Questo principio è stato stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 19051 del 19 settembre 2011, con cui i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso presentato dal curatore fallimentare che aveva esercitato l’azione di responsabilità verso gli amministratori oltre i cinque anni dal periodo in cui i bilanci avevano iniziato a non essere depositati.
L’azione di responsabilità, continua la Corte, si prescrive nei cinque anni dal mancato deposito.
Il curatore assumeva che i soci dell’azienda non potevano essere a conoscenza dello stato di insolvenza. Ma la tesi è stata respinta sia in primo grado che in appello, ed infine dai giudici di legittimità, che hanno sostenuto: «il termine di prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori esercitata dal curatore fallimentare inizia a decorrere non dalla data della condotta illecita, bensì da quella del verificarsi dell’insufficienza del patrimonio sociale a soddisfare i creditori, che non coincide con il determinarsi dello stato di insolvenza».
Più precisamente, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione è necessaria la oggettiva conoscibilità della situazione patrimoniale in cui versa la società; questa può essere ricavata da una serie di condizioni considerate nel loro complesso: la cessazione del deposito dei bilanci, la notorietà delle difficoltà nei pagamenti, l’essere i creditori in prevalenza operatori qualificati e dunque in grado di cogliere i sintomi della crisi patrimoniale della società.
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