A deciderlo è stata una recente sentenza della terza Sezione penale (n. 46215 del 13 dicembre 2011).
La vicenda era la seguente: un insegnante aveva molestato un’alunna ed era stato condannato patteggiando la pena ed ottenendo i benefici della sospensione condizionale e della non menzione della condanna, riconosciuti in ragione del fatto che l’episodio verificatosi non era stato ritenuto particolarmente grave: in particolare, si poneva l’attenzione sulla circostanza che la condotta fosse consistita principalmente in carezze e palpeggiamenti, e che non vi fosse stata congiunzione carnale fra la vittima e l’imputato.
Il Procuratore presso la Corte d’appello aveva impugnato la sentenza contestando da un lato l’entità della pena e, quindi, la riconosciuta minore gravità fatto, dall’altro la mancata applicazione della sanzione accessoria dell’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado frequentate prevalentemente da minori.
La Cassazione ha ritenuto erronea la valutazione in cui si sostiene che l’ipotesi lieve sarebbe stata individuata in ragione dell’assenza della congiunzione carnale, e, in considerazione della minore età della vittima, ha stabilito di applicare le pene accessorie.
Si legge infatti nella sentenza che «il reato di violenza sessuale comporta obbligatoriamente, ai sensi dell’art. 609-nonies, co. 2, del codice penale, qualora sia commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori, trattandosi di statuizione sottratta al potere discrezionale del giudice».
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