Con la sentenza n. 16939 del 7 maggio 2012 la Cassazione ha accolto il ricorso di due imputati del reato di omicidio, condannati sulla base delle dichiarazioni fornite dai collaboratori di giustizia anch’essi coinvolti nell’inchiesta.
Le dichiarazioni cd. de relato, avvisano i giudici di legittimità, sono colpite da inutilizzabilità se non suffragate da elementi oggettivi esterni, e così viene a cadere l’intero impianto accusatorio.
Alle suddette dichiarazioni, continua la Corte, si applica la medesima normativa che riguarda le dichiarazioni de relato (indirette) rilasciate dai soggetti terzi estranei al processo, che prevede l’obbligo di esaminare la fonte diretta dell’informazione al fine di cercare una convalida e un controllo su quanto riferito. Tale disciplina garantistica deve osservarsi a maggior ragione quando le dichiarazioni indirette provengano da computati, di regola interessati a dimostrare una determinata versione o ricostruzione dei fatti da accertare che vada a proprio vantaggio.
Nel caso di specie, vista l’impossibilità di escutere il teste le cui dichiarazioni venivano richiamate dai correi, ossia la fonte originaria, le informazioni sono inutilizzabili e su esse non può fondarsi un impianto accusatorio.
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