Chiusura anticipata della procedura esecutiva immobiliare per infruttuosità della vendita

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Durante il procedimento di esecuzione immobiliare, può accadere che l’immobile pignorato subisca un notevole deprezzamento del suo valore. Ciò si verifica quando il predetto immobile non viene venduto al primo esperimento di vendita disposto dal Giudice, non essendo pervenuta alcuna valida offerta d’acquisto da parte di terzi. In tale evenienza il Codice di rito, al fine di rendere più appetibile il bene pignorato e nel contempo consentire la soddisfazione anche parziale del creditore procedente, impone al Giudice di abbassare il prezzo d’asta ad ogni successivo esperimento di vendita, con riduzione entro il limite di ¼ rispetto al prezzo fissato in precedenza. Come è facile intuire, questo meccanismo dei continui ribassi del prezzo d’asta dell’immobile pignorato favorisce perlopiù i terzi offerenti, i quali, ben consci di tale possibilità prevista ex lege, spesso lasciano andare volontariamente deserte diverse udienze di vendita, così da poter acquistare l’immobile a prezzi ben al di sotto di quelli di mercato. Diversamente dagli offerenti, il suddetto meccanismo sfavorisce sia il creditore pignoratizio che il debitore esecutato. Infatti, il primo, a causa dei continui ribassi, corre il rischio concreto di soddisfarsi con una somma di denaro di molto inferiore rispetto il credito inizialmente vantato; il debitore esecutato, d’altro canto, si vedrebbe portar via l’immobile di sua proprietà ad un prezzo così basso da risultare assolutamente inidoneo a soddisfare le pretese dei suoi creditori.

Ebbene, nell’ipotesi appena descritta, ci si chiede se, a fronte degli eccessivi ribassi del prezzo d’asta dell’immobile pignorato, sia possibile addivenire all’estinzione anticipata della procedura esecutiva, con conseguente restituzione dell’immobile al debitore esecutato.

La risposta sembra essere affermativa. Infatti, a seguito della riforma intervenuta con il Decreto Legge n. 132 del 12/09/2014, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 162 del 10/11/2014, è stato introdotto nelle Disposizioni di Attuazione del Codice di Procedura Civile l’art. 164-bis, il quale dispone che “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo, è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”. La predetta norma introduce per la prima volta nel nostro ordinamento l’ipotesi di estinzione della procedura esecutiva immobiliare per infruttuosità della vendita. Essa è formulata in maniera piuttosto generica, atteso che dal dettato normativo non è possibile desumere delle condizioni precise ed univoche in presenza delle quali sia possibile richiedere la chiusura anticipata della procedura esecutiva (ad es., manca l’indicazione del n. minimo di aste deserte, della percentuale minima di valore di realizzo ect.); ciononostante sono presenti degli “indici” (costi necessari per la prosecuzione della procedura, probabilità di liquidazione del bene, presumibile valore di realizzo) la cui sussistenza rende “irragionevole”, e dunque non meritevole di tutela, il soddisfacimento della pretesa creditoria dei creditori pignoratizi. Di conseguenza, l’applicazione della norma sarà rimessa al potere discrezionale del Giudice, che valuterà caso per caso, nonché sulla base di linee-guida preventivamente approvate da ciascun Tribunale, quando sarà opportuno ordinare la chiusura anticipata della procedura in questione, e quando invece occorrerà proseguire nelle operazioni di vendita dell’immobile pignorato nonostante i continui ribassi del prezzo d’asta.

Per quel che concerne la validità temporale della norma, essa è applicabile anche alle procedure esecutive pendenti al momento della sua entrata in vigore, oltre che a quelle iniziate successivamente. Infatti, premesso che l’art. 164-bis C.p.c. è stato introdotto dall’art. 19, c. 2, lettera b) del D.L. n. 132/2014, il comma 6-bis dell’art. 19 del medesimo Decreto Legge, aggiunto in sede di conversione dall’articolo 1, comma 1, della L. n. 162/2014, prescrive che “le disposizioni del presente articolo, fatta eccezione per quelle previste al comma 2, lettera a), limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 155-sexies, e lettera b), e al comma 5, si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”. Dunque, con la Legge di conversione è stata inserita un’apposita deroga alla disciplina transitoria dell’art. 19 c. 6-bis del D.L. n. 162/2014, per quel che concerne l’applicazione dell’art. 164-bis c.p.c. In tal senso si è espressa anche la recente giurisprudenza di merito del Tribunale di Como che, con Sentenza del 15/02/2015, dichiarava l’estinzione della procedura esecutiva per infruttuosità della vendita forzata, ex art. 164-bis, osservando che l’art. 19, comma 6-bis del citato Decreto Legge prevede una disciplina transitoria stabilendo che “le disposizioni del[l’] (…) articolo [19 D.L. n. 162/2014], fatta eccezione per quelle previste al comma 2, lettera a), limitatamente alle disposizioni di cui all’articolo 155 – sexies, e lettera b), e comma 5, si applicano ai procedimenti iniziati a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto“; che “la legge di conversione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 10.11.2014 e, pertanto la novella legislativa è entrata definitivamente in vigore il 10.12.2014”; e che “tuttavia, con particolare riferimento all’ipotesi di infruttuosità dell’espropriazione forzata, la disciplina transitoria espressamente non trova applicazione, giusta il dispositivo di cui all’art. 19, c.6-bis, D.L. 132/2014”.

Resta da chiarire quali sono gli effetti che si producono con la chiusura anticipata della procedura esecutiva per infruttuosità della vendita ex art. 164-bis Disp. Att. C.p.c. Ebbene, in questo caso il Giudice dovrà disporre l’estinzione della procedura esecutiva, e dovrà ordinare la cancellazione della trascrizione del pignoramento dai registri immobiliari ai sensi dell’art. 632 C.p.c. e 172 Disp. Att. C.p.c., con conseguente riconsegna al debitore del bene immobile libero da pesi e vincoli. Ma che succede se, a seguito dell’estinzione della procedura esecutiva, il creditore insoddisfatto rinnovi il pignoramento immobiliare sullo stesso bene immobile che è stato oggetto di precedente procedura esecutiva che non sia andata a buon fine? In tale ipotesi, sembrerebbe che il debitore possa proporre opposizione all’esecuzione sollevando l’eccezione dell’improcedibilità del pignoramento per abuso del diritto, in quanto con la rinnovazione della procedura esecutiva si verrebbe ad imporre sopra al debitore esecutato un pregiudizio eccessivo rispetto la posizione di svantaggio in cui egli già versa nei confronti del titolare del diritto di credito (appunto, il creditore). Tuttavia, tale soluzione solleva delle perplessità. Innanzitutto, nel nostro ordinamento non è presente una norma generale che disciplina l’istituto dell’abuso del diritto, al contrario esso è previsto soltanto per alcune fattispecie particolari e tipizzate: è il caso, ad esempio, dell’art. 330 c.c. (Decadenza della potestà genitoriale, con riferimento all’abuso dei poteri del genitore), dell’art. 1015 c.c. (Abusi dell’usufruttuario) e dell’art. 2793 c.c. (abuso da parte del creditore della cosa data in pegno). Diversamente, nel libro che disciplina le procedure esecutive non esiste alcuna norma che sanzioni con l’abuso del diritto la riproposizione del pignoramento immobiliare su di un bene immobile che sia rimasto nella disponibilità del debitore esecutato, nei casi in cui la precedente procedura esecutiva non sia andata a buon fine. Inoltre, se è vero che nelle procedure esecutive il debitore è soggetto “passivo”, in quanto subisce la sottrazione del bene pignorato per non aver onorato i suoi debiti – e dunque si trova per sua natura in una posizione di svantaggio – è anche vero che in caso di esito infruttuoso del pignoramento è sicuramente il creditore a trarne maggior nocumento. Nel caso in esame, infatti, il creditore non solo non otterrebbe alcun soddisfacimento all’esito della procedura esecutiva, ma si ritroverebbe a dover sopportare le onerose spese connesse al pignoramento immobiliare. Pertanto, anche al fine di tutelare i contrapposti interessi del creditore procedente, nulla esclude che quest’ultimo possa intraprendere nuovamente la medesima azione esecutiva contro lo stesso immobile di proprietà del debitore, senza andare incontro automaticamente alla sanzione dell’abuso del diritto.

In conclusione, l’art. 164-bis Disp. Att. C.p.c. senza dubbio ha introdotto uno strumento di tutela in più in favore del debitore esecutato; tuttavia, così come è stato formulato ed in virtù della disciplina relativa alle procedure esecutive immobiliari, sembra essere più uno strumento volto a far guadagnare tempo al debitore esecutato, ovvero a far desistere il creditore procedente ad avviare nuovamente un’altra azione esecutiva, stante i costi già sostenuti per la precedente procedura esecutiva immobiliare.

 


L’art. 591, comma II, c.p.c., come riformato dal Decreto Legge n. 83 del 27/06/2015, convertito, con modificazioni, nella Legge n. 132 del 06/08/2015 dispone che, in caso di asta deserta, “il Giudice può altresì stabilire diverse condizioni di vendita e diverse forme di pubblicità, fissando un prezzo base inferiore al precedente fino al limite di un quarto”.

Così ad es., se il prezzo d’asta iniziale del bene immobile è pari a 100 e all’udienza di vendita non vi sono offerte, nell’ordinanza che dispone la vendita in una successiva udienza il Giudice potrà disporre che il prezzo d’asta scenda sino a 75 (prezzo ottenuto dalla differenza tra il prezzo base iniziale e la riduzione di 1/4 del medesimo prezzo). Se anche in questo caso non vi sono offerte d’acquisto, il Giudice per il successivo esperimento di vendita potrà disporre che il prezzo d’asta del bene immobile scenda a 60 (ossia il risultato tra la differenza del prezzo d’asta iniziale e la riduzione pari questa volta ad 1/5), e così via.

A tal proposito si vedano, tra le altre, le Linee Guida del 28/09/2015 elaborate dal Tribunale di Firenze, che, “in assenza di una chiara previsione normativa, al fine di dare un preciso contenuto alla previsione di cui all’art. 164-bis”, prescrivono la chiusura anticipata del processo esecutivo immobiliare quando “a) il valore del bene pignorato o della quota pignorata è stimato in un valore inferiore a € 15.000,00 (valore inferiore al costo medio di una procedura esecutiva); b) non è possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori in quanto (…) – l’esperto stimatore, valutando lo stato dei luoghi e le condizioni del mercato aveva espresso un giudizio di non appetibilità del bene sul mercato (in considerazione delle caratteristiche del bene stesso); – nonostante ciò, su richiesta del creditore, sono stati esperiti due tentativi di vendita senza esito; – il custode e il delegato riferiscono di non aver ricevuto richieste di informazioni o di visita; – l’immobile è stato liberato da terzi occupanti senza titolo o da inquilini morosi; – su richiesta del creditore, l’esecuzione è stata sospesa fino a due anni e dopo la riassunzione va deserto un altro esperimento di vendita; – il creditore non è in grado di indicare argomentazioni tali da far ritenere al giudice la possibilità di un esito fruttuoso di altra procedura esecutiva (es. manifestazione, anche informale, di interessamento all’acquisto del bene)”.

Avvocato Manuel Mattia

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