Il Consiglio di Stato conferma la sentenza di primo grado in tema di obbligo di ricorrere alle clausole di un bando che hanno determinato l’esclusione in un appalto per il servizio di brokeraggio assicurativo
L’appellante deve difatti intendersi ormai estromessa dalla procedura, e come tale, di riflesso, priva della posizione legittimante che sarebbe necessaria a contestare la legittimità della gara al fine di provocarne una riedizione
Il consolidarsi dell’esclusione della ricorrente dalla gara si traduce infatti, giusta il ricordato chiarimento operato dall’Adunanza Plenaria, nell’inammissibilità anche dell’originario primo mezzo d’impugnativa (disatteso dal T.A.R., ma riproposto dall’appellante), che concerne la lamentata brevità del termine stabilito dal bando per la presentazione delle offerte.
La ricorrente non ha istituito alcuna relazione, del resto, tra la pur reclamata disponibilità di un termine più lungo per la presentazione delle offerte, e la possibilità da parte sua di conseguire il possesso degli incontestati requisiti di cui è risultata, invece, sprovvista a tempo debito
L’appellante oppone ora che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato il presente appalto come procedura sotto la soglia comunitaria. La gara doveva intendersi, invece, sopra la soglia, per la ragione che ai fini della determinazione del suo valore avrebbe dovuto tenersi conto anche delle provvigioni attese, che l’aggiudicatario avrebbe percepito in esecuzione del contratto
La difesa provinciale, però, ha esattamente rilevato che quello appena esposto integra un inammissibile motivo nuovo, proposto per la prima volta in appello
Passaggio tratto dalla decisione numero 2238 del 18 aprile 2012 pronunciata dal Consiglio di Stato
Come il primo Giudice ha evidenziato, la stessa Ricorrente s.r.l. in sede di gara aveva invero dichiarato di essere priva di alcuni requisiti di ammissione, tra cui quello del numero minimo di 5 unità di dipendenti, previsto dall’art. 5.2 lett. c) del capitolato con il presidio della comminatoria di esclusione recata dall’art. 1 sub n. 7 del disciplinare, ed aveva rifiutato, inoltre, di produrre le almeno due lettere di referenze bancarie prescritte anch’esse a pena di esclusione (art. 2, lett. c) del disciplinare) (cfr. gli all.ti 4 e 5 al ricorso di primo grado).
Nella sentenza appellata si è altresì osservato che le carenze appena indicate erano di per se stesse già sufficienti a fondare la disposta estromissione della ricorrente dalla procedura, e tuttavia non avevano formato oggetto di alcuna specifica censura. Le contestazioni svolte dalla ricorrente avevano difatti riguardato solo altri requisiti, quali quelli indicati nella precedente narrativa.
Rettamente il Tribunale ha quindi ritenuto che, anche ove fossero risultati fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso, la ricorrente nessuna utilità concreta ne avrebbe potuto comunque trarre, in quanto sarebbe rimasta in ogni caso pienamente valida ed efficace la sua esclusione, quale atto munito di più cause e già sufficientemente giustificato dalle carenze sopra identificate.
Come ha rimarcato la difesa provinciale, il non avere l’avversaria formulato contestazioni di sorta con riferimento alle deficienze prima ricordate ha comportato, pertanto, l’acquisizione da parte dell’esclusione del carattere di definitività. E questo senza che possa valere in contrario l’assunto della società, apparso solo nella memoria del 23 gennaio 2012 e del tutto immotivato ed apodittico, per cui l’illegittimità dei requisiti la cui prescrizione era stata, invece, contestata, avrebbe avuto la capacità di riverberarsi su ogni altro requisito contemplato dalla lex specialis.
Quanto precede lascia dunque già cogliere l’infondatezza dei motivi con cui l’appellante intende contestare la declaratoria di inammissibilità emessa dal primo Giudice.
2 La Ricorrente s.r.l. oppone, al riguardo, essenzialmente l’esistenza di un proprio interesse strumentale alla rinnovazione della gara.
L’argomento non può essere però condiviso.
L’appellante, per quanto si è detto, deve difatti intendersi ormai estromessa dalla procedura, e come tale, di riflesso, priva della posizione legittimante che sarebbe necessaria a contestare la legittimità della gara al fine di provocarne una riedizione.
Secondo il recente insegnamento della pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 42011, invero, la mera partecipazione (di fatto) ad una gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, poiché la situazione legittimante deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva. Pertanto la definitiva esclusione, oppure l’accertamento della illegittimità della partecipazione alla gara, impediscono di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare la procedura selettiva. Ed il positivo riscontro della legittimazione al ricorso, sempre secondo le puntualizzazioni dell’Adunanza Plenaria, è necessario tanto per far valere un interesse, cd. finale, al conseguimento dell’appalto, quanto per perseguire un interesse meramente strumentale diretto alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione.
