L?elemento psicologico dell? illecito erariale ? dato dal dolo o dalla colpa grave.
Nell?ambito dell? illecito colposo, riveste notevole importanza la cosiddetta culpa in vigilando in capo ai dirigenti od agli apicali pubblici, tematica questa di notevole frequenza nella giurisprudenza contabile.
Preliminarmente, per culpa in vigilando degli apicali di Pubbliche Amministrazioni si intende la responsabilit? attribuibile a detti apicali quali organi gestionali laddove si verta in ipotesi di omissione, inadeguatezza o tardivit? nei controlli? ad essi demandati in relazione alla condotta del personale subordinato.
Fra organi politici ed organi gestionali vi ? distinzione? normativizzata ex art. 16, 1? comma, lett. e) ed art. 17, 1? comma, lett. d) del D. Leg.vo n. 165/2001 ed art. 97, 4? comma, del T.U.E.L. n. 267/2000.
Da siffatta distinzione ne scaturisce che l? obbligo di vigilanza ?sui dipendenti sottordinati grava sulla dirigenza pubblica.
Il presupposto ? – in ogni caso – che l? apicale fosse concretamente in condizione di poter rilevare la sussistenza di illeciti contabili posti in essere dal? suo personale.
Se quest? ultimo ? anche soltanto in parte ? viene adibito con modalit? non obbligata a compiti, attivit? o mansioni difformi dalla preparazione professionale che esso abbia, l? obbligo di vigilanza diviene pi? incisivo (C.d.C. Sez. Toscana n. 313/1997 ).
Allorquando, l? utilizzo in detti compiti, attivit? o mansioni abbia carattere necessitato, si serba immutato l? obbligo in questione.
La giurisprudenza della Corte dei Conti ha evidenziato che fra tale obbligo di vigilare proprio della dirigenza ed il grado o livello di professionalit? dei dipendenti pubblici vi ? una relazione di inversa proporzionalit? in base alla quale maggiore ?? la professionalit? del personale minore pu? essere la vigilanza.
Di converso, laddove il personale sia di basso livello professionale, con conoscenza scarse od inadeguate con riferimento alle incombenze affidategli, scatta l? obbligo di assicurare controlli pi? pregnanti.
Tale ultima ipotesi ?, peraltro, paradigmatica.
Se il dirigente X adibisce i dipendenti Y e Z, i quali, fino a tempi recenti di altro si occupavano, a tutt? altro servizio per il quale essi non sono professionalizzati ovvero lo sono in misura minimale e non garantisce vigilanza costante sul loro operato, egli potr? essere chiamato in concorso in illecito colposo con i suddetti dipendenti se viene arrecato danno pubblico.
A ci? aggiungasi che, se situazioni foriere di danni non vengano tempestivamente fronteggiate, la culpa in vigilando potr? essere ancora pi? eclatante.
Si pensi ad un impiegato che non si ? mai occupato di adempimenti di ragioneria ovvero legali ovvero tecnico- informatici e che venga assegnato ad uffici che di ci? si occupino senza che l? apicale si sia preoccupato di assicurare la formazione di rito o l? affiancamento ad altri amministrativi esperti di materia.
Caso classico: il funzionario W ? professionalizzato in materia contabile o legale- va in pensione e nessuno di ? preoccupato che colui che andr? a sostituirlo impari per tempo.
E? noto che spesso a dipendenti pubblici prossimi al pensionamento che hanno magari acquisito un notevole bagaglio di conoscenze in un determinato ramo dell? ufficio non venga incardinato a latere alcuno che apprenda a tempo debito per non trovarsi poi in successive inevitabili difficolt? concrete nel far fronte alla propria attivit?. E l? obbligo? di prevedere che ci? possa accadere incombe sull? apicale specie se colui che andr? a sostituire il veterano in quell? attivit? o non conosce o conosce non alla stessa stregua di costui la disciplina di riferimento e le relative modalit? applicative.
Inoltre, se un dirigente abusa della carente professionalit? dei propri impiegati ordinando o disponendo l? espletamento di adempimenti che di per s? integrano illecito erariale sinanche seriale, in disparte eventuali profili penali ex art. 323 c.p. od ex art. 328 c.p., ben potr? ravvisarsi responsabilit? amministrativa per danno alla amministrazione in concorso ( eventuale ) con il personale coinvolto.
Ad esempio: il dirigente ordina di liquidare la fattura X in relazione ad un appalto di servizi o di forniture senza che si sia apposto il visto di congruit? ovvero senza che le verifiche su quella fornitura o quel servizio siano state effettuate. Se quell? apicale cos? disponga perch? percepisce tangenti dal fornitore o dall? appaltatore del servizio, si ravviser? anche danno per tangente.
Se si configura concorso? colposo nell? illecito, principio giurisprudenziale contabile ? che il responsabile primario o principale viene escusso per primo e solo in caso di negativa sua escussione per incapienza patrimoniale scatta quella in capo all? obbligato responsabile sussidiario per culpa in vigilando ossia all? apicale ( cosiddetto beneficium excussionis ).
Per quanto concerne, infine, la problematica delle disfunzioni organizzative che il convenuto eccepisca avere determinato la causazione dell? evento lesivo, si deve distinguere fra l? ipotesi in cui esse siano attribuibili all? apicale da quelle in cui non lo siano.
E?, tuttavia, palese? che la circostanza che esse potessero ridondare a detrimento? del potere di vigilare sull? andamento dell? ufficio e sul personale ad esso addetto, ha una valenza? incidente sul potere riduttivo dell? addebito ma non assolutoria da detto addebito. E? acclarato, difatti, che gli apicali devono adottare le misure organizzative necessarie ad eliminare o ridurre le criticit? riscontrate o riscontrabili. Se il dirigente rimane inerte o non si attiva adeguatamente o provvede tardivamente, oltre alle responsabilit? amministrativo- contabili, si aggiungono quelle dirigenziali o disciplinari.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento