Qualora l’ammontare di ricavi o compensi risultante dall’applicazione dei parametri sia superiore a quello attribuibile al contribuente in base allo studio di settore approvato per l’attività in esame, l’ufficio deve tener conto in sede di contraddittorio di quest’ultimo risultato ai fini della valutazione della posizione fiscale del contribuente che, può motivare e documentare idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione dei ricavi o compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri possono ritenersi in tutto o in parte giustificate.( vedi: le condizioni di salute del contribuente ).
Ø Z.M.ricorreva avverso l’avviso di accertamento emesso dall’Ufficio delle Imposte Dirette di Trani che avvalendosi delle procedure automatizzate previste dal D.P.C.M. 26/01/96, come modificato dal D.P.C.M. 27/03/97, aveva determinato per l’anno di imposta 1996 maggiori ricavi per £. 39.932.000 con le consequenziali derivazioni ai fini dell’ IRPEF, del contributo del S.S.N. e del contributo straordinario per l’Europa.
Chiedeva l’annullamento della pretesa fiscale .
Eccepiva in via preliminare l’incostituzionalità dell’art. 3 della L. 28/12/95 n. 549 in relazione agli artt. 23,24,53 e 95 della Carta Costituzionale,
1. Carenza di motivazione e violazione dell’art. 3 della L. 28/12/95 n. 549, da parte dei D.P.C.M. 29/01/96 e 27/03/97, nonché dell’atto impugnato per contraddittorietà manifesta ed eccesso di potere;
2. Violazione dell’art. 42 del D.P.R. 600/73 e dell’art. 3 della L.241/90 per vizio di motivazione.
Faceva presente che la posizione del ricorrente per l’anno di imposta 1996 elaborata con gli studi di settore risultava congrua ed opportunamente segnalata all’Ufficio Finanziario in sede di contraddittorio, unitamente all’inattendibilità dei parametri, non era stata tenuta in considerazione.
Ø l’Agenzia delle Entrate controdeduceva e , rivendicando la legittimità del proprio operato, chiedeva il rigetto del ricorso.
Ø Il 15/05/2003 la C.T.P.- accoglieva il ricorso, compensando comunque le spese.
Dopo aver preliminarmente osservato che l’atto impugnato era formalmente legittimo, non sussistendo motivi di illegittimità costituzionale,evidenziava che non vi era stata alcuna violazione di legge ed eccesso di potere in quanto l’avviso di accertamento indicava tutti gli elementi cui si era ispirato l’Ufficio per procedere alla rettifica dei redditi dichiarati dal contribuente per l’anno 1996.
Ravvisava invece, un difetto di motivazione dell’atto impugnato in quanto non evidenziava l’iter logico-giuridico compiuto dall’Ufficio che si era si era rifugiato nella applicazione dei calcoli matematico-statistici , senza esporre in motivazione le proprie eventuali deduzioni, nonché le ragioni che sottendevano tale comportamento.
Sottolineava che l’Ufficio aveva determinato i maggiori ricavi sulla base di parametri elaborati tenendo conto delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio dell’attività e tale unico elemento non poteva costituire, però, il fondamento della prova presuntiva così come delineata all’art. 2329 C.C., che fa invece, riferimento a più presunzioni tra loro concordanti.
Criticava che i parametri stabiliti con D.P.C.M. uniformemente per l’intero territorio nazionale non tenevano conto delle particolari zone e dei determinati momenti temporali per cui non potevano essere applicati in modo acritico, senza operare un minimo riscontro di tipo contabile e/o documentale e senza tener conto dell’effettiva situazione personale del contribuente nonché della realtà in cui lo stesso opera.
Osservava infine che dalla documentazione prodotta si evinceva che l’attività di parrucchiere per signora esercitata dal ricorrente aveva risentito della grave malattia che lo affliggeva e che inoltre gli stessi dati aziendali elaborati con gli studi di settore confermavano la congruità dei ricavi dichiarati.
Ø Il 19.7.2005 l’Ufficio proponeva appello, chiedendo oltre la riforma anche la condanna della controparte al pagamento delle spese del duplice grado del giudizio, in quanto a suo dire la sentenza era molto superficiale per la mancanza di esegesi della normativa sui parametri e perché un attento esame della documentazione prodotta dal ricorrente portava a conclusione diversa .
Sottolineava che l’istituto dell’accertamento, basato sui parametri ,rappresentava una procedura di accertamento presuntivo di massa, che autorizzava gli Uffici Tributari alla rettifica dei redditi di impresa di lavoro autonomo , prescindendo dall’esame delle scritture contabili e da accessi, una volta rilevato lo "scostamento" tra i ricavi dichiarati ed il conteggio derivante dall’applicazione dei parametri.
Rammentava che gli accertamenti parametrici non davano vita a presunzioni semplici che per essere prese in considerazione devono essere gravi precise e concordanti , bensì a presunzioni legali e che l’ art.39 1 ° comma lett."d" del DPR 600/73 , nel consentire la rettifica analitico – induttiva della dichiarazione annuale, recepisce i canoni di cui agli artt.2727 e 2729 del c.c. , " ( Cass. Sez. i n.12482 del 11/12/98 ) .
Nel riportare tutte le strategia di analisi utilizzate per l’identificazione dei parametri citava le Sentenza della Cassazione n. 5794 del 19.04.2001 e.2891 del 27.2.2000 che in tema di determinazione del reddito effettuata sulla base dei parametri , dispensa l’A.F. da qualunque ulteriore prova rispetto ai fatti indici di maggiore capacità contributiva e pone a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto sulla base dei parametri non esista o esista in misura inferiore.
Contestava che i giudici di prime cure avevano ritenuto sufficiente per annullare l’avviso di accertamento ,la mancanza di uno studio personale, di collaboratori e altre caratteristiche della attività, elementi questi assolutamente non esaustivi per l’applicazione dei parametri.
Sottolineava l’utra petita in cui erano incorsi i primi giudice nel esaminare la documentazione medica fornita dalla ricorrente all’ufficio in sede di contradditorio (prima della notifica dell’avviso di accertamento) e non richiamata on sede di ricorso e comunque tale documentazione faceva riferimenti ad eventi, ricoveri, cure e altri interventi che si erano verificati nell’anno 1999 e quindi non avevano potuto influenzare l’attività nel 1996 che nella dichiarazione dei redditi era stata indicata come esercitata in 365 giorni .
Ø Il 13.2.2006 l’ appellato controdeduceva e sottolineava la validità della sentenza stante la duplice prova che aveva fornito ( malattia e studi di settore) di segno opposto .
Ad abuntatiam oltre a contestare che l’Ufficio insisteva sulla legittimità del proprio operato, senza fornire alcuna argomentazione specifica, ma rifacendosi alla validità, in generale, delle risultanze dei parametri, evidenziava le ripercussioni subite per la grave malattia da cui era affetto
Rammentava che l’elaborazionedeglistudidisettoreponeva nelnullal’avvisodiaccertamento e che al riguardo il Ministero delle Finanze con la circolare n. 25/E aveva suggerito di abbandonare la pretesa fiscale in presenza di elaborati relativi a studi di settore.
L’art. 3 commi da 181 a 189 della Legge 28/12/1995 n. 549 ha previsto per certe categorie di contribuenti ed in presenza di determinate condizioni la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di determinare presuntivamente ricavi, compensi e volume d’affari attribuibili al contribuente in base alle caratteristiche e condizioni di esercizio della specifica attività svolta.
A tale scopo la legge ha previsto l’elaborazione da parte del Ministero competente di appositi parametri da approvarsi con D.P.C.M. su proposta del Ministro delle Finanze: così come è avvenuto per il D.P.C.M. 29/1/1996.
Non sembra esservi dubbio che sia le norme istitutive degli studi di settore, ed in particolare l’art. 62-sexies del D.L. 30/8/93 n. 331 convertito con modificazione con Legge 29/10/93 n. 427, che l’art. 3 comma 181 della Legge 28/12/95 n. 549, relativo all’utilizzo dei parametri, previsti per la determinazione presuntiva dei ricavi, compensi e volume d’affari, amplino le possibilità di accertamento analitico induttivo previsto dall’art.39 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 600/73, al quale fanno esplicito ed unico riferimento.
Appare, dunque, imprescindibile, che anche per l’applicazione delle metodologie settoriali e parametriche di accertamento, l’Ufficio debba preliminarmente esperire quelle indagini alle quali è facultato dagli artt.32 del ********* 600/73 e 51 del D.P.R. n. 633/72, e dalle quali devono emergere differenze sostanziali fra i dati raccolti e quelli contabilizzati e dichiarati dal contribuente.
In tal caso, dunque, è legittimo che l’Ufficio basi la determinazione del reddito anche su presunzioni semplici purché, tuttavia, le stesse siano secondo l’art. 2729 C.C. e lo stesso art. 39 comma 1 lett. d) gravi, precise e concordanti, al fine di risalire da un fatto noto ad un fatto ignorato.
Non sembra, che l’Ufficio nel caso in questione abbia fatto alcuna indagine sui documenti del contribuente ( fatture , ricevute fiscali ecc. ), pur essendo obbligato a farlo in quanto i parametri, non possono costituire essi stessi elementi sufficienti a motivare l’accertamento ma sono unicamente semplici indizi che, unitamente ed a completamento di altri elementi acquisiti dall’Ufficio, possono generare tutt’insieme presunzioni semplici aventi i caratteri della gravita, precisione e concordanza.
L’accertamento impugnato invece è stato fondato esclusivamente sulle risultanze di elaborazioni statistico – matematiche che, prescindono totalmente dalla effettiva capacità contributiva del contribuente, non possono costituire di per sé sole presunzioni gravi, gravi precise e concordanti, in violazione sia all’art. 53 della Costituzione, e sia all’art. 2729 C.C ( C.T.R. Puglia sez. III del 04/10/2005 n. 97).
La mancanza di qualunque rilievo sulla dichiarazione del contribuente nonché su qualunque altra inadempienza o violazione di norme fiscali impedisce il disconoscimento automatico del reddito e la sua rielaborazione con calcoli parametrici da sola non può mai assurgere a prova presuntiva. se confortate da altri indizi, assumono la natura di l’ultimo atto e non l’unico e il principale del procedimento di accertamento. ( Cass. n. 2891 del 27/2/02).
Il richiamo agli "altri indizi" non solo appare decisivo, ma non può che riferirsi a indizi specifici e ben determinati .
A tanto si aggiunge che il contribuente ha dimostrato ed i primi giudici ne hanno preso atto che gli studi di settore elaborati confermano la congruità dei dati denunciati .
Su questa affermazione l’ufficio nulla dice in appello.
Al riguardo questo Commissione rammenta che la circolare n. 25 del 14.3.2001, nel richiamare le istruzioni già fornite con circolari n.117/E del 13 maggio 1996 e n. 175/E del 2000, chiarisce che, qualora l’ammontare di ricavi o compensi risultante dall’applicazione dei parametri sia superiore a quello attribuibile al contribuente in base allo studio di settore approvato per l’attività in esame, l’ufficio deve tener conto in sede di contraddittorio di quest’ultimo risultato ai fini della valutazione della posizione fiscale del contribuente che, può motivare e documentare idoneamente le ragioni in base alle quali la dichiarazione dei ricavi o compensi di ammontare inferiore a quello presunto in base ai parametri possono ritenersi in tutto o in parte giustificate.( vedi nel caso in esame le condizioni di salute del contribuente ).
Esame e contraddittorio che nel caso in esame non vi è stato ( C.T.P. Torino sez. IV n. 45 del 19.4.2002 ).
In merito alla malattia che avrebbe inciso sull’attività del contribuente , nel premettere che i primi giudici non sono andati ultra petita in quanto hanno esaminato una documentazione sanitaria fornita dal ricorrente in sede di istanza di sospensione ex art 47 del D.lg 546/92 , dall’esame di tale documentazione si evince che il ricoveri in istituti non si sono verificati solo dall’anno 1999, ma le malattie hanno cominciato ad affliggere il contribuente sin dal 1981 e si sono accentuate nel 1990 e i ricoveri sono iniziati fin da febbraio 1997 ( e non solo dal 1999).
Per quanto riguarda le spese di giudizio la commissione ritiene che ricorrano giustificati motivi per la loro compensazione integrale fra le parti .
La Commissione , definitivamente pronunciando, rigetta l’appello come proposto. Spese compensate.
Il relatore Il Presidente
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