Le ultime consultazioni elettorali europee hanno confermato la tendenza del calo nell’affluenza alle urne, in particolare in Italia. Nel nostro Paese, poi, soprattutto nei ballottaggi per le ultime elezioni amministrative si è toccato il minimo storico. Si tratta di un fenomeno preoccupante che mette in serio pericolo le democrazie occidentali e di cui non si riesce a contrastare le cause. Si ritiene che solo una massiccia attività culturale da attuarsi nelle scuole di ogni ordine e grado e una modifica dell’art. 48 della Costituzione che sancisce che il voto è personale, uguale, libero e segreto potrà porre un argine a questo pericoloso fenomeno. Se questa tendenza sarà confermata, verrà disatteso il principio affermato nel primo articolo della nostra Carta costituzionale che sancisce che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Indice
1. Cenni sui sistemi elettorali
Il sistema elettorale costituisce l’insieme delle regole che disciplinano tutte le operazioni che precedono, accompagnano e seguono lo svolgimento delle elezioni; tuttavia, nel linguaggio corrente si parla più spesso di sistema elettorale in senso stretto con riferimento alla sola formula elettorale, cioè al meccanismo matematico impiegato per trasformare i voti in seggi.[1]
Va tuttavia sottolineato che i sistemi elettorali sono anche dei sistemi istituzionali che organizzano l’esercizio della sovranità popolare, perché la qualità di quest’ultima dipende anche dalle modalità istituzionali attraverso le quali essa può manifestarsi.
Inoltre, i sistemi elettorali condizionano la forma di governo, ovvero i rapporti che si costituiscono tra gli organi costituzionali (corpo elettorale, potere legislativo e potere esecutivo), in funzione di indirizzo politico, in quanto a seconda del sistema elettorale adottato cambia l’assetto politico istituzionale della forma di governo. Per questo motivo nella riforma costituzionale del premierato è stata scelta una formula di carattere maggioritario.
Ma soprattutto i sistemi elettorali incidono sul numero e sul ruolo dei partiti politici che partecipano alle elezioni, perché a seconda del sistema elettorale adottato si può determinare il formarsi di un bipartitismo o di un bipolarismo o di un multipartitismo temperato (come in Italia) o esasperato.
La distinzione di fondo è tra formule maggioritarie e formule proporzionali. Le prime attribuiscono i seggi ai candidati che hanno ottenuto la maggioranza dei voti, mentre le seconde operano una distribuzione dei seggi proporzionale al numero dei voti conseguito dalle varie liste; di regola, quindi, le formule maggioritarie vengono utilizzate in collegi uninominali, che assegnano quindi un unico seggio, mentre quelle proporzionali in collegi plurinominali, che distribuiscono più seggi.
Sin dalla seconda metà del secolo scorso, anche in Italia, si è sviluppata una polemica tra i sostenitori della superiorità del sistema proporzionale e quelli del sistema maggioritario con connotazioni ideologiche. I primi hanno come punto di riferimento l’esigenza della rappresentatività, i secondi quella della governabilità.
Tali esigenze, spesso conflittuali, devono essere contemperate (come sostanzialmente avviene con l’attuale sistema elettorale italiano, il c.d. Rosatellum bis) e comunque devono essere adeguate al contesto politico – istituzionale di ogni paese e al raggiungimento dello scopo che si intende conseguire.
In Italia tendenzialmente le forze politiche di sinistra e il movimento 5stelle propugnano un sistema proporzionale, più volte suggerito dalla Corte Costituzionale[2]; mentre quelle di destra sono favorevoli ad un sistema maggioritario, fatta eccezione per il partito Forza Italia che invece è favorevole ad un sistema proporzionale. Comunque, in sede di approvazione del disegno di legge costituzionale sulla riforma del premierato è stato scelto un sistema maggioritario a turno unico con un premio di maggioranza e con una soglia minima ancora da definire.[3]
In Italia attualmente è in vigore la legge 3 novembre 2017, n. 165, la quale reca “modifiche al sistema di elezione della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica” e attribuisce una delega al Governo per la determinazione di collegi uninominali e plurinominali (c.d. Rosatellum bis – dal nome del parlamentare Ettore Rosato); si tratta dell’ottavo modello elettorale dall’istituzione della Repubblica e non si può escludere che in caso di mancata approvazione della riforma sul premierato possa continuare a restare in vigore.
La legge dà luogo a un sistema misto che prevede presso ciascuna camera l’attribuzione di un terzo dei seggi nell’ambito dei collegi uninominali con formula maggioritaria e i restanti due terzi attribuiti con criterio proporzionale all’interno dei collegi plurinominali risultanti dall’aggregazione dei collegi uninominali contigui.
Inoltre, vi è la possibilità per i partiti di partecipare alle elezioni o con singole liste o in coalizioni di liste; non è consentito il voto disgiunto per l’elettore; sono previste poi norme specifiche per la circoscrizione estero.
La disciplina elettorale nazionale si caratterizza quindi come sistema misto maggioritario-proporzionale, a prevalente componente proporzionale, fondato su liste bloccate e particolarmente corte, nonché, per la parte proporzionale, sull’impossibilità per l’elettore di esprimere un voto di preferenza.
Si tratta, inoltre, di un sistema elettorale, in virtù del quale i seggi sono attribuiti alle liste o coalizioni che abbiano conseguito rispettivamente almeno il 3% ed il 10% dei voti validi espressi sul piano nazionale (soglia o clausola di sbarramento).
Per quanto concerne la disciplina del sistema elettorale delle elezioni europee la stessa è contenuta nella legge n.18/1979 modificata e integrata da provvedimenti successivi tra cui la legge n.10/2009. In sintesi, il sistema elettorale europeo è un sistema proporzionale con soglia di sbarramento del 4% e possibilità di voto di preferenza (3); i seggi sono assegnati nel collegio unico nazionale, a liste concorrenti presentate nell’ambito di 5 circoscrizioni molto ampie. Sono ammesse le pluricandidature in tutte le cinque circoscrizioni.
Con riferimento alle elezioni regionali l’art. 122, primo comma, Costituzione prevede che “il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale, nonché dei Consiglieri regionali, sono disciplinati con legge dalla Regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, che disciplina anche la durata degli organi elettivi”.
La legge n. 165/2004, come modificata dalla legge n. 20/2016, stabilisce i principi fondamentali ai quali deve attenersi la Regione nel disciplinare la materia e riserva allo Stato la definizione dei casi di ineleggibilità e di incompatibilità di componenti di organi costituzionali e di appartenenti ad amministrazioni od enti pubblici statali.
In particolare l’art. 4 della citata legge n. 165/2004statuisce che le Regioni disciplinano con legge il sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali nei limiti dei seguenti princìpi:
a) individuazione di un sistema elettorale che agevoli la formazione di stabili maggioranze nel Consiglio regionale e assicuri la rappresentanza delle minoranze;
b) contestualità dell’elezione del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio regionale, se il presidente è eletto a suffragio universale;
c) divieto di mandato imperativo”.
Per quanto concerne le elezioni comunali, nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, l’elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario contestualmente all’elezione del Sindaco (art. 71 TUEL).
Con decreto legge n.7 in data 29 gennaio 2024, convertito in legge 25 marzo 2024, n. 38, è stato innalzato da due a tre mandati il limite di permanenza del Sindaco dei Comuni che hanno tra i 5.000 e i 15.000 abitanti ed è stato eliminato ogni limite di mandato per quelli sotto i 5.000 abitanti.
In tali Comuni ciascuna candidatura alla carica di Sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di Consigliere comunale, comprendente un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
Nei Comuni, invece, con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, è proclamato Sindaco il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi (50% + 1); se nessun candidato ottiene tale maggioranza, si procede al ballottaggio fra i due candidati alla carica di Sindaco che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti; in caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età.
E’ proclamato eletto Sindaco il candidato che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato Sindaco il candidato più anziano di età.
Il disegno di legge AS 935, invece, che si occupa della Riforma del premierato, approvato dal Consiglio dei Ministri il 3 novembre 2023, è stato presentato dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e dal Ministro delle Riforme Istituzionali e la semplificazione normativa Maria Elisabetta Casellati il successivo 23 novembre e in data 18 giugno 2024 è stato approvato dal Senato; attualmente è all’esame della Camera dei deputati (in materia, consigliamo l’articolo Ddl sul premierato: arriva l’approvazione del Senato).[4] Il cuore della riforma costituzionale è rappresentato dall’articolo 5 che sostituisce l’articolo 92 della Costituzione: il governo della Repubblica è composto dal presidente del Consiglio e dai ministri, che costituiscono insieme il Consiglio dei ministri. Si introduce, poi, la previsione dell’elezione del presidente del Consiglio dei ministri contestualmente al Parlamento a suffragio universale diretto per cinque anni, fissando un limite al numero dei mandati: può essere eletto per non più di due legislature consecutive, elevate a tre qualora nelle precedenti abbia ricoperto l’incarico per un periodo inferiore a sette anni e sei mesi. E’ prevista anche l’assegnazione di un premio di maggioranza su base nazionale che garantisca, in ciascuna delle Camere, una maggioranza dei seggi alle liste e ai candidati collegati al presidente del Consiglio eletto, fermo restando il rispetto del principio di rappresentatività e di tutela delle minoranze linguistiche.[5] Tuttavia, la scelta del premio di maggioranza e della soglia minima è stata rinviata ad una legge elettorale ordinaria che verrà presentata nel prossimo autunno e si ritiene che potrebbero esserci divergenze tra le forze di maggioranza.
2. Il calo nell’affluenza alle urne
Il calo nell’affluenza alle urne è divenuto ormai un fenomeno globale, tranne in alcuni Stati autocratici, come la Russia in cui nelle ultime elezioni del marzo 2024 si è raggiunta la percentuale fittizia del 77,49% a causa di brogli elettorali e l’uso della violenza da parte delle forze di polizia.
Nella stessa Iran, nelle elezioni per il rinnovo del Parlamento del 2 marzo 2024, si è registrata un’affluenza ai minimi storici in quanto solo il 41% degli elettori è andato a votare. Si tratta del più alto dato di astensionismo registrato nella Repubblica islamica: il precedente minimo storico era al 42,5% nelle elezioni parlamentari del 2020, mentre nelle precedenti consultazioni del 2016 l’affluenza era a circa il 62% degli aventi diritto al voto.[6] Nelle successive elezioni presidenziali del 5 luglio 2024, indette a seguito della morte avvenuta a maggio 2024 del presidente Raisi, l’affluenza di elettori al ballottaggio è stato in aumento, rispetto al primo turno in cui aveva votato nella capitale il 33% degli elettori attestandosi, al 40% degli elettori aventi diritto.
Anche negli Stati Uniti il livello della partecipazione elettorale di solito è basso (circa il 50% dei potenziali elettori per le elezioni presidenziali e ancora meno per quelle parlamentari), anche a causa meccanismo per cui l’iscrizione nelle liste elettorali non avviene ope legis, ma solo su richiesta dell’interessato.[7] Si deve tuttavia rilevare che nelle ultime elezioni del 2020 si è registrata l’affluenza più alta da un secolo, con il 67% degli americani alle urne per l’Election day.
Invece nelle ultime elezioni in Francia, al turno di ballottaggio, con una posta in gioco così alta, gli elettori si sono presentati in massa. Infatti, l’affluenza alle urne è stata del 67,1 %, la più alta dal 1997 e di gran lunga superiore al 46,2% del 2022.
In Italia si assiste a un progressivo allontanamento degli elettori dalle competizioni elettorali.
Un primo significativo segnale si è avuto con le elezioni politiche del 25 settembre 2022 che hanno visto il dato degli elettori in ribasso rispetto alle precedenti elezioni in tutte le regioni d’Italia e il fattore astensionismo ha inciso notevolmente sui risultati. Alla vigilia delle elezioni si temeva che i numeri sull’astensionismo sarebbero stati uno dei temi più rilevanti. E ciò in primis per il dato nazionale, poi per i dati del Sud Italia e delle Isole, infine per i giovani con i diciottenni che per la prima volta votavano anche per il Senato. Rispetto all’elezione del 2018, i dati sono impietosi specie al Sud e nelle Isole. Infatti ha votato il solo 63,94% degli aventi diritto. L’affluenza è quindi stata ai minimi storici con il calo di circa 10 punti: nella precedente tornata elettorale del 2018 si era recato alle urne il 73,83% degli elettori per la Camera. Solo tre Regioni si sono attestate al 70%, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, nonostante abbiano peggiorato il risultato del 2018.
Se si esaminano, poi, i risultati delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno 2024 il fenomeno è stato ancora più grave, in quanto il dato definitivo dell’affluenza è stato del 49,69%. E si rileva anche una grande differenza tra Nord e Sud. Infatti nella circoscrizione I Italia nord-occidentale l’affluenza è stata del 55,09%, nella circoscrizione II dell’Italia nord-orientale del 53,96% e nella circoscrizione IV dell’Italia Meridionale del 43,72%, mentre nell’Italia insulare è stata del 37,77%. Tuttavia, è proprio nella circoscrizione V delle Isole che si è registrato un lieve aumento rispetto alle elezioni europee precedenti; infatti nel 2019 l’affluenza era stata del 37, 20%. In forte calo, invece, sono state tutte le altre circoscrizioni, soprattutto quelle del nord Italia.
Non è andata meglio alle ultime elezioni comunali dell’8 e 9 giugno scorsi. Infatti l’affluenza definitiva per i ballottaggi è crollata ulteriormente rispetto al primo turno, quando il 53.21% dei votanti si era recato alle urne. Il dato è infatti bassissimo: in tutta Italia; in media, ha votato solamente il 37% degli aventi diritto. Si tratta di un dato particolarmente basso che ci mostra come circa una persona su tre si sia recata a votare per scegliere i propri rappresentanti in Comune. La percentuale di votanti più alta si registra in Umbria: qui il 46.53% ha votato, seguita dalle Marche e poi dalla Basilicata. La percentuale più bassa è invece quella della Liguria dove ha votato solamente il 31.56% degli aventi diritto. Significativo è il caso di Bari dove hanno votato poco più di tre elettori su dieci. A “vincere”, ancora una volta, è stato l’astensionismo.
3. Conclusioni
Il calo dell’affluenza alle urne è un fenomeno gravissimo che coinvolge quasi tutte le democrazie occidentali. Infatti, l’intervento popolare in uno Stato di democrazia liberale viene avvertito come il tentativo di ristabilire il circuito di fiducia tra il popolo e il potere; di rendere concreta la partecipazione popolare alla determinazione dell’indirizzo politico dello Stato ponendo fine alla democrazia senza il popolo; di frenare le oligarchie proprie dei partiti politici; di garantire una stabilità governativa in grado di realizzare un proprio indirizzo politico.
Il principio della sovranità popolare nelle democrazie liberali richiede, quindi, l’applicazione di un sistema di governo fondato sulla legittimazione diretta dove gli stessi elettori vengono chiamati a pronunciarsi, al momento del voto, su programmi, schieramenti e governi alternativi. Dove cioè gli elettori siano messi in condizione di partecipare direttamente alla formazione di un governo, che li dovrà rappresentare nonché guidare attraverso le scelte politiche che gli competono e sulle quali avrà avuto il consenso maggioritario dell’elettorato.[8]
Tuttavia, secondo gli analisti e i sondaggisti si tratta di un fenomeno che non può che rafforzarsi se non arriveranno novità vere capaci di ristabilire la fiducia.
Infatti, secondo alcuni autori il fenomeno dell’astensionismo è fisiologico e inarrestabile a meno che si verifichi un’inversione significativa dell’offerta politica. Quindi o ci sarà un potente cambio di paradigma e l’offerta politica diventerà consistente rientrando in sintonia con l’elettorato oppure anche alle prossime elezioni ci sarà un’astensione sempre più forte. Siamo quindi di fronte a un tracollo di partecipazione al voto che ha ragioni strutturali dovute al fatto che negli ultimi anni è in grande crescita il numero di persone che sentono che il loro voto non incide e quindi pensano che non valga più la pena di votare.
In Italia le cause di questo fenomeno sono molteplici, ma possono ricondursi sostanzialmente a due tipologie: la sfiducia da parte dei cittadini elettori nei confronti delle istituzioni e la mancanza di senso civico. Poi ci sono anche ragioni più contingenti come la percezione delle istituzioni che sono viste lontane dai cittadini.[9]
Per cercare di contrastare questo atteggiamento nel lungo periodo si ritiene indispensabile prevedere nelle scuole di ogni ordine e grado delle ore di legalità che affrontino le problematiche più rilevanti dal punto di vista sociale: la criminalità minorile, i femminicidi, l’educazione stradale e l’importanza del voto. Ma nonostante si parli da tempo dell’istituzione di queste ore, né il Ministero dell’istruzione, né il ministero dell’università e della ricerca hanno concretamente previsto nei programmi scolastici queste materie di insegnamento.
Inoltre, nell’immediato, dovrebbero essere previsti degli incentivi al voto, come ad esempio richiedere l’adempimento nelle ultime consultazioni elettorali nazionali ed europee per accedere ai concorsi nella pubblica amministrazione e nelle progressioni di carriera per i dipendenti pubblici. Infatti, già l’art. 48 della Costituzione, al secondo comma, statuisce che “[…Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico…]”. Ma per attuare la citata proposta sarebbe necessaria, de jure condendo, una modifica alla disciplina costituzionale, prevedendo, dopo il secondo comma dell’art. 48 Cost., una norma del seguente tenore: “[…La Repubblica, con legge dello Stato, stabilisce gli interventi per dare attuazione al citato dovere civico…]”.
Anche la stessa legge costituzionale sul premierato, che istituisce un sistema elettorale probabilmente a turno unico con un premio di maggioranza e con una soglia minima che saranno definite dalla legge elettorale ordinaria, andrà probabilmente incontro alle stesse problematiche del calo di affluenza nelle votazioni elettorali. E il vulnus in tale ipotesi sarà ancora più rilevante perché con una affluenza minima si consentirà ad una minoranza politica di governare per cinque anni trattandosi di un sistema fortemente maggioritario.
In sintesi, il calo dell’affluenza elettorale in Italia è un fenomeno complesso, determinato da una molteplicità di fattori. La sfiducia nelle promesse elettorali disattese, la sensazione di impotenza appresa, la mancanza di senso civico e la perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni sono tutti elementi che contribuiscono a comprendere questa disaffezione. Per invertire la tendenza, sarà necessario un profondo ripensamento del rapporto tra politica e cittadini, con un ritorno alla trasparenza, alla coerenza e alla partecipazione attiva, ma sarà necessaria anche l’adozione di misure concrete che possano attenuare un fenomeno che, lentamente, sta uccidendo le nostre democrazie liberali limitando notevolmente la portata del principio affermato nel primo articolo della nostra Carta costituzionale che sancisce che la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
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Note
[1] G. Morbidelli, L. Pegoraro, A. Rinella, M. Volpi, Diritto pubblico comparato, Giappichelli, Torino, 2016.
[2] cfr. sentenza n. 1/2014 della Corte Costituzionale.
[3] P. Gentilucci, Il possibile presidenzialismo in Italia, in Altalex del 25 agosto 2022.
[4] P. Gentilucci, Ddl sul premierato: arriva l’approvazione del Senato, in Diritto.it del 20 giugno 2024.
[5] Redazione, Premierato, che cos’è e cosa prevede il nuovo ddl: dal premier eletto dal popolo allo stop dei senatori a vita, cosa cambia ora, in il Messaggero del 19 giugno 2024.
[6] A. Alba, Astensione record in Iran, solo il 41% alle urne, affluenza mai così bassa nella storia, in Rai News del 2 marzo 2024.
[7] G. Morbidelli, L. Pegoraro, A. Rinella, M. Volpi, Diritto pubblico comparato, cit.
[8] T.E. Frosini, Diritto pubblico comparato, il Mulino, pag. 139.
[9] E. Minucci, Ecco perché gli italiani non vanno più a votare (e se non cambia il paradigma politico continueranno a disertare le urne), in La Stampa del 13 febbraio 2023.
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