Cassazione Penale, sentenza n. 33748/2005: concorso esterno nel reato associativo, la giurisprudenza di legittimità si attesta su posizioni consolidate

La configurabilit? del concorso esterno nei reati associativi ha da sempre rappresentato terreno di ampi e complessi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, nel corso dei quali sono emerse posizioni talvolta diametralmente opposte. Nelle loro accezioni pi? estreme gli orientamenti espressi dagli studiosi e dagli operatori del diritto sono arrivati a negare la possibilit? di ammettere il concorso eventuale nei reati associativi ? assimilando le condotte dei concorrenti esterni a quelle degli ?affiliati?, interni all?associazione – ovvero ad ammetterlo entro confini piuttosto ampi, che avvicinano, sotto il profilo dell?elemento soggettivo, i soggetti interni alla societas sceleris a quelli che apportano un intervento adesivo esterno, pur mantenendo in vita delle opportune ma sottili distinzioni tra gli uni e gli altri.

Occorre, quindi, per un corretto inquadramento della problematica sottesa all?individuazione delle ipotesi di concorso esterno nei reati associativi, fornire all?interprete i parametri alla stregua dei quali tracciare un ?identikit?della partecipazione esterna, operazione che richiede un raffronto tra la figura del partecipe in senso stretto ? il c.d. affiliato o concorrente necessario ? e il concorrente esterno ed eventuale.

La norma di riferimento in tema di reati associativi ? rappresentata dall?art. 416 c.p. (associazione per delinquere), che delinea una tipologia delittuosa necessariamente plurisoggettiva, richiedendosi, ai fini dell?integrazione della fattispecie, la presenza di un vincolo associativo tra tre o pi? soggetti finalizzato alla commissione di pi? delitti. Il pactum sceleris coinvolge quindi quei soggetti che, riunitisi in un sodalizio criminoso, agiscono nella piena coscienza e volont? di farvi parte in maniera permanente (dolo generico) con l?intenzione di contribuire, attraverso la realizzazione di una serie anche indeterminata di delitti, all?attuazione del programma criminoso (dolo specifico).

La dottrina maggioritaria, alla luce del dato testuale emergente dall?art. 416 c.p., ha sempre ritenuto che a qualificare una determinata condotta come ?partecipativa interna e necessaria?, distinta da quella ?concorrente esterna ed eventuale?, contribuissero due elementi qualificanti: il primo, oggettivo, individuabile nel requisito della permanenza nella illicita societas, ossia nello stabile inquadramento del soggetto agente nell?organizzazione criminale, circostanza desumibile da indici fattuali esteriori e oggettivamente accertabili; il secondo, meno agevole a verificarsi, ravvisabile nell?elemento psichico che sorregge la condotta del soggetto partecipe dell?associazione, dato dalla commistione di due elementi soggettivi coessenziali, ossia il dolo generico di aderire al programma tracciato dall?associazione e il dolo specifico di contribuire, fattivamente, a realizzarlo.

Sembra chiaro che la figura dell?affiliato sia, a tenore di siffatta teoria, evincibile dalla verifica della contestuale sussistenza dei requisiti, oggettivi e soggettivi, che si avvincono in un unico profilo, in grado di circoscrivere la figura del partecipe ed isolarla da quella del semplice concorrente esterno.

Ne discende che l?individuazione delle ipotesi di concorso esterno nel reato associativo (date dalla combinazione delle fattispecie di parte speciale di cui agli artt. 416 ss. c.p. con l?art. 110 c.p.) ?dovrebbe avvenire attraverso un processo per viam negationis: la fattispecie del concorso esterno sarebbe residuale rispetto alle fattispecie specifiche di cui agli artt. 416 ss., sussistendo la prima in tutte le ipotesi in cui non sia possibile ascrivere al soggetto agente gli elementi soggettivi ed oggettivi che, viceversa, qualificano le seconde.

Ad una definizione positiva delle condotte in correit? esterna ha contribuito in gran parte la produzione giurisprudenziale, che attraverso una complessa evoluzione, ha effettuato pregevoli tentativi dogmatici di inquadramento della figura del concorrente esterno, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

Pi? o meno unanimemente la giurisprudenza di legittimit? ha delineato l?elemento oggettivo del concorso esterno ripercorrendo gli iter argomentativi propinati dalla dottrina maggiormente condivisa, volti a descrivere il ruolo del compartecipe interno e a rendere desumibile a contrario la figura del concorrente esterno: nella pronuncia a Sezioni Unite n. 16 del 28.12.1994 (sentenza Demitri) la Corte di Cassazione sottolinea la diversit? di ruoli tra partecipazione all?associazione e concorso eventuale materiale, attribuendo ai soggetti ?intranei? alla societas sceleris una posizione determinante nella ?fisiologia? dell?associazione – fornendo gli stessi un apporto quotidiano o comunque assiduo, insostituibile o quantomeno agevolante, alla realizzazione dei fini associativi ? e ai soggetti ?extranei? un ruolo sostitutivo, non sorretto dalla volont? di far parte dell?associazione, ma asservito a quest?ultima nei momenti di ?fibrillazione? o vuoti temporanei che fanno entrare la societas in una fase patologica.

Un chiarimento circa l?elemento soggettivo nel concorso esterno ? invece apportato dalla pronuncia a sezioni unite n. 22327 del 21.5.2003 (sentenza Carnevale), che, prendendo le distanze dai precedenti indirizzi che? ritenevano sufficiente – ai fini della sussistenza dell?integrazione dell?elemento psichico – la mera consapevolezza dell?altrui finalit? criminosa, richiede come indice necessario anche la coscienza e la volont? dell?efficienza causale del proprio contributo rispetto al conseguimento degli scopi dell?associazione (c.d. concezione monistica del concorso di persone nel? reato). Si esige che il concorrente esterno, pur sprovvisto dell?affectio societatis e cio? della volont? di far parte dell?associazione, si renda compiutamente conto dell?efficacia causale del suo contributo, diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.

La Corte dei diritti delinea quindi una forma di dolo diretto in forza del rilievo che il concorrente, pur rimanendo esterno alla struttura organizzativa dell?associazione, deve far proprio, anche solo parzialmente, il dolo generico consistente nella consapevolezza e nella volont? del proprio contributo alle fortune dell?associazione. Non si trascuri, poi, che nell?apparato argomentativo della pronuncia del 2003, si sottolinea chiaramente che l?intervento del concorrente esterno pu? sostanziarsi anche in una attivit? continuativa e ripetuta; particolare, quest?ultimo, che palesa l?assottigliamento delle differenze tra intraneus ed extraneus all?associazione, rendendone labili i confini discretivi.

Una parte della dottrina non ha mancato di rilevare, infatti, che il tentativo dogmatico effettuato dalla Corte, contrariamente agli intenti chiarificatori, ha sortito ulteriori profili di incertezza intorno alla figura del concorrente esterno, soprattutto in relazione alla figura dell?affiliato interno.

Proprio sul versante del dolo diretto delineato dai giudici di Piazza Cavour sembrano affiorare le maggiori perplessit?, legate, ancora una volta, alla vexata quaestio della distinzione tra soggetti intranei e soggetti extranei all?associazione criminosa: i contorni dell?elemento soggettivo richiesto ai fini della chiamata in correit? esterna, invece di contribuire a tracciare un contegno psichico liminare a quello del partecipe interno, si intrecciano con quest? ultimo, creando una sorta di sovrapposizione tra la rappresentazione e volizione del ?concorrente interno necessario? e quella del ?concorrente esterno eventuale?.

Si vuol dire, in altre parole, che l?aver elevato la condivisione psicologica della realizzazione (anche parziale) del programma criminoso a requisito essenziale della condotta del concorrente esterno, non ha fatto altro che confondere i due piani, quello della partecipazione interna, anch?essa sorretta dalla condivisione del programma criminoso, e quello del concorso esterno.

La tendenziale elisione delle differenze tra affiliati e concorrenti, sul piano rappresentativo e volitivo della condotta penalmente rilevante, inferisce una maggiore importanza alla valutazione dell?elemento oggettivo, che sembra esser rimasto unico discrimen tra associati e correi esterni.

I rilievi dottrinali espressi in questa sede sembrano non aver dato adito a ripensamenti giurisprudenziali degni di nota, atteso che, anche la recentissima sentenza n. 33748 del 20.09.2005 (chiamata a pronunciarsi su un noto caso di concorso esterno in associazione mafiosa) ha ripercorso, confermandole in linea di principio, tutte le argomentazioni addotte dalla precedente giurisprudenza a sostegno delle tratteggiate differenze tra condotte partecipative avvinte nello stabile vincolo associativo e fattispecie concorsuali atipiche.

Chiara la differenza, sotto il profilo oggettivo, tra partecipe necessario e concorrente eventuale: ?si definisce partecipe colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell?associazione mafiosa, non solo ??? ma ?fa parte? della (meglio ancora: ?prende parte? alla) stessa? (??.). Sul piano probatorio, poi, rilevano, ai fini della partecipazione, ?tutti gli indicatori fattuali dai quali, sulla base di attendibili regole di esperienza attinenti propriamente al fenomeno della criminalit? di stampo mafioso, possa logicamente inferirsi il nucleo essenziale della condotta partecipativa, e cio? la stabile compenetrazione del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio. Deve dunque trattarsi di indizi gravi e precisi (tra i quali le prassi giurisprudenziali hanno individuato, ad esempio, i comportamenti tenuti nelle pregresse fasi di ?osservazione? e ?prova?, l?affiliazione rituale, l?investitura della qualifica di ?uomo d?onore?, la commissione di delitti-scopo, oltre a molteplici, variegati e per? significativi ?facta concludentia?) dai quali sia lecito?.

Queste, invece le conclusioni sull?accertamento dell?elemento soggettivo del concorrente esterno:

?La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volont? di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produzione dell?evento lesivo del ?medesimo reato?

Di Camillo Filippo

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