Gli inquilini che abitano un appartamento a titolo di locazione ad uso abitativo si trovano molto spesso a dover versare al proprietario un canone di affitto di importo superiore rispetto a quello pattuito nel contratto di locazione. In sostanza, il contratto di locazione, regolarmente stipulato e registrato presso l’Agenzia delle Entrate, indica un canone di importo inferiore rispetto a quello realmente stabilito tra le parti mediante un accordo occulto, antecedente o successivo alla stipula. Ci si chiede, pertanto, qualora il l’inquilino non dovesse adempiere all’importo previsto dall’accordo simulato, il proprietario dell’appartamento può procedere nei suoi riguardi e, dunque, recuperare la somma mediante decreto di ingiunzione e successiva ordinanza di convalida di sfratto?
Al fine di rendere una compiuta risposta al quesito sopra posto è necessario affrontare anzitutto la discussa tematica della mancata registrazione del contratto di locazione ed esaminarne le relative implicazioni. In secondo luogo, ci si dovrà soffermare sulla natura del patto occulto concluso dalle parti contraenti volto a determinare un canone di affitto di importo maggiore rispetto a quello dovuto in forza del contratto di locazione valido e debitamente registrato. Successivamente si potranno trarre le relative conclusioni.
La norma di carattere generale da cui è opportuno iniziare è l’art. 1, comma 346 della Legge n. 311/2004, la quale stabilisce che “i contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. Sebbene la lettera di questa norma sia piuttosto chiara, nel tempo questa disposizione è stata variamente interpretata da parte dei giudici di merito e di legittimità.
Prima dell’intervento di detta disposizione, la giurisprudenza di legittimità era ferma nel ritenere che i contratti di locazione conclusi in forma scritta, ma non registrati, erano del tutto validi e vincolanti tra le parti e potevano essere prodotti in giudizio ( Cass. Civ. n. 16089, 2003).
In seguito, le posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito sulla mancata registrazione del contratto di locazione sono state tre:
1) Nullità del contratto non sanabile neppure tramite registrazione tardiva;
2) Nullità sanabile con registrazione tardiva ed effetti ex tunc dalla data di stipula del contratto;
3) Nullità sanabile con registrazione tardiva ed efficacia ex nunc dal tempo di registrazione del contratto.
Determinante risulta la sentenza della Corte d’appello di Roma la quale si affida ad una interpretazione letterale dell’art. 1, comma 346, della L. 311/2004. Ed infatti si enuncia la nullità assoluta ed insanabile del contratto di locazione non registrato nei termini (Corte d’appello di Roma, sentenza n. 3753/15 del 24.06.2015). La Corte dunque prende come punto di riferimento la legislazione tributaria che prevede la registrazione del contratto nei trenta giorni successivi alla stipula, pena la omissione per cui il contratto è da intendersi come non registrato. La nullità che ne deriva non è di carattere tributario, bensì di tipo civilistico posto che il su citato art. 1, comma 346 cit., è divenuto una norma imperativa, la cui violazione implica per l’appunto l’applicazione dell’art. 1418 c.c., e dunque, la disciplina della nullità civilistica.
Al contrario, coloro che sostengono la tesi della nullità sanabile del contratto di locazione registrato tardivamente, ritengono che se si aderisse alla teoria della nullità radicale del contratto non registrato con conseguente sua insanabilità, ciò non sarebbe compatibile con la tutela degli interessi sia dell’erario che dei contribuenti. Questa soluzione sarebbe poi in contrasto con gli interessi dell’inquilino, il quale risulta essere protetto dall’ordinamento, e con quelli del proprietario che dovrebbe ricorrere, in caso di mancato pagamento del canone da parte del conduttore, all’azione ordinaria di occupazione senza titolo (Trib. Bari, sentenza n. 852/2012).
Ne consegue pertanto che se si accoglie la tesi della sanabilità della nullità mediante registrazione tardiva del contratto di locazione, l’azione di sfratto per morosità o licenza per finita locazione, intimate nei confronti dell’inquilino, saranno esperibili. Al contrario se si sostiene la tesi della insanabilità il contratto rimane nullo e non sarà possibile esperire azioni nei riguardi dell’inquilino.
Orbene, chiarito quanto sopra, occorre esaminare la problematica giuridica afferente la natura del patto occulto col quale le parti contraenti del rapporto locatizio pattuiscono un canone di importo ben superiore a quello previsto nel contratto di locazione valido e registrato.
Il fondamento normativo lo ritroviamo nell’art. 13 della Legge fondamentale sulle locazioni ad uso abitativo, ossia la L. n. 431/1998, così come è stato modificato dalla Legge di Stabilità del 2016. Esso, al comma 1, stabilisce che è nulla ogni pattuizione volta a determinare un importo del canone di locazione superiore a quello risultante dal contratto scritto e registrato. Il locatore deve provvedere alla registrazione nel termine perentorio di 30 giorni, dandone documentata comunicazione, nei 60 giorni successivi, al conduttore.
A tal proposito i giudici di legittimità ritengono che sia nullo l’accordo, sia scritto che orale, relativo al pagamento del canone maggiorato cosicché l’inquilino rimane obbligato al versamento del canone pattuito nel contratto che risulta essere stato registrato.
Ancora una volta la Corte si affida alla lettera della disposizione legislativa di cui sopra, statuendo che il contratto resta valido ed efficace per il canone apparentemente pattuito tra le parti, mentre l’accordo simulato, e dunque quello che non viene dichiarato all’atto della registrazione all’Agenzia delle Entrate, è assolutamente nullo e privo di efficacia. Detta nullità non potrà essere neppure sanata mediante registrazione tardiva. Ne consegue che se il conduttore viene costretto a firmare un contratto che indica un importo e poi a pagarne un altro maggiore, senza dichiararlo al Fisco, può limitarsi unicamente a versare quanto riportato nel contratto regolarmente registrato (Cass. Civ. n. 18213, 17 Settembre 2015).
A sostegno dell’orientamento su esposto, è intervenuta un’altra sentenza della Corte di Cassazione, per la quale, in tema di locazione ad uso abitativo, il canone che l’inquilino è tenuto a pagare è unicamente quello previsto nel contratto regolarmente registrato, mentre, al contrario, quello pattuito nella scrittura occulta è privo di valore alcuno e non può essere sanato da una successiva registrazione. Così statuendo, i giudici di legittimità applicano alla lettera quanto previsto dall’art 13 della Legge n. 433/1998. Spiega la Corte che l’accordo simulatorio, avente ad oggetto il canone maggiorato, rappresenta una controdichiarazione precedente alla stipula del contratto di locazione regolarmente registrato. Detta controdichiarazione ha l’intento di sostituire il corrispettivo fittizio con quello realmente pattuito dalle parti e, per tale motivo, contrasta con l’art 13 sopra citato, che non consente affatto tale sostituzione. Ne consegue che tale controdichiarazione sarà sanzionata con la nullità, mentre rimane assolutamente valido ed efficace il negozio locatizio originario, oggetto di registrazione (Cass. Civ. n. 7634/2016).
Concludendo, l’inquilino che si vede costretto dal locatore a stipulare un contratto avente ad oggetto un certo importo e poi a versare una somma superiore, è tenuto unicamente al pagamento di quanto riportato nel contratto regolarmente registrato. Ed inoltre se il proprietario volesse agire giudizialmente nei suoi riguardi questo non potrebbe né opporgli decreto ingiuntivo, né sfrattarlo. Tali procedure difatti necessitano, per potere essere attivate, di un valido titolo esecutivo, e, dunque, di un contratto valido e registrato. L’unico intervento in via giudiziale esperibile dal proprietario sarebbe quello della occupazione senza titolo che comporta un elevato dispendio di tempo e denaro.
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