Circuiti penitenziari e non giurisdizionalità della procedura di assegnazione e declassificazione

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 I “circuiti penitenziari” nascono dall’esigenza dell’Amministrazione Penitenziaria di organizzare il sistema penitenziario sulla scorta del livello di sicurezza richiesto dalla tipologia criminale dei ristretti, in relazione sia ai reati commessi, che a contegni tenuti durante la detenzione.
La natura di assegnazione di un detenuto al Circuito Alta sicurezza o, a contrario, di declassificazione, è squisitamente amministrativa, con necessità per il DAP, per la declassificazione di procedura che comprenda parere favorevole del Gruppo di osservazione e trattamento e delle competenti Autorità Giudiziarie.
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Indice

1. I rimedi giurisdizionali


Vexata quaestio sono i rimedi giurisdizionali; attesa la natura amministrativa di tale procedura, la attribuzione ad un circuito da parte del D.A.P., è inserimento in entità di tipo organizzativo ed amministrativo,
Ricorrente tema è l’esperibilità dei rimedi giurisdizionali, con particolare riguardo alle reclamabilità innanzi al Magistrato di Sorveglianza competente da parte di un detenuto (o del suo legale) per la classificazione ed assegnazione in seno al circuito di Alta sicurezza o a seguito di provvedimento di rigetto/diniego di declassificazione, a conclusione della procedura.
La Sentenza della Cassazione, Sezione I°, del 6 novembre 2008, specifica che “… il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria di inserimento del detenuto nel circuito E.I.V. …non è in sé suscettibile di ledere diritti soggettivi e si sottrae quindi al controllo del magistrato di sorveglianza”.
Anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 266 del 2009, ha ribadito il consolidato orientamento della Giurisprudenza di legittimità, così come le Sezioni Unite penali della Cassazione, con sentenza n. 25079 del 26 febbraio 2003, delineando i confini della tutela attuabile ed esperibile dalla Magistratura di sorveglianza in merito alla lesione dei diritti dei detenuti, che siano esse riferibili chiaramente a posizioni giuridiche che si declinino inequivocabilmente in diritti soggettivi.
In tal senso, la Magistratura di Sorveglianza reputa non oggetto di reclamabilità la assegnazione di un ristretto al circuito di Alta sicurezza, oltre che il diniego/rigetto da parte del D.A.P. di declassificazione limitando la competenza a decidere sui reclami solo nel caso di lesioni e compressioni di diritti specifici e non a scelte amministrative e gestionali che, di per sé, non ledono alcun diritto soggettivo.
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In questa stagione breve ma normativamente intensa sono state adottate diverse novità in materia di diritto e procedura penale. Non si è trattato di una riforma organica, come è stata, ad esempio, la riforma Cartabia, ma di un insieme di interventi che hanno interessato vari ambiti della disciplina penalistica, sia sostanziale, che procedurale.Obiettivo del presente volume è pertanto raccogliere e analizzare in un quadro unitario le diverse novità normative, dal decreto c.d. antirave alla legge per il contrasto della violenza sulle donne, passando in rassegna anche le prime valutazioni formulate dalla dottrina al fine di offrire una guida utile ai professionisti che si trovano ad affrontare le diverse problematiche in un quadro profondamente modificato.Completano la trattazione utili tabelle riepilogative per una più rapida consultazione delle novità.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB), giornalista pubblicista e cultore della materia in procedura penale. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

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2. I circuiti penitenziari: genesi, riferimenti normativi e differenze rispetto al regime penitenziario.


I “circuiti penitenziari” nascono dall’esigenza e dal dovere dell’Amministrazione Penitenziaria di organizzare il sistema penitenziario sulla scorta del livello di sicurezza richiesto dalla tipologia criminale dei ristretti, in relazione sia ai reati commessi, che a contegni tenuti durante la detenzione; constano pragmaticamente anche in ambienti, sezioni, fisicamente individuati all’interno degli istituti penitenziari, in cui vengono allocate particolari categorie di detenuti, sulla base di specifiche esigenze di sicurezza. Il fondamento normativo si rinviene nel disposto del secondo comma dell’articolo 14 O.P.[1] , con disciplina di circolari del D.A.P..
È di prioritaria importanza sgomberare il campo da una erronea assimilazione Vanno ben distinti due concetti, spesso erroneamente soprapposti: quello di circuito penitenziario e quello di regime, ben distinti e diversi.
Il regime penitenziario è un insieme, un complesso, un “pacchetto” di regole trattamentali delle quali è destinatario, in modo specifico, un detenuto in virtù di precipua previsione normativa e provvedimento specifico; per lo più, con ridefinizione di diritti o facoltà per necessario bilanciamento a favore della sicurezza.
Si pensi, nell’ambito della Legge sull’ordinamento penitenziario n. 354 del 26 luglio 1975, ai regimi previsti dagli articoli 4 bis, 14 bis e 41 bis. Il regime può contemplare limitazioni, ad esempio, rispetto al numero di colloqui telefonici o alle modalità di acquisto o ricezione di beni da pacchi provenienti dall’esterno, al numero di colloqui con congiunti e terze persona, e visivi o in modalità di video collegamento dei quali fruire, et alia.
Il circuito penitenziario è, invece, appunto, un concetto, “un’entità di tipo logistico[2] amministrativo prevista al fine di meglio consentire la gestione di ristretti che, per similari e precipue caratteristiche criminali e gradienti di pericolosità, è opportuno siano sottoposti a gestioni organiche ed omogenee nell’ambito dell’apparato penitenziario ed all’interno di un istituto penitenziario, con separazione rispetto ad altri ristretti. Tale concettualizzazione prende le mosse dagli articoli 13 e 14 dell’Ordinamento; l’art 14, terzo capoverso, infatti, recita: “…l’assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti ed il raggruppamento nelle sezioni di ciascun istituto sono disposti con particolare riguardo alla possibilità di procedere a trattamento rieducativo comune e all’esigenza di evitare influenze nocive reciproche (articolo novellato dal Decreto legislativo n. 123 del 2 ottobre 2018).
Parimenti, anche l’art. 32 del D.P.R. n. 230 del 2000[3]  già prevedeva la creazione, sempre ai fini di una sicura ed efficace gestione di detenuti con caratteristiche criminali e penitenziarie, di circuiti detentivi dedicati.

3. Nascita dei tre principali circuiti: Alta sicurezza, Media sicurezza e Custodia attenuata.


Anche in tale ottica, la Circolare D.A.P. n. 3359/5808 del 21 aprile 1993, distingue i circuiti in: Alta Sicurezza, Media sicurezza e Custodia attenuata. Il primo destinato a detenuti imputati o condannati per taluni tipi di delitti, tra cui quelli ex art. 416 bis (associazione di tipo mafioso), art. 416 bis. 1 c.p. (circostanze aggravanti e attenuanti connessi ad attività mafiose), art. 74, co. 1, D.P.R. n. 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope). La Custodia Attenuata è, di contro, il circuito destinato ai detenuti non particolarmente pericolosi (detenuti tossicodipendenti o detenute con prole) mentre il terzo, ovvero la Media Sicurezza, pregnante per numero di detenuti interessati, si atteggia “in negativo” rispetto agli altri due e racchiude la gestione di tutta la residua parte della popolazione detenuta, non inclusa negli altri due.

4. Evoluzione e definizione del circuito Alta Sicurezza: sotto circuiti AS1, AS2 ed AS3.


Nel 1998 si delinea l’istituzione del circuito E.I.V. (Elevato Indice di Vigilanza), per i detenuti di particolare pericolosità mentre, nel 2009, viene emanata la Circolare D.A.P. 3619/6069 che, sopprimendo il circuito EIV, istituisce un rinnovato Circuito Alta Sicurezza, suddiviso in tre sotto-circuiti: AS1, AS2, AS3. Il sotto circuito AS1 (Alta Sicurezza 1) è quello al quale sono assegnati detenuti ed internati nei cui confronti sia venuto meno il decreto di applicazione del regime ex art. 41 bis O.P. e/o comunque per esser stati considerati elementi di spicco e rilevanti punti di riferimento delle organizzazioni criminali di provenienza (in precedenza appartenenti al Circuito EIV). La differenziazione di tale tipologia detentiva nasce, come anticipato in incipit, dalla necessità di separare tali soggetti, che hanno rivestito ruoli di primaria importanza nelle organizzazioni criminali, da altri che hanno rivestito ruoli di minore rilievo nelle organizzazioni criminali medesime o altre ed, ancor più, da altri detenuti nemmanco autori di reati associativi e con minore pregnanza criminale. Tanto al fine precipuo di evitare influenze nocive, sopraffazioni, condizionamenti, assoggettamenti o, addirittura, reclutamenti a scapito di detenuti meno strutturali o, comunque, assoggettabili da criminali di spicco e leader.
L’AS2 (Alta Sicurezza 2) è il sotto-circuito destinato all’inserimento dei soggetti imputati o condannati per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza (anche essi precedentemente appartenenti al Circuito E.I.V.); nel predetto sono inclusi anche ristretti nei cui confronti gli organi investigativi abbiano evidenziato il compimento di fatti di reato per finalità terroristiche o eversive.
L’AS3 (Alta Sicurezza 3) è il sotto-circuito destinato a detenuti imputati o condannati per taluni tipi di delitti (tra cui quelli per associazione di tipo mafioso), o con circostanze aggravanti e attenuanti connessi ad attività mafiose o, ancora, per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope, i quali non abbiamo rivestito ruoli di vertice e primaria importanza e possano assurgere a meri associati, sodali o gregari.

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5. Assegnazione di un ristretto al Circuito Alta Sicurezza e procedura di declassificazione; circolari, iter e step


Va specificato che, per la classificazione in Alta sicurezza, primario indicatore è il titolo detentivo ma, anche, possono essere organiche e decisive informazioni di organi investigativi o giudiziari, D.N.A., D.D.A e Procure della Repubblica, che facciano reputare idonea tale classificazione ed assegnazione. Fatta questa doverosa premessa, si può meglio comprendere senso e pregnanza della procedura della declassificazione, ovvero l’iter in virtù del quale un detenuto, ristretto nel circuito Alta sicurezza, sia reputato meritevole dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria di essere estromesso dall’Alta sicurezza ed inserito nel circuito della Media sicurezza.
Tale procedura è stata ridefinita dall’ultima e riepilogativa circolare del 5 maggio 2015 – Procedura di declassificazione per l’eventuale estromissione dal circuito “alta sicurezza” ed inserimento nelle sezioni dedicate ai detenuti comuni, richiamando le precedenti in argomento
(circolare n. 20 del 9 gennaio 2007 – “Circuito penitenziario per detenuti A.S.”).
Puntualizza che la declassificazione possa avere come incipit sia la richiesta del ristretto o del suo legale, che una formale proposta della direzione dell’istituto. L’iter ha sempre avuto due step procedurali interconnessi: una valutazione del gruppo di osservazione e trattamento, non solo rispetto ai contegni penitenziari trattamentali del ristretto ed alle sue evoluzioni ma, anche, rispetto alla capacità criminogena, di proselitismo ed assoggettamento del ristretto oggetto della valutazione ed alla sua vis di assoggettamento nocivo di altri detenuti per i motivi sopra esposti. Secondo step di tale procedura è la richiesta di informazioni dell’autorità amministrativa titolare del procedimento alle autorità giudiziarie competenti; D.N.A., D.D.A., Procure della Repubblica competenti, et alia, che si esprimeranno sulle attualità dei collegamenti con le associazioni criminali di appartenenza, con parere favorevole o negativo alla declassificazione.
 Con la circolare del 2015, si volle anche valorizzare la facoltà propulsiva delle direzioni degli istituti di pena all’avvio d’ufficio della declassificazione per i detenuti già destinatari di permessi premio dalla competente Magistratura di Sorveglianza o particolarmente inseriti, da tempo ed in modo adesivo, a programmi trattamentali individualizzati; in tali casi, la circolare prescrive l’obbligo di acquisizione del parere della D.N.A. e, comunque, in tutti gli altri casi alle Procure di competenza chiamate a valutare l’attualità dei collegamenti degli interessati con le associazioni criminali di appartenenza.

6. Possibili reclami e gravami contro la assegnazione all’Alta Sicurezza: natura amministrativa e sottrazione del vaglio giurisdizionale della Magistratura di Sorveglianza


Ebbene, annoso tema è l’odierno tema: la esperibilità dei rimedi giurisdizionali, con particolare riguardo alle reclamabilità innanzi al Magistrato di Sorveglianza competente da parte di un detenuto (o del suo legale) per la classificazione ed assegnazione in seno al circuito di Alta sicurezza o a seguito di rigetto/diniego di declassificazione, dopo conclusione della procedura.
Già diverse sentenze della Corte di Cassazione, per lo più afferenti il provvedimento di inserimento del ristretto nel circuito E.I.V., hanno ribadito la natura amministrativa, logistico organizzativa dell’assegnazione da parte del DAP di un ristretto nel circuito Alta sicurezza, e la sottrazione al vaglio ed alla sindacabilità giurisdizionale da parte della Magistratura di Sorveglianza. Ex plurimis, si consideri la Sentenza della Cassazione, Sezione I°, del  6 novembre 2008, nel quale si specifica che “… il provvedimento dell’Amministrazione penitenziaria di inserimento del detenuto nel circuito E.I.V. (elevato indice di vigilanza)” (antesignano dell’Alta sicurezza) “non eccedente la funzione tipica che gli è propria, non è in sé suscettibile di ledere diritti soggettivi e si sottrae quindi al controllo del magistrato di sorveglianza, mentre possono tuttavia costituire oggetto di reclamo le singole disposizioni che lo accompagnano o lo seguono o gli atti esecutivi che siano in concreto lesivi di diritti”.
Anche la Corte costituzionale, con sentenza n. 266 del 2009, ha ribadito il consolidato orientamento della Giurisprudenza di legittimità appena citato, reputando corrette le statuizioni ed interpretazioni della Cassazione; le Sezioni Unite, con sentenza n. 25079 del 26 febbraio 2003, delineando più in generale i confini della tutela attuabile ed esperibile dalla Magistratura di sorveglianza in merito alla lesione dei diritti dei detenuti, specificano che siano esse riferibili chiaramente a posizioni giuridiche declinabili quali diritti soggettivi e non anche interessi legittimi, così escludendone la competenza nel caso di reclamo su scelte e potestà organizzative ed amministrative quale, appunto, è l’assegnazione ad un circuito di Alta sicurezza, valutazione altresì suffragata da motivazioni di sicurezza e norme legittimanti.
Anche in seguito alla soppressione del circuito E.I.V. ed alla reviviscenza del circuito Alta sicurezza (con i tre sotto circuiti), copiosa nonché pressoché uniforme giurisprudenza della Magistratura di Sorveglianza reputa non oggetto di reclamabilità la assegnazione di un ristretto al circuito di Alta sicurezza, oltre che il diniego/rigetto da parte del D.A.P. di declassificazione richiesto da un detenuto (o del di lui legale) sottolineando la natura amministrativa e logistico organizzativa di tale opzione.
Altro è, secondo le medesime pronunce, se, nell’ambito dell’assegnazione ad un circuito, vi siano lesioni specifiche di diritti incomprimibili a detrimento dei ristretti; lesioni e compressioni, nel tale specifico caso, sì reclamabili. *
 
 
*Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.”

Note

  1. [1]

    Il quale prevede che l’assegnazione dei condannati e degli internati ai singoli istituti ed il raggruppamento nelle singole sezioni di ciascun istituto siano disposti anche con particolare riguardo alla necessità di porre in campo un trattamento rieducativo comune ed all’esigenza di evitare influenze nocive reciproche.

  2. [2]

    Sebastiano ARDTA, attualmente Procuratore di Catania, ne “Le disposizioni sulla sicurezza penitenziaria, in rassegna penitenziaria e criminologica” 2007, 3.

  3. [3]

    Art. 32 O.P.” Assegnazione e raggruppamento per motivi cautelari. 1. I detenuti e gli internati, che abbiano un comportamento che richiede particolari cautele, anche per la tutela dei compagni da possibili aggressioni o sopraffazioni, sono assegnati ad appositi istituti o sezioni dove sia più agevole adottare le suddette cautele. 2. La permanenza dei motivi cautelari viene verificata semestralmente. 3. Si cura, inoltre, la collocazione più idonea di quei detenuti ed internati per i quali si possano temere aggressioni o sopraffazioni da parte dei compagni. Sono anche utilizzate apposite sezioni a tal fine, ma la assegnazione presso le stesse deve essere frequentemente riesaminata nei confronti delle singole persone per verificare il permanere delle ragioni della separazione delle stesse dalla comunità.”

Annalisa Gadaleta

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