la major, non era presente nei credits. La Warner, poi, provvedeva a reinserire il nome derubricando l’accaduto a semplice refuso.
Alla fine la querelle si risolveva con l’eliminazione del nome di Brizzi dal solo trailer e con la dichiarazione della Warner di voler interrompere ogni collaborazione futura con il regista romano.
Ma sarebbe stato possibile far uscire il film senza menzionare il nome del regista? E’ legittimo che il riferimento all’autore venga eliminato dal trailer, dalle locandine e da altro materiale promozionale?
Dare una risposta ai quesiti posti dal caso Brizzi impone di fornire un preliminare e sistematico inquadramento rispetto alla dimensione morale dell’attività creativa, con specifico riferimento all’opera cinematografica.
La normativa di riferimento, nemmeno a dirlo, è la legge n. 633 del 22.04.1941 recante “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.
Il diritto morale d’autore come diritto a rivendicare la paternità dell’opera
L’autore di un’opera protetta è tutelato dalla suddetta normativa sotto duplice profilo: da un lato si prevede il diritto del creatore al riconoscimento della paternità dell’opera e che tale diritto sia sottratto alla sfera di disponibilità del soggetto; dall’altro si dispone che competano all’autore tutti i diritti di utilizzazione economica dell’opera dell’ingegno e che il suddetto possa disporne come ritiene opportuno, anche separatamente.
Il diritto morale si acquista a titolo originario (art. 2576 c.c. e art. 6 LDA) ed è inalienabile ed irrinunziabile (art. 22 LDA).
Costituisce un preciso diritto dell’autore quello di rivendicare la paternità dell’opera e di pretendere di essere riconosciuto come tale.
L’articolo 6-bis della Convenzione di Berna (“per la protezione delle opere letterarie e artistiche”), in tutto e per tutto coincidente con l’art. 20 LDA, è inequivoco: “…Indipendentemente dai diritti patrimoniali d’autore, ed anche dopo la cessione di detti diritti, l’autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell’opera…”.
Estrinsecazione di un simile diritto è costituito dall’art. 48 LDA secondo il quale l’autore può pretendere che il proprio nome figuri sugli esemplari dell’opera e, quindi, che vengano indicate “la sua qualità professionale e il suo contributo all’opera”, con menzione “nella proiezione della pellicola cinematografica”.
Il regista come (co)autore.
L’opera cinematografica è disciplinata dagli articoli 44 e seguenti della Legge sul Diritto d’autore.
In particolare il film, quale opera collettiva, configura il risultato della collaborazione di 4 autori: il soggettista, lo sceneggiatore, l’autore della musica ed il direttore artistico (ovvero il regista). Tali soggetti, ognuno per quanto di propria competenza, sono tutelati in quanto coautori[1].
E’ chiaro che il regista (“direttore artistico” nella LDA) riveste un ruolo di primaria importanza rispetto agli altri soggetti tutelati in ragione della peculiarità del suo ruolo di responsabile artistico dell’opera che, pertanto, è chiamato a coordinare l’attività degli altri coautori.
Di contro, il produttore e il distributore non sono soggetti tutelati dalla LDA.
In effetti, l’art. 45 LDA descrive il produttore come il soggetto a cui competono i soli diritti di utilizzazione economica sull’opera.
Relativamente al cinema, dunque, sussiste una previsione ex lege del soggetto titolare dei diritti patrimoniali legati all’opera creativa. Il produttore cinematografico, d’altronde, in quanto imprenditore deve esser messo in condizione di remunerare l’investimento (o la scommessa?) sull’opera cinematografica.
Nulla quaestio, dunque, sulla titolarità del diritto di riproduzione, esecuzione e distribuzione in capo alla casa di produzione (cfr. artt. 45 e 78bis-78ter)[2]–
Peraltro la LDA riconosce al produttore anche la facoltà di apportare modifiche agli apporti autoriali nell’ottica di adattarli, come espressamente stabilito dal Legislatore (art. 47 LDA), alla realizzazione cinematografica. Tale facoltà, fermo restando il diritto all’integrazione dell’opera stabilito dall’art. 22 LDA e in mancanza di accordo con l’autore, è garantita da un collegio tecnico di nomina ministeriale chiamato, laddove necessario, a pronunciarsi sulla necessità e sull’adeguatezza delle modifiche apportate all’opera.
A prescindere dalla suddetta norma, il rapporto produttore-regista è sempre stato al centro del dibattito del giurista di settore. La normativa, la giurisprudenza ed anche la prassi sono state chiamate ad operare un bilanciamento tra i contrapposti interessi della produzione (incentrata sulla sostenibilità e la redditività dell’impresa culturale) e del regista (unicamente interessato all’estrinsecazione del processo creativo e alla tutela della sua libertà artistica). Contrapposizione tra diritti, entrambi di rilievo costituzionale (cfr. artt. 9, 21 e 41) che chiaramente impone, in un senso o nell’altro, di trovare un punto di equilibrio.
Negli States e nel Regno Unito, il suddetto equilibrio è spostato nettamente nella direzione del produttore al quale è attributo ogni copyright sul film.[3]
In tali sistemi, infatti, si è diffusa da tempo la prassi secondo la quale, in caso di contrasti con il regista, è consentito far uscire la pellicola con un nome diverso da quello dell’effettivo regista permettendo, quindi, al produttore di non fare menzione dell’autore[4].
Nel nostro sistema una soluzione del genere non è praticabile in ragione del diverso rilievo conferito alla componente morale del diritto d’autore[5]. Componente che, ricordiamolo, non può essere l’oggetto di negozi giuridici.
La normativa nazionale, infatti, rafforza ulteriormente il concetto, già sufficientemente reso dagli artt. 20 e 22 LDA, laddove specifica che gli autori dell’opera hanno “…diritto che i loro nomi…omissis… siano menzionati nella proiezione della pellicola cinematografica…” (art. 48 “Menzione degli autori nella proiezione della pellicola”).
In questo preciso contesto si inserisce e deve essere contestualizzato il caso Brizzi/Warner.
E’ possibile qualificare la non menzione del regista nei credits del film come una modificazione consentita dall’autore (art. 22) o, al limite, dalla necessità di apportare adattamenti necessari per la realizzazione dell’opera cinematografica (art. 47)?
In primis chi scrive ritiene che non sia possibile richiamare il secondo comma dell’art. 22 per giustificare la soluzione affermativa. Ed infatti il Legislatore si è voluto, in tale contesto, riferire esclusivamente al profilo dell’integrità dell’opera e non al diritto all’attribuzione della paternità della stessa che, giova ricordarlo, ai sensi dell’art. 6 LDA si acquisisce – a titolo originario – con la creazione. Non avrebbe, pertanto, senso ritenere “modificabile” un diritto acquisito a titolo originario ed espressione del lavoro intellettuale.
Peraltro, con specifico riferimento al cinema, il combinato disposto dagli artt. 47 e 48 consente di escludere la possibilità di ricondurre la non menzione ad una modifica consentita per l’adattamento cinematografico. Il tema delle modifiche legittime all’opera è, infatti, oggetto della previsione dell’art. 47 di cui si è già parlato in precedenza: in tale disposizione, sintomaticamente, non si parla della possibilità di non menzionare l’autore.
Di contro il diritto alla menzione è stabilito, a chiare lettere, dall’art. 48 LDA.
Al contempo non sarebbe giuridicamente tutelabile un accordo produttore- regista con il quale, quest’ultimo, acconsentisse a non essere indicato come autore. L’autonomia contrattuale, ai sensi dell’art. 1322 c.c., non può contrastare con norme imperative come quella che, in materia, è dettata dall’art. 20, 22 LDA[6].
La considerazione del contesto normativo in esame ha indotto la Warner a rivedere le proprie iniziali decisioni e a dichiarare pubblicamente che il nome di Brizzi sarebbe stato regolarmente associato alla pellicola.
Con un primo comunicato stampa del 14 Novembre 2017[7] la Warner dichiarava l’estromissione del regista da ogni attività promozionale del film e la cessazione di ogni rapporto di collaborazione con lo stesso.
Il successivo 21 Novembre, però, il trailer ufficiale del film usciva senza menzione del regista, nemmeno citato tra autori del soggetto e sceneggiatura.
Sollecitata dai media la Warner dichiarava che il film in uscita il 14 Dicembre sarebbe stato associato anche all’autore romano in quanto “il diritto d’autore è un diritto inalienabile e naturalmente Warner Bros. Entertainment Italia lo preserverà nei titoli del film”.
La Warner, dunque, ha scelto una condotta intermedia.
Ma la decisione di Warner è in linea con la LDA?
La risposta al quesito non appare immediata in quanto, sotto tale profilo, il caso Brizzi si colloca nel mezzo di una disputa dottrinale.
In particolare se da un lato è legittimo e, pertanto, configurante una facoltà del produttore, decidere di non far ricorso agli autori per l’attività promozionale del film, sotto altro profilo si deve verificare come concretamente venga declinato tale diritto.
Le parti sono libere di accordarsi al riguardo con la più ampia libertà (rimanendo nell’alveo dell’art. 1322 c.c.).
In ogni caso, il produttore – come accennato – è considerato ex lege il titolare dei diritti “patrimoniali” sull’opera creativa e, pertanto, può organizzare l’attività promozionale e la comunicazione come meglio crede, fermi i limiti già affrontati in precedenza.
Dunque è legittimo, ad esempio, che il produttore decida di andare in promozione solo con l’immagine degli attori protagonisti. Nulla quaestio al riguardo.
Anche relativamente al trailer e alle locandine, come peraltro sovente accade, è possibile che figurino solo gli attori più importanti e non ci sia alcun riferimento alla componente autoriale.
Nel caso di specie, però, si è deciso, con finalità evidentemente ‘punitive’ e dimostrando un approccio decisamente poco garantista, di eliminare dal trailer ufficiale e dalla locandina, non tutta la componente autoriale, ma esclusivamente il nome di Brizzi.
In altre parole: nei credits[8] del trailer figurano gli autori delle musiche (Tommaso Paradiso e Matteo Cantaluppi), del soggetto (Marco Martani, non menzionato Fausto Brizzi) e della sceneggiatura (Marco Martani e Luca Vecchi, non menzionato Fausto Brizzi) senza che venga indicato il direttore artistico del film ovvero Fausto Brizzi.
A ben vedere, dunque, si è deciso di oscurare il lavoro del regista eliminando anche gli altri suoi apporti autoriali al soggetto e alla sceneggiatura.
Ad avviso di chi scrive, il caso Brizzi attiene alla sfera del diritto morale di competenza esclusiva dell’autore e non già ad un diritto di utilizzazione economica di cui è titolare il produttore.
L’incipit dell’art. 20 LDA (“…indipendentemente dai diritti esclusivi di utilizzazione economica dell’opera…ed anche dopo la cessione dei diritti stessi, l’autore conserva il diritto di …”) consente di affermare che, indipendentemente da ogni negozio giuridico posto in essere con il produttore, l’autore debba essere sempre identificato come tale dal pubblico. Tale diritto, sembra opportuno ripetersi, è inalienabile e irrinunciabile.
Nel caso in esame, invece, per il tramite del trailer e della locandina si è accreditata presso il pubblico una non veritiera attribuzione di paternità delle varie componenti dell’opera collettiva.
I credits, infatti, non si limitano a non menzionare la regia ma, come detto, eliminano il riferimento a Brizzi dal soggetto e dalla sceneggiatura (pur menzionando gli altri autori) accreditando l’idea che le suddette componenti siano attribuibili unicamente ai coautori Martani e Vecchi.
In altre parole, la condotta di Warner, nei fatti, si è tradotta nella negazione del diritto alla paternità dell’opera relativamente a Fausto Brizzi e non può essere derubricata a mera modifica o adattamento consentito.
Non si può non rilevare che menzionare l’autore esclusivamente all’atto della proiezione della pellicola nelle sale, potrebbe non essere sufficiente a ritenere salvaguardato il diritto alla paternità dell’opera. Aderendo a questa tesi non sarebbe tutelato il diritto morale d’autore erga omnes ma esclusivamente rispetto all’audience di sala mentre, rispetto a tutto il resto del pubblico raggiunto dalla campagna promozionale, il diritto morale ad essere riconosciuto “padre” dell’opera rimarrebbe irrimediabilmente violato.
Di contro, secondo il legislatore il diritto morale non può conoscere limitazioni di sorta.
***
Il caso Brizzi ha portato alla luce le differenze di sistema tra gli ordinamenti, come il nostro, modellati sul droit d’auteur di stampo francese e quelli mutuati dal copyright di richiamo statunitense ove il bilanciamento dei contrapposti interessi pende dalla parte del produttore[9].
Al produttore rimangono numerosi strumenti contrattuali per tutelare la sua “impresa” rispetto ad eventi che possano riguardare gli autori (si pensi alle cc.dd. “morality clauses” [10]) e garantirsi il risarcimento dei danni.
Senza, però, pregiudicare i diritti morali dell’autore per il tramite di approcci che non possono trovare applicazione nel nostro ordinamento giuridico.
[1] Sulla tassatività dell’elenco degli autori tutelati dalla LDA, cfr. Sentenza del 18 Marzo 2011 n. 5690 del Tribunale di Roma che, con relazione alla figura del direttore della fotografia, ha avuto modo di precisare che “…l’elenco dei soggetti che devono essere ritenuti autori dell’opera cinematografica contenuto nella disposizione di cui all’art. 44 L.633/41 deve considerarsi tassativo e non suscettibile di interpretazioni estensive.
[2] Con la direttiva 92/100/CEE del 19 novembre 1992, attuata nel nostro ordinamento dal D. Lgs. n. 685 del 16 novembre 1994, è stato inserito nella LDA il nuovo capo I-Bis “diritti dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento”. L’art. 78ter LDA conferisce al produttore il diritto <<esclusivo>> di: “…a) autorizzare a riproduzione diretta o indiretta, temporanea o permanente, in qualunque modo o forma, in tutto o in parte, degli originali e delle copie delle proprie realizzazioni; b) di autorizzare la distribuzione con qualsiasi mezzo, compresa la vendita, dell’originale e delle copie di tali realizzazioni. Il diritto di distribuzione non si esaurisce nel territorio della Comunità europea se non nel caso di prima vendita effettuata o consentita dal produttore in uno Stato membro; c) di autorizzare il noleggio ed il prestito dell’originale e delle copie delle sue realizzazioni. La vendita o la distribuzione, sotto qualsiasi forma, non esauriscono il diritto di noleggio e di prestito; d) di autorizzare la messa a disposizione del pubblico dell’originale e delle copie delle proprie realizzazioni, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente. Tale diritto non si esaurisce con alcun atto di messa a disposizione del pubblico…”
[3] Cfr. Lorenzo Gangarossa, Guida alla tutela dell’opera cinematografica, p. 225.
[4] Lo pseudonimo convenzionalmente utilizzato per “firmare” le pellicole in tali ipotesi di contrasto tra produttore e regista è Alan Smithee. Per una disamina delle pellicole attribuite a Smithee, cfr. http://www.imdb.com/name/nm0000647/
[5] Sul diverso approccio dei paesi che, come l’Italia, seguono il modello francese del droit d’auteur, cfr. Andrea Sirotti Gaudenzi, Il nuovo diritto d’autore, Maggioli Editore, p. 218.
[6] Per tale motivo si ritiene, in dottrina, che i contratti e/o patti di <<ghostwriting>> siano nulli per contrasto con norme imperative. Sul tema si veda Greco- Vercellone, i diritti sulle opere delle ingegno, Utet, 105; Auteri, il Diritto di autore, in Diritto industriale – Proprietà intellettuale e concorrenza, 575; Ricolfi, Il diritto d’autore, in Trattato di diritto commerciale, 475.
[7] Cosi si legge sul sito della casa di produzione “…Roma, 14 Novembre 2017… Warner Bros. Entertainment Italia ha deciso di confermare l’uscita del film “POVERI MA RICCHISSIMI” il prossimo 14 Dicembre, dato che questo film è il risultato della creatività, del lavoro e della dedizione di centinaia di donne e di uomini del cast e della produzione.
Warner Bros. Entertainment Italia prende molto seriamente ogni accusa di molestia o abuso e si impegna fermamente affinché l’ambiente di lavoro sia un luogo sicuro per tutti i suoi dipendenti e collaboratori.
Warner Bros. Entertainment Italia ha sospeso ogni futura collaborazione con Fausto Brizzi che non verrà associato ad alcuna attività relativa alla promozione e distribuzione del film “POVERI MA RICCHISSIMI…”.
[8] Cfr. https://www.comingsoon.it/film/poveri-ma-ricchissimi/54000/video/?vid=27791
[9] Il caso è stato affrontato, sotto il profilo del diritto d’autore, anche da Claudia Roggero (https://www.dandi.media/2017/11/la-tutela-del-credito-da-regista-di-fausto-brizzi) e da Eleonora Rosati (Can a film be released without mention of the name of its director?, su Ipkat del 12.11.2017, http://ipkitten.blogspot.it/2017/11/can-film-be-released-without-mention-of.html).
[10] Cfr. con riferimento all’uso delle suddetta clausole nel contratto del “testimonial”, Murelli Maria Cristina e Biarella Laura, Forme contrattuali atipiche per lo sfruttamento dei diritti della personalità, in Ventiquattrore Avvocato , n. 10, Ottobre 2017, 30 e ss.
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