Il caso
A seguito di giudizio abbreviato, Tizio veniva condannato dal Tribunale di Brescia per i reati di fuga e omissione di soccorso stradale di cui all’art. 189, co. 6 e 7 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
La Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza appellata dall’imputato, rideterminava la pena confermando nel resto la pronuncia di primo grado.
L’imputato ricorreva quindi in Cassazione invocando l’annullamento della sentenza d’appello per violazione di legge. Il ricorrente premetteva, anzitutto, di avere domandato – sia nella discussione all’esito del giudizio di primo grado sia con l’impugnazione di merito – l’applicazione dell’attenuante del risarcimento del danno di cui all’art. 62 n. 6 c.p., avendo prodotto in sede di richiesta di giudizio abbreviato documentazione dalla quale risultava che la parte offesa era stata integralmente risarcita di tutti i danni subiti in conseguenza del sinistro (in parte dalla compagnia assicurativa e in parte dall’imputato) e che l’attenuante invocata sarebbe stata negata dalla Corte di appello con motivazione erronea ed illegittima.
In particolare, la Corte di merito aveva testualmente ritenuto che «(…) il reato di cui all’art. 189 C.d.S. non è un reato che ha come bene giuridico protetto l’integrità della persona o la salvaguardia dei suoi beni. Inoltre è un reato omissivo di pericolo che si perfeziona istantaneamente allorché il conducente coinvolto nel sinistro viola l’obbligo di fermarsi. Ne consegue, rispetto a questo reato, l’impossibilità di riconoscere il risarcimento del danno che, invece, deriverebbe dall’eventuale delitto di lesioni colpose che si fosse verificato nello stesso contesto. In tal senso si cfr. Cass. 4.11.2008 n. 10486/09 che pur affrontando una diversa questione incidentalmente precisa che: “Il reato di fuga in caso di investimento di persona ha, come pacificamente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l’obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge. Ne consegue che, rispetto al reato di fuga, è da escludere che possa valere, ai fini e per gli effetti del meccanismo estintivo suddetto, il risarcimento del danno correlato al diverso, concorrente, reato di lesioni personali colpose patite dalla persona offesa in conseguenza del medesimo sinistro stradale”. Va, quindi, respinta la richiesta di riconoscimento dell’attenuante invocata.»
Secondo il ricorrente, inoltre, era sfuggita ai giudici di merito la circostanza che nel caso di specie all’imputato erano contestati sia il reato di fuga (art. 186 co. 6 del d.lgs. n. del 285 del 1992) che quello di omissione di soccorso (art. 186 co. 7 del d.lgs. n. 285 del 1992) rispetto al quale la presenza di feriti è requisito strutturale della fattispecie e che, oltretutto, la Corte di legittimità, nella motivazione della sentenza n. 19683 del 2011, avrebbe ammesso la compatibilità dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. con il reato di omissione di soccorso stradale.
La decisione della Corte
La Corte, dopo un’attenta disamina della fattispecie, ha rigettato il ricorso condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite.
Il Collegio ha, infatti, ritenuto che non si possano trarre considerazioni utili nel senso auspicato dal ricorrente dalla motivazione della sentenza da egli invocata (Cass. pen. sez. 4, 21 aprile 2011, n. 19683).
Invero, a favore della tesi dell’applicabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. alla fattispecie in esame, potrebbe, in linea del tutto astratta, valorizzarsi la puntualizzazione della Suprema Corte secondo cui «in tema di circolazione stradale, il reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal predetto art. 189, comma 6, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità fisica»[1]
Secondo gli ermellini potrebbe, in altre parole, ipoteticamente ritenersi configurabile l’attenuante del risarcimento del danno di cui all’art. 62 n. 6 c.p., ove si sia in presenza, in concreto, di “feriti”, ai quali, proprio per effetto del mancato o intempestivo soccorso, sia derivato un danno, purché tale danno venga positivamente dimostrato.
La suggerita impostazione, però, non persuade i giudici di legittimità. Gli stessi osservano, infatti, che la Suprema Corte ha recentemente precisato che «la circostanza attenuante dell’integrale riparazione del danno non è applicabile al reato di guida in stato di ebbrezza in caso di avvenuto risarcimento delle lesioni che ne sono conseguite, in quanto la causazione di lesioni a terzi, pur essendo una possibile conseguenza della condotta di guida in stato di alterazione, non costituisce effetto normale di tale reato secondo il criterio della c.d. regolarità causale.»[2]
Da tale argomento, infatti, discende che il nesso tra allontanamento illecito dal luogo del sinistro e il danno, da un punto di vista generale, è fuori dalla relazione di “regolarità causale” con il reato di cui all’art. 189 co. 7 del Codice della Strada. Inoltre, la Corte rammenta che in una recente pronuncia, si è rilevato che la condotta omissiva sanzionata dall’art. 189 co. 7 C.d.S., può considerarsi un’ipotesi speciale del delitto di omissione di soccorso previsto dall’art. 593 c.p., comma 2.
