È responsabile il condominio per l’insufficiente calore nell’appartamento del singolo condomino causato dal malfunzionamento dell’impianto composto da serpentine a pavimento.
riferimenti normativi: art. 2051 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Trib. Milano, Sentenza del 27/05/1993
Indice
1. La vicenda
Un condomino, proprietario di un alloggio al piano rialzato di un caseggiato con serpentine a pavimento, lamentava un’insufficiente temperatura durante l’inverno, mentre ai piani alti del medesimo condominio le temperature risultavano addirittura troppo elevate; poiché il condominio non aveva realizzato nessun intervento il condomino incaricava, a sue spese, un tecnico impiantista, il quale redigeva la propria perizia dalla quale emergeva che le cause del cattivo funzionamento dell’impianto di riscaldamento (in relazione alla porzione insistente sotto l’alloggio di proprietà dell’attore) erano riconducibili al cattivo stato delle finestre dello scantinato, alla mancanza di coibentazione isolante tra il piano cantina ed il piano rialzato e soprattutto alla mancata irradiazione di calore dalle serpentine a pavimento dovuta, a sua volta, dall’accumularsi negli anni di detriti e fanghi verso i piani più bassi. Alla luce di quanto sopra lo stesso condomino citava in giudizio il condominio per sentirlo condannare al pagamento in suo favore del costo della detta perizia, nonché alla realizzazione tempestiva di tutte le opere necessarie a consentire il pieno e corretto godimento della sua proprietà. Il condominio chiedeva il rigetto della domanda per inapplicabilità dell’art. 2051 c.c., assumendo che l’attore, in qualità di condomino, è pro quota custode del bene comune, con le ovvie ed inevitabili conseguenze in punto di legittimazione e concorso nella causazione del danno ex art. 1227 c.c.
2. La questione
È responsabile il condominio per l’insufficiente calore nell’appartamento del singolo condomino causato dal malfunzionamento dell’impianto composto da serpentine a pavimento?
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3. La soluzione
Il Tribunale ha dato ragione al condomino. La CTU, infatti, ha messo in evidenza che il malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento lamentato dalla parte attrice è attribuibile al formarsi, nel tempo, di una considerevole quantità di depositi (incrostazioni) quali, fanghi, calcare, ossidi di ferro e detriti derivanti da successive corrosioni, formazioni microbiologiche. Come ha notato il Tribunale, tale fenomeno (divenuto cronico) ha creato ostruzioni più importanti che hanno portato, negli anni, al malfunzionamento generale dell’impianto manifestandosi, in misura maggiore, negli alloggi cosiddetti più “sfavoriti”, come quello dell’attore. Attraverso la CTU quindi è stato provato il danno ed il nesso di causalità tra il danno ed il cattivo funzionamento dell’impianto comune. Al contrario il convenuto condominio non aveva dimostrato la sussistenza del caso fortuito che lo avrebbe reso estraneo dalla propria responsabilità nei confronti dell’attore.
4. Le riflessioni conclusive
In linea generale iI singolo condomino può agire a norma dell’art. 2051 c.c. nei confronti del condominio per il risarcimento dei danni sofferti per il cattivo funzionamento di un impianto comune o per la difettosità di parti comuni dell’edificio – dalle quali provengono infiltrazioni d’acqua pregiudizievoli per gli ambienti di sua proprietà esclusiva – ponendosi quale terzo nei confronti del condominio stesso, tenuto alla custodia ed alla manutenzione delle parti e degli impianti comuni dell’edificio (Cass. civ., sez. III, 11/02/1987, n. 1500). Se, per un difettoso funzionamento dell’impianto, all’interno di un appartamento la temperatura risulta decisamente inferiore rispetto agli altri dello stesso caseggiato, il condomino interessato ha diritto di chiedere che vengano prese le misure necessarie, anche nel caso in cui occorra affrontare una spesa consistente.
Se è stato nominato, sarà l’amministratore a doversi attivare in quanto, in considerazione dell’incarico ricevuto, è tenuto a disciplinare l’uso delle cose comuni e la prestazione dei servizi nell’interesse comune in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a tutti i condomini. Va ricordato che il singolo condomino non è titolare di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica nei confronti del condominio con riguardo all’utilizzazione dei servizi comuni e che, pertanto, non può sottrarsi dal contribuire alle spese di gestione del servizio di riscaldamento centralizzato in proporzione ai millesimi, lamentando la mancata o insufficiente erogazione di quel servizio e non può neppure proporre un’azione di danno contro il condominio che non ha promosso un’azione contrattuale nei confronti dell’impresa installatrice dell’impianto (Cass. civ., Sez. Un., 26/11/1996, n. 10492). In sostanza, l’esonero dal pagamento dei contribuiti, è consentito solo se l’impianto centralizzato, per ragioni strutturali, escluda totalmente il condomino dal relativo servizio, mentre, nel diverso caso in cui venga dedotto un insufficiente grado di riscaldamento dell’unità immobiliare, a causa della colpevole inerzia del condominio nel provvedere alla riparazione dell’impianto, il condomino che si ritiene da ciò danneggiato, può pretendere solo il risarcimento del danno.
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