CNF: nuova norma sull’equo compenso in vigore

Chiara Schena 02/07/24
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Il CNF ha approvato una nuova norma deontologica sull’equo compenso, come previsto dalla l. 49/2023, al fine di garantire agli avvocati una giusta retribuzione. La norma vieta compensi ingiusti e impone sanzioni disciplinari in caso di violazione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2024 è stato pubblicato il comunicato del Consiglio Nazionale Forense riguardante l’introduzione del nuovo articolo 25-bis sul “Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso” nel Codice Deontologico Forense. La normativa è entrata in vigore il 2 luglio 2024.

Indice

1. Modifica alla norma sull’equo compenso in G.U.


Il 3 maggio 2024, con G.U. n. 102, il Consiglio Nazionale Forense ha adottato la delibera n. 275, modificando l’articolo 25-bis del Codice Deontologico Forense sull’equo compenso. Gli avvocati sono ora tenuti a concordare compensi giusti e proporre accordi che rispettino i criteri stabiliti, avvisando per iscritto i clienti di tali obblighi. La violazione di queste norme comporta sanzioni disciplinari, come la censura per compensi ingiusti e l’avvertimento per mancata comunicazione dei criteri di equo compenso.

2. CNF: nuova norma deontologica dell’equo compenso


Nel corso della seduta del 23 febbraio 2024, il Consiglio Nazionale Forense ha approvato una nuova norma deontologica nell’ambito dell’equo compenso, come previsto dalla l. 49 del 2023. Tale normativa si propone di assicurare che gli avvocati ricevano una remunerazione adeguata per il loro lavoro, contrastando al contempo l’abitudine a praticare compensi troppo bassi o gratuiti.
L’articolo 25-bis, elaborato dalla Commissione deontologica del CNF, è stato preliminarmente approvato durante l’ultima sessione del 2023. Successivamente, è stato sottoposto alla consultazione obbligatoria presso i Consigli dell’Ordine degli avvocati, per poi ricevere il via libera definitivo durante l’ultima riunione amministrativa del CNF, con alcune integrazioni.
Secondo questa nuova norma, gli avvocati non possono concordare o prevedere un compenso che non sia giusto e proporzionato al servizio richiesto, e che non sia conforme ai parametri forensi attuali. La violazione di questa disposizione comporta l’applicazione della sanzione della  censura in ambito disciplinare. Inoltre, nel caso di stipula di un accordo con il cliente, l’avvocato è tenuto a informarlo per iscritto che il compenso deve rispettare i criteri stabiliti dalla legge, altrimenti l’accordo risulterà nullo. La mancata osservanza di questa seconda disposizione, invece, comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.
La modifica al codice deontologico entrerà in vigore dopo la pubblicazione in G.U.

3. Equo compenso


La normativa sull’equo compenso si applica ai contratti di prestazioni di lavoro intellettuale e che riguardano l’esercizio associato o societario di attività professionali, comprese quelle svolte da avvocati, professionisti appartenenti agli ordini e non.
Tuttavia, vi sono alcune eccezioni: le prestazioni fornite da professionisti a società veicolo di cartolarizzazione e agli agenti della riscossione non sono soggette alla normativa sull’equo compenso.
Tra le novità introdotte dalla l. n. 49/2023 c’è la presunzione semplice secondo cui gli accordi o i contratti, vincolanti per il professionista, si presume che siano unilateralmente predisposti dalle imprese, considerando la disparità di forza economica tra le parti.
Per considerare un compenso equo sono previsti due criteri fondamentali: deve essere proporzionato alla qualità e quantità del lavoro svolto e deve essere in linea con i compensi previsti dai parametri stabiliti dalle norme vigenti.

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4. Nulle le clausole vessatorie


La l. n. 49/2023 ha introdotto una serie di disposizioni fondamentali riguardanti l’equo compenso, ponendo un’attenzione particolare diretta ad assicurare una remunerazione equa e proporzionata per il lavoro svolto. In primo luogo, si stabilisce la nullità di tutte le clausole contrattuali che non rispettano tale principio, inclusi i casi in cui il compenso previsto è inferiore agli importi stabiliti dai parametri ministeriali.
Una delle innovazioni più significative della legge è la previsione della nullità delle clausole vessatorie, che possono riguardare sia compensi inferiori ai parametri stabiliti, sia situazioni che indicano uno squilibrio nel rapporto tra professionista e impresa.
La disposizione normativa conferisce al giudice il compito di rideterminare eventuali compensi iniqui, garantendo così una risoluzione equa delle controversie in materia di retribuzione professionale.
La legge disciplina anche la decorrenza dei termini di prescrizione per il diritto al compenso e per l’azione di responsabilità professionale, con l’obiettivo di chiarire e stabilire una tempistica definita per la risoluzione delle controversie.
Inoltre, una semplificazione è rappresentata dalla procedura di recupero del compenso, che ora può avvenire attraverso il parere di congruità emesso dall’Ordine professionale di appartenenza, qualora il debitore non presenti opposizione entro un determinato periodo dalla notifica del parere stesso.
Infine, viene garantito al professionista il diritto di impugnare davanti al Tribunale competente accordi o convenzioni che prevedono compensi non equi, al fine di far valere la nullità della clausola e chiedere una rideterminazione giudiziale del compenso.

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