Per tale ragione «secondo la preferibile interpretazione della norma generale, il bene giuridico tutelato dal reato in questione (inserito tra i delitti contro la vita e l’incolumità personale) è da individuarsi in un bene di natura superindividuale, quello della solidarietà sociale, da preservarsi soprattutto quando siano in discussione i beni della vita e della incolumità personale di chi versa in pericolo. In particolare, lo stato di pericolo è espressamente previsto per la fattispecie di cui all’art. 593 c.p., comma 2 e proprio la necessità di prevenire un danno futuro impone l’obbligo di un intervento soccorritore. Nella materia della circolazione stradale, il legislatore ha introdotto, come si evince dal tenore dell’art. 189 C.d.S., comma 1, la presunzione che il verificarsi di un incidente determini una situazione di pericolo ed ha, conseguentemente, individuato nei soggetti coinvolti nel sinistro i titolari della posizione di garanzia, imponendo loro l’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza. Assistenza significa quel soccorso che si rende necessario, tenuto conto del modo, del luogo, del tempo e dei mezzi, per evitare il danno che si profila. Trattasi, in sostanza di reato istantaneo di pericolo, il quale ultimo va accertato con valutazione ex ante e non ex post (…) Il reato in esame trova, dunque, il suo fondamento nell’obbligo giuridico di attivarsi previsto dall’art. 189 C.d.S., comma 1, che attribuisce all’utente della strada, coinvolto in un sinistro comunque riconducibile al suo comportamento, una posizione di garanzia per proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso (…).»[3]
Dovendosi, dunque, dare continuità all’interpretazione secondo cui gli illeciti di omissione di soccorso, sia codicistico che speciale, siano reati istantanei di pericolo ove il bene giuridico tutelato è la solidarietà sociale, allora, secondo la Corte, logica conseguenza è l’esclusione della compatibilità con una impostazione incentrata sul danno che, invece, è il presupposto logico imprescindibile per il riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.
È’ stato, infatti, più volte puntualizzato che «nei reati di pericolo (…) le condotte riparatorie appaiono oggettivamente incompatibili, nel senso che non costituiscono un actus contrarius rispetto alla condotta incriminata, nè sono in grado di realizzare qualche forma di compensazione nei confronti della persona offesa.»[4]
Del resto, la Suprema Corte ha più volte precisato che «il reato di omissione di assistenza, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, presuppone quale antefatto non punibile un incidente stradale da cui sorge l’obbligo di assistenza anche nel caso di assenza di ferite in senso tecnico, essendo sufficiente lo stato di difficoltà indicativo del pericolo che dal ritardato soccorso può derivare per la vita o l’integrità fisica della persona.»[5]
Secondo la quarta sezione l’attenuante del risarcimento del danno sarebbe, invece, ben compatibile, ricorrendone le condizioni, con l’eventuale reato di lesioni colpose che sia connesso a quelli di fuga e / o di omissione di soccorso stradale.[6]
In conclusione la Corte di Cassazione con la sentenza in commento ha rigettato le doglianze della difesa dell’imputato ed ha affermato che la riparazione del danno ex art. 62 co. 6 c.p., quale circostanza che mira ad attenuare le conseguenze della condotta, è incompatibile con i delitti di fuga e reati di omesso soccorso stradale ex art 189 C.d.S.
Volume consigliato
Note
[1] Così Cass. pen. sez. IV, 15 marzo 2016, n. 23177.
[2] Così Cass. pen. sez. IV, 27 aprile 2018, n. 31634.
[3] Così Cass. pen. sez. IV, 6 aprile 2018, n. 21049.
[4] Così Cass. pen, sez. IV, 4 novembre 2011, n. 10486. In senso conforme cfr. Cass. pen. sez. IV, 7 febbraio 2007, n. 39563 del 07/02/2007; Cass. pen. sez. IV, 7 luglio 2005, n. 36366.
[5] Cass. pen, sez. IV, 6 aprile 2018, n. 21049; Cass. pen. sez. IV 3 maggio 2016, n. 39088; Cass. pen. sez. IV 30 gennaio 2014, n. 14610 e Cass. pen. sez. IV 6 marzo 2012, n. 17220.
[6] Cfr. Cass. pen. sez. IV, 28 novembre 2017, n. 6144 secondo cui «ai fini del riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 6, cod. pen., in caso di risarcimento effettuato da parte di un soggetto diverso dall’imputato, non è sufficiente che tale soggetto abbia con l’imputato, ovvero con i suoi coobbligati solidali, rapporti contrattuali o personali che ne giustifichino l’intervento, ma è necessario che l’imputato manifesti una concreta e tempestiva volontà riparatoria, che abbia contribuito all’adempimento». In senso conforme v. Cass. pen. sez. VI 23 giugno 2017, n. 39433; Cass. pen. sez. IV 24 gennaio 2013, n. 23663; Cass. pen. sez. IV 2 marzo 2011, n. 14523; Cass. pen. sez. IV 6 febbraio 2009, n. 13870.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento