Chi è il partecipe di un sodalizio mafioso?

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Errata valutazione nel ritenere sussistente una condotta partecipativa in seno ad un sodalizio mafioso. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 33030 del 12-07-2024

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Indice

1. La questione: errata valutazione nel ritenere sussistente una condotta partecipativa in seno ad un sodalizio mafioso


Il Tribunale di Bari rigettava una richiesta di riesame avverso un’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari che, a sua volta, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa.
Ciò posto, avverso questa decisione il difensore ricorreva per Cassazione e, tra i motivi ivi addotti, costui deduceva violazione di legge e vizio di motivazione in quanto, a suo avviso, il provvedimento impugnato, senza valutare gli argomenti difensivi e in base alle sole intercettazioni e dichiarazioni non riscontrate dei collaboratori di giustizia, aveva ritenuto sussistente la gravità indiziaria del ruolo partecipativo del ricorrente all’associazione di cui all’art. 416-bis cod. pen., nonostante non ne fosse risultato alcun indice o fattivo contributo. Per un valido supporto per professionisti consigliamo: Codice penale e di procedura penale e norme complementari -Edizione 2024. Aggiornato alla Riforma Nordio e al decreto Svuota Carceri

FORMATO CARTACEO

Codice penale e di procedura penale e norme complementari

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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il Supremo Consesso reputava il motivo suesposto infondato.
In particolare, tra le argomentazioni che avevano indotto gli Ermellini ad addivenire a siffatto esito decisorio, era richiamato quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di associazione di tipo mafioso, la condotta di partecipazione è riferibile a colui che si trovi in rapporto di stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo del sodalizio, tale da implicare, più che uno status di appartenenza, un ruolo dinamico e funzionale, in esplicazione del quale l’interessato prende parte al fenomeno associativo, rimanendo a disposizione per il perseguimento dei comuni fini criminosi, fermo restando che gli indicatori fattuali della partecipazione sono desumibili da attendibili regole di esperienza, attinenti propriamente al fenomeno della criminalità di stampo mafioso, da cui possa logicamente inferirsi l’appartenenza nel senso indicato, purché si tratti di indizi gravi, precisi e idonei a dare la sicura dimostrazione della costante permanenza del vincolo, con puntuale riferimento allo specifico periodo temporale considerato dall’imputazione e senza alcun automatismo probatorio (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005).
Sempre per la Corte di legittimità, ciò che rileva, dunque, è che il partecipe sia stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione; sia riconosciuto dai compartecipi quale componente della compagine; sia disponibile per le specifiche esigenze del caso concreto a prescindere dai singoli reati e per il perseguimento dei comuni fini criminosi (Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021).
Per i giudici di piazza Cavour, difatti, siffatti requisiti ermeneutici erano stati riscontrati in sede di merito.

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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito chi può considerarsi partecipe di un sodalizio mafioso.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo, che, in tema di associazione mafiosa, la partecipazione richiede una compenetrazione stabile e funzionale nell’organizzazione, con un ruolo attivo e disponibile al perseguimento degli scopi criminali, occorrendo dunque che il “partecipe” sia stabilmente inserito nella struttura organizzativa dell’associazione, sempreché sia riconosciuto dai compartecipi quale componente della compagine e sia disponibile per le specifiche esigenze del caso concreto a prescindere dai singoli reati e per il perseguimento dei comuni fini criminosi.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la sussistenza di siffatta intraneità nell’ambito di un’associazione di tipo mafioso.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché prova a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.

Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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