Calunnia (368 c.p.) e autocalunnia (369 c.p.)

Indice:

1.1 Disciplina comune

1.2 Calunnia (art. 368 c.p.)

1.3 Autocalunnia (art. 369 c.p.)

1.1 Disciplina comune

Le fattispecie delittuose della calunnia (art. 368 c.p.) e dell’autocalunnia (art. 369 c.p.) trovano sede nel libro secondo del codice penale – Dei delitti in particolare – Titolo III – Dei delitti contro l’amministrazione della giustizia  Capo I – Dei delitti contro l’attività giudiziaria. Tali norme sono poste a tutela della corretta amministrazione della giustizia, di modo che gli organi preposti all’accertamento ed alla repressione dei reati non vengano messi in moto inutilmente, determinando uno spreco di personale, tempo e risorse.

1.2 Calunnia (art. 368 c.p.)

L’articolo in commento tutela non solo l’amministrazione della giustizia interna, ma anche la giurisdizione penale internazionale da parte della Corte dell’Aja. La norma dispone che “Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all’autorità giudiziaria o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni..

La norma delinea un reato plurioffensivo, dato che il bene giuridico tutelato, oltre che la corretta amministrazione della giustizia, risulta essere anche l’onore e la libertà personale della persona  – innocente – ingiustamente e falsamente incolpata. Circa la natura plurioffensiva del reato è la giurisprudenza sostiene che «…lede non solo l’interesse primario dello Stato, soggetto passivo principale, alla corretta amministrazione della giustizia, ma anche il diritto all’onore dell’incolpato, che assume la veste di concorrente persona offesa e che, in quanto tale, è legittimato all’opposizione alla richiesta di archiviazione del relativo procedimento» (Cass. 10535/2007). La calunnia è un reato di pericolo che si configura anche in assenza di una condanna o dell’instaurazione del processo a carico della persona incolpata, essendo sufficiente la possibile instaurazione di un processo penale a suo carico ovvero la mera possibilità che l’autorità competente possa attivarsi con la finalità di reprimere il reato addebitato falsamente. Giova ricordare come la fattispecie delittuosa sia configurabile nel momento in cui viene attribuito un fatto diverso è più grave da quello commesso, effettivamente, dall’incolpato. Il soggetto agente deve accusare una persona che egli sappia essere innocente. Data la frazionabilità della condotta è configurabile il tentativo (art. 56 c.p.). Secondo alcune pronunce della Corte di Cassazione per la sussistenza del dolo è richiesta l’assoluta certezza che l’incolpato sia innocente, in modo che un errore sul punto varrebbe ad escludere la punibilità del soggetto agente. Invece, secondo un altro orientamento, l’errore sulla consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, esclude la punibilità solo se basata su elementi tali da essere idonei a generare nel soggetto agente un dubbio ragionevole sulla colpevolezza dell’accusato.

Infine, anche se il fatto deve essere inesistente, o non commesso dal soggetto, ingiustamente, additato come colpevole, va esclusa la rilevanza penale della condotta qualora il fatto simulato o denunciato sia privo di tipicità (ovvero non integra gli estremi di alcun reato) o vi sia una causa di esclusione della punibilità o di giustificazione.

Con riguardo al profilo oggettivo, la calunnia, può configurarsi in due forme distinte:

1) calunnia formale (diretta): che si configura nel momento in cui si formula una falsa accusa a carico della persona ingiustamente incolpata nelle forme previste della querela, della denuncia o dell’istanza indirizzata all’attenzione dell’autorità giudiziaria;

2) calunnia reale (indiretta o materiale): che si configura nel momento in cui il soggetto attivo (o soggetto agente) simula le tracce di un reato, creando falsi indizi materiali, a carico del soggetto passivo (ingiustamente incolpato) e specificamente individuato, indirizzando verso quest’ultimo le attenzioni dell’autorità giudiziaria.

Il reato in commento denota diversi punti di contatto simili alla simulazione di reato – art. 367 c.p. – (Leggi l’articolo https://www.diritto.it/simulazione-di-reato-e-procurato-allarme-preso-lautorita/), al punto che parte della dottrina li tratta in maniera onnicomprensiva (insieme all’autocalunnia) sotto la locuzione unitaria di “reati di falsa denuncia”. In merito al rapporto sussistente tra simulazione di reato (art. 367 c.p.)  e la calunnia indiretta, nel caso di false accuse senza specifica indicazione del responsabile la Cassazione ha statuito che “Il delitto di calunnia sussiste anche quando l’incolpazione venga formulata attraverso la simulazione a carico di una persona, non specificamente indicata ma identificabile, delle tracce di un determinato reato – nella forma, cioè, della incolpazione cosiddetta reale o indiretta – purché la falsa incolpazione contenga in sé gli elementi necessari e sufficienti all’inizio dell’azione penale nei confronti di un soggetto univocamente e agevolmente identificabile” (Cass. n. 4537/09). Inoltre, “ La falsa denuncia di smarrimento di un assegno, presentata dopo la consegna del titolo da parte del denunciante ad altro soggetto, integra il delitto di calunnia cosiddetto formale o diretta; mentre, ove la denuncia di smarrimento venga presentata prima di suddetta consegna, integra il delitto di calunnia cosiddetta reale o indiretta, a condizione, tuttavia, che risulti dimostrata la sussistenza di uno stretto e funzionale collegamento, oggettivo e soggettivo, tra la falsa denuncia e la successiva negoziazione, diversamente integrandosi il meno grave illecito di simulazione di reato” (Cass. n. 3910/2009). Infine, in merito ai pubblici ufficiali “Integra il delitto di calunnia la condotta dell’appartenente alle forze dell’ordine che redige un’annotazione di servizio con la quale riferisce la commissione di più episodi delittuosi, pur essendo consapevole della falsità di alcuni di essi”. (Cass. n. 45821/2018).

1.3 Autocalunnia (art. 369 c.p.)

La fattispecie delittuosa dell’ autocalunnia è prevista dalla legge per tutelare l’efficiente e corretta amministrazione della giustizia, in modo che un innocente non subisca conseguenze legate da una falsa accusa, anche se rivolta contro se stesso e contemporaneamente evitare che gli organi preposti all’accertamento ed alla repressione dei reati vengano messi in moto inutilmente. Il reato di autocalunnia è commesso, quindi, quando taluno incolpi la propria persona come autore di un reato, pur essendo consapevole di non aver commesso nessun fatto penalmente rilevante.

L’autocalunnia può realizzarsi secondo due diverse modalità tra loro alternative:

1) autocalunnia propria, resa attraverso dichiarazione scritta o orale (anche anonimamente) all’autorità giudiziaria;

2) autocalunnia impropria, commessa attraverso confessione  resa innanzi all’autorità giudiziaria.

In merito al reato in commento giova, comunque, ricordare che va esclusa la rilevanza penale della condotta quando il fatto sia privo di tipicità (non integrando gli estremi di nessun reato, reato impossibile (-art. 49 c.p.-) o vi sia una causa di esclusione di punibilità o di giustificazione. La giurisprudenza ritiene configurabile in reato anche qualora vi sia stata la ritrattazione.
Inizio moduloNel delitto di autocalunnia la “ritrattazione” dell’incolpazione è idonea ad elidere l’offensività dell’azione solo se interviene senza soluzione di continuità con la presentazione della falsa denuncia e nel medesimo contesto, prima cioè che l’amministrazione della giustizia sia in qualche modo sviata od ostacolata; in tal caso, viene meno il carattere lesivo della stessa condotta auto calunniatrice per inidoneità dell’azione, ai sensi dell’art. 49 c.p.
Non è esclusa la punibilità del delitto di autocalunnia nel caso in cui, anche prima del giudizio, intervenga la spontanea “ritrattazione” dell’incolpazione, trattandosi di un post factum rispetto ad un reato che si è già perfezionato con la presentazione della denuncia alla polizia giudiziaria”.
(Cass. n. 37016/2003)

 

Avvocato Rosario Bello

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