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La co-mediazione come scelta
Abitualmente la mediazione, sia essa civile e commerciale o familiare, è condotta da un solo operatore che conduce in autonomia e in via esclusiva il percorso mediativo. E’ tuttavia piuttosto frequente avere notizia di conduzioni condivise, mediante il coinvolgimento di più mediatori: quando ci riferiamo a quest’ipotesi, si parla di co-mediazione. In questi casi intervengono professionisti appartenenti alla medesima area disciplinare (es. mediatori civili e commerciali o familiari), ma non necessariamente appartenenti alla medesima estrazione curriculare, accademica e professionale.
Il presente contributo si pone l’intento di percorrere alcuni dei tratti caratterizzanti dalla co-mediazione intesa quale processo di gestione della procedura da parte di un binomio di professionisti che si rapportano contemporaneamente alle parti in conflitto. Non ha quindi lo scopo di esaminare specificatamente e da un punto di vista tecnico, nell’ambito della mediazione familiare, le differenze esistenti tra la c.d. mediazione integrata, in cui al mediatore familiare di estrazione psicosociale si affianca un esperto del diritto (es. in determinate occasioni o nel colloquio finale per la redazione del progetto d’intesa -accordo) e la c.d. co-mediazione interdisciplinare, che prevede la compresenza di due mediatori, uno appartenente alla sfera psicosociale e l’altro appartenente a quella giuridica, onde poter soddisfare il modello di conduzione di tipo globale, che tratta sia questioni educative e relazionali, sia gli aspetti economico-patrimoniali lavorando sugli aspetti emotivi, affettivi e simbolici legati al rapporto che le parti protagoniste della procedura hanno rispetto ai beni materiali.
Il prefisso co-, nel suo significato di “con – insieme”, pone in evidenza che quando due mediatori condividono e conducono una mediazione, sono chiamati a compartecipare, coordinarsi, cooperare, condividere, completarsi, co-gestire, co-bilanciare.
Che i co-mediatori operino insieme nell’ambito di una mediazione civile e commerciale o familiare, vi sono delle ricorrenze: le parti potranno beneficiare di indubbi vantaggi derivanti dalla presenza di due professionisti che si dedichino loro; per questi ultimi, tuttavia, è possibile incontrare alcune complessità, cui devono essere preparati e di cui è bene siano consapevoli, così da poterle conoscere, prevenire e, se del caso, gestire.
In ambito civile e commerciale, vi sono Organismi di Mediazione che praticano abitualmente la gestione in co-mediazione, anche oltre alle ipotesi in cui il Legislatore ammette, qualora la mediazione presenti caratteri di particolare complessità e/o tecnicità, la possibilità di prevedere la conduzione di un’unica procedura da parte di due mediatori. Ciò avviene, a titolo esemplificativo, qualora la mediazione coinvolga soggetti legati da una relazione familiare o, comunque, di stretta vicinanza, in ragione delle dinamiche relazionali che potrebbero caratterizzare il conflitto (si pensi a liti condominiali in cui i Condòmini siano tra loro parenti, ai giudizi di divisioni tra ex coniugi, alle liti successorie che coinvolgono famiglie a volte anche numerose e composte da soggetti appartenenti a generazioni differenti, etc.).
In ambito di mediazione familiare, tale ipotesi è senz’altro frequente, in quanto più fisiologica perchè soddisfa plurime esigenze, tra cui quella di garantire alle parti in conflitto un adeguato sostegno emotivo e di facilitazione nelle comunicazioni che abbiano ad oggetto questioni di natura economico-patrimoniale.
L’attività di co-mediazione può essere definita come un’arte nell’arte, una danza che impone ai mediatori passi curati e coordinati, creatività, grande intesa e fluidità tra i mediatori.
Passiamo ad esaminare quali possono essere i vantaggi e gli eventuali profili critici della co-mediazione.
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Obiettivi e vantaggi della co-mediazione
Partendo dalla premessa secondo cui in mediazione le parti prenderanno le loro decisioni a seconda di quello che è il loro senso di giustizia e di ciò che è rispettoso della loro natura e dei loro bisogni, è fondamentale che il mediatore abbia sempre chiaro che il suo ruolo è quello di facilitare la comunicazione tra le parti, senza tuttavia indirizzarle e orientarle verso determinazioni e decisioni che non nascano direttamente da loro. L’obiettivo del mediatore è quello di accompagnare le parti in un percorso di ricerca di un patto condiviso o accordo che racchiuda interessi comuni, ma non devono avere come obiettivo unico ed esclusivo un’intesa a tutti i costi.
Vi sono infatti percorsi mediativi in cui non è detto che si pervenga ad un’intesa: l’efficacia e l’efficienza di una buona mediazione non si determinano in funzione del raggiungimento di un accordo, ma, semmai, nel fatto di essere riusciti a definire la natura della lite, i bisogni di ciascuna parte, nell’aver offerto uno spazio ove potersi esprimere in totale assenza di giudizio e in un contesto riservato, non competitivo e, non ultimo, nell’aver avuto l’opportunità di comprendere se il conflitto attenga valori personali.
Ciascun mediatore ha una formazione che potrebbe essere psico-sociale, giuridica, economica o di altra estrazione; pertanto potrebbe rendersi non solo utile, ma addirittura necessario poter valutare una co-mediazione, al fine di poter garantire al cliente la più ampia e professionale assistenza nella gestione del conflitto che lo riguarda.
La gestione della collera, delle paure, delle forme di ansia, del sospetto, della sfiducia o emozioni quali la tristezza, la stanchezza e la rassegnazione, impongono al mediatore uno sforzo di non poco conto; condurre la mediazione e nel contempo riuscire a riconoscere e a gestire ciò che le parti potrebbero “mettere sul tavolo”, conducendo il processo in modo professionale e utile alle parti, richiede doti di ascolto attivo non comuni, esperienza, concentrazione e conoscenza.
Ecco che il lavoro in team può costituire occasione di sostegno reciproco, di suddivisione dei compiti e dei ruoli in mediazione, di monitoraggio delle varie fasi della mediazione e dei tempi della stessa.
L’assetto di una mediazione non è mai qualcosa di semplice; non si ripete mai una procedura uguale alla precedente: ciascuna presenta tratti caