La cartella clinica mancante: un’arma a doppio taglio nella responsabilità medica

La Corte di Cassazione ha riacceso l’attenzione sull’importanza della cartella clinica nel contesto della responsabilità medica.

Allegati

La recente sentenza 11224/2024 della III Sezione Civile della Corte di Cassazione ha riacceso l’attenzione sull’importanza fondamentale della documentazione sanitaria, e in particolare della cartella clinica, nel contesto della responsabilità medica. La Corte ha stabilito un principio chiave: “la mancanza o l’incompletezza della cartella clinica può costituire un elemento probatorio a favore del paziente, influenzando l’accertamento del nesso causale tra la condotta medica e l’evento dannoso“. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

Corte di Cassazione -sez. III civ.- sentenza n.11224 del 26-04-2024

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Indice

1. Il caso in esame


La sentenza n. 11224/2024 della III Sezione Civile della Corte di Cassazione prende le mosse da una vicenda drammatica: il decesso di una paziente durante un ricovero ospedaliero, in circostanze che hanno sollevato gravi dubbi sulla qualità dell’assistenza ricevuta. I familiari della paziente hanno segnalato ripetute carenze, sia a livello diagnostico che assistenziale, indicando come principale prova a sostegno delle loro contestazioni l’incompletezza e contraddittorietà della cartella clinica.
Quest’ultima, infatti, rappresentando il documento principale che consente di tracciare ogni fase del percorso assistenziale di un paziente, dalla diagnosi iniziale alle terapie somministrate, fino alle decisioni cliniche assunte in ogni fase del trattamento, ha giocato un ruolo cruciale nella controversia, costituendo l’elemento chiave su cui è stata fondata la valutazione della responsabilità medica. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica

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Manuale pratico operativo della responsabilità medica

La quarta edizione del volume esamina la materia della responsabilità medica alla luce dei recenti apporti regolamentari rappresentati, in particolare, dalla Tabella Unica Nazionale per il risarcimento del danno non patrimoniale in conseguenza di macrolesioni e dal decreto attuativo dell’art. 10 della Legge Gelli – Bianco, che determina i requisiti minimi delle polizze assicurative per strutture sanitarie e medici. Il tutto avuto riguardo all’apporto che, nel corso di questi ultimi anni, la giurisprudenza ha offerto nella quotidianità delle questioni trattate nelle aule di giustizia. L’opera vuole offrire uno strumento indispensabile per orientarsi tra le numerose tematiche giuridiche che il sottosistema della malpractice medica pone in ragione sia della specificità di molti casi pratici, che della necessità di applicare, volta per volta, un complesso normativo di non facile interpretazione. Nei singoli capitoli che compongono il volume si affrontano i temi dell’autodeterminazione del paziente, del nesso di causalità, della perdita di chances, dei danni risarcibili, della prova e degli aspetti processuali, della mediazione e del tentativo obbligatorio di conciliazione, fino ai profili penali e alla responsabilità dello specializzando. A chiusura dell’Opera, un interessante capitolo è dedicato al danno erariale nel comparto sanitario. Giuseppe Cassano, Direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche della European School of Economics di Roma e Milano, ha insegnato Istituzioni di Diritto Privato presso l’Università Luiss di Roma. Avvocato cassazionista, studioso dei diritti della persona, del diritto di famiglia, della responsabilità civile e del diritto di Internet, ha pubblicato numerosissimi contributi in tema, fra volumi, trattati, voci enciclopediche, note e saggi.

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2. Il peso probatorio della cartella clinica


La Corte di Cassazione ha ribadito che “la cartella clinica rappresenta uno strumento cruciale per la comunicazione tra professionisti sanitari, la continuità delle cure e la tutela dei diritti del paziente“. La sua assenza o incompletezza compromette seriamente la possibilità di ricostruire l’iter diagnostico-terapeutico e di valutare eventuali errori o omissioni. In continuità con precedenti giurisprudenziali, come la sentenza delle Sezioni Unite n. 584/1994, la Cassazione ha sottolineato che “il medico è obbligato a documentare l’attività svolta in modo accurato e completo, fornendo una prestazione conforme alle migliori tecniche operative disponibili“. Di conseguenza, in caso di mancanza di una corretta documentazione, “la difficoltà di dimostrare l’esattezza delle cure ricevute grava sul professionista sanitario, non sul paziente“.

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3. Il nesso causale e l’onere della prova


Nel caso di specie, la Corte rilevando che “in presenza di una cartella clinica lacunosa o contraddittoria, l’onere della prova si sposta sul professionista sanitario“, ha osservato come la mancanza di una cartella clinica completa abbia gravemente ostacolato la possibilità di ricostruire l’iter diagnostico-terapeutico seguito dai medici. Questa carenza ha impedito una valutazione precisa della condotta sanitaria, sollevando interrogativi cruciali in merito alla corretta gestione del caso. Secondo la Corte, un documento clinico incompleto o contraddittorio si traduce in un presupposto di responsabilità: in tali circostanze, infatti, il professionista sanitario si trova a dover dimostrare la conformità del proprio operato ai parametri di diligenza e perizia, ai sensi dell’articolo 1218 del Codice Civile. Questo spostamento dell’onere della prova, secondo la Corte, si giustifica proprio in ragione del fatto che la tenuta della cartella clinica rientra tra gli obblighi professionali del medico.
La sentenza ha quindi riaffermato un principio chiave della giurisprudenza in materia di responsabilità medica: la cartella clinica non è soltanto uno strumento operativo, ma costituisce una vera e propria garanzia, sia per il paziente che per il medico. Per il paziente, essa rappresenta un mezzo per tutelare i propri diritti, facilitando l’accertamento di eventuali responsabilità in caso di errore. Per il medico, è uno scudo difensivo che può dimostrare, in sede giudiziale, la correttezza delle scelte effettuate.

4. Le implicazioni per la pratica clinica


La sentenza 11224/2024 ha importanti ricadute per la pratica clinica. In primo luogo, sottolinea l’importanza per i medici e le strutture sanitarie di garantire una corretta e completa tenuta della cartella clinica, che deve essere “aggiornata, dettagliata e facilmente leggibile“. Una gestione adeguata della documentazione sanitaria è cruciale non solo per garantire la continuità delle cure, ma anche per prevenire contestazioni legali e proteggere i diritti di pazienti e professionisti.
Inoltre, la sentenza invita le strutture sanitarie a investire in “sistemi informativi efficienti per la gestione della documentazione clinica“, assicurando che sia mantenuta integra e accessibile in ogni momento. La formazione continua del personale sanitario è altrettanto essenziale per garantire l’applicazione delle migliori pratiche e la conformità agli standard normativi e giurisprudenziali.

5. Conclusioni


La sentenza 11224/2024 della Corte di Cassazione rappresenta un significativo passo avanti nella tutela dei diritti dei pazienti, riaffermando il valore probatorio della cartella clinica nel giudizio di responsabilità medica. “La mancanza o l’incompletezza di tale documentazione non può andare a svantaggio del paziente“, ma anzi può costituire un elemento a suo favore nel provare il nesso di causalità tra l’errore medico e l’evento dannoso.
Tuttavia, è fondamentale ricordare che la responsabilità medica non si basa esclusivamente sulla cartella clinica: essa va valutata caso per caso, in base alle circostanze specifiche e alle conoscenze scientifiche attuali. Questa sentenza invita medici e strutture sanitarie a porre grande attenzione alla gestione della documentazione clinica, affinché possa essere utilizzata come uno strumento efficace per la tutela dei diritti di tutte le parti coinvolte.

Antonio Scardino

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