Cassazione: distrutte le intercettazioni fra Napolitano e Mancino

Redazione 24/04/13

Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 18373 del 22 aprile 2013 i giudici di legittimità pongono fine ad una questione che era stata avanzata anche dinanzi alla Consulta, respingendo il ricorso della difesa dell’imputato a cui vantaggio potrebbero essere state le intercettazioni.

Esse avevano ad oggetto conversazioni registrate fra il Presidente Napolitano e l’allora Ministro dell’Interno Mancino, nell’ambito dell’inchiesta sulle trattative fra Stato e mafia.

 Sul punto la Cassazione, conformandosi alle direttive della Corte costituzionale, che aveva risolto il conflitto di attribuzioni, ha affermato che non sussiste alcun diritto all’ascolto così come invocato dalla difesa dell’imputato nel procedimento.

La procedura camerale tra la parti, proseguono gli ermellini, è applicabile per le ipotesi di violazioni di norme processuali, mentre risulta preclusa nel caso in cui vi siano state violazioni di ordine sostanziale riconducibili a diritti e interessi di rilievo costituzionale, poiché l’accesso alle parti potrebbe far venir meno la ratio della tutela riconosciuta.

Lo stesso avverrebbe, avvisano i magistrati, se si trattasse di registrazioni riguardanti le conversazioni tra l’imputato e il suo difensore e in altre ipotesi analoghe in cui potrebbe esserci un vulnus costituzionalmente rilevabile.

Infatti, come la stessa Corte costituzionale aveva precisato, i principi tutelati dalla Costituzione, fra cui la garanzie della figure istituzionali (in primiis il Presidente della Repubblica) non possono essere sacrificati in nome di un’astratta simmetria processuale.

Perciò le intercettazioni sono state distrutte dal GIP.

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