3 Questa impostazione, oltre a smentire l’assunto dell’appellante, denota la fondatezza anche della più ampia eccezione della difesa provinciale circa la complessiva carenza di interesse della ricorrente rispetto a tutte le censure da essa svolte con il suo primitivo gravame.
Il consolidarsi dell’esclusione della ricorrente dalla gara si traduce infatti, giusta il ricordato chiarimento operato dall’Adunanza Plenaria, nell’inammissibilità anche dell’originario primo mezzo d’impugnativa (disatteso dal T.A.R., ma riproposto dall’appellante), che concerne la lamentata brevità del termine stabilito dal bando per la presentazione delle offerte. La ricorrente non ha istituito alcuna relazione, del resto, tra la pur reclamata disponibilità di un termine più lungo per la presentazione delle offerte, e la possibilità da parte sua di conseguire il possesso degli incontestati requisiti di cui è risultata, invece, sprovvista a tempo debito.
4 La Sezione solo per completezza fa notare, pertanto, che le contestazioni mosse in ordine al termine fissato dalla lex specialis per la presentazione delle offerte non sarebbero comunque suscettibili di un riscontro favorevole.
4a Il TAR ha respinto il primo motivo di ricorso con l’osservazione che, trattandosi di una procedura aperta per l’affidamento di un servizio di importo pari a € 180.000,00, ossia inferiore alla soglia comunitaria, il termine minimo tra la data di pubblicazione del bando e quella di scadenza per la presentazione delle offerte era, ai sensi dell’art. 124, sesto comma, lett. a), del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163, di quindici giorni, intervallo che risultava nella specie pienamente rispettato.
L’appellante oppone ora che il Tribunale avrebbe erroneamente qualificato il presente appalto come procedura sotto la soglia comunitaria. La gara doveva intendersi, invece, sopra la soglia, per la ragione che ai fini della determinazione del suo valore avrebbe dovuto tenersi conto anche delle provvigioni attese, che l’aggiudicatario avrebbe percepito in esecuzione del contratto.
La difesa provinciale, però, ha esattamente rilevato che quello appena esposto integra un inammissibile motivo nuovo, proposto per la prima volta in appello.
Rileva infatti la Sezione come con la doglianza appena delineata venga messa in discussione non la semplice congruità del termine assegnato ai concorrenti per presentare le loro offerte di gara, come in primo grado, bensì la connotazione che la Stazione appaltante aveva inequivocabilmente dato alla procedura, mediante la lex specialis, come appalto del valore di 180 mila euro e quindi sotto soglia, muovendosi alla Provincia la sostanziale censura innovativa di una falsa applicazione dell’art. 124, sesto comma, lettera a) del d.lgs. 12 aprile 2006 n. 163.
La formulazione della doglianza, quindi, al di là della sua intempestività, si trova in conflitto con il divieto posto, sulla scia dell’art. 345 cod. proc. civ., dall’art. 104 CPA (“Nuove domande ed eccezioni”), che al suo primo comma, a presidio del principio del doppio grado di giudizio e del valore della pienezza del relativo contraddittorio, recita : “Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande, fermo quanto previsto dall’articolo 34, comma 3, né nuove eccezioni non rilevabili d’ufficio.”
4b La società ha infine riproposto il rilievo di una violazione della previsione dell’art. 70, comma 1, del Codice (richiamato per gli appalti sotto soglia dall’art. 124), che, nell’occuparsi della fissazione dei termini da osservare per la presentazione delle offerte, configura quelli dettati dalle regole legali generali come intervalli solo minimi, e prescrive alle Amministrazioni di avere riguardo, in concreto, alla complessità della prestazione oggetto del contratto e al tempo ordinariamente necessario per preparare le offerte.
Il rilievo è privo di consistenza.
Viene assunto che il termine di 15 giorni accordato nella specie per la presentazione delle offerte sarebbe stato inadeguato. L’unico argomento addotto per suffragare la critica è, peraltro, quello che in occasione del precedente bando pubblicato dalla Provincia per l’affidamento del medesimo servizio, nel 2009, erano stati concessi 45 giorni. E sembra evidente come tale mero, singolo precedente non possa certo, di per sé solo, far reputare illogica qualsiasi diversa scelta amministrativa successiva, così in pratica precludendola, né dimostrare l’insufficienza in concreto dell’intervallo minimo previsto per gli affidamenti sotto soglia.
Ci si trova, in realtà, semplicemente di fronte a due scelte amministrative diverse, senza che l’appellante abbia fornito ragioni atte a spiegare perché alla prima di esse dovrebbe essere attribuita valenza di “norma” alla cui stregua giudicare la correttezza della seconda.
La doglianza si manifesta pertanto indimostrata.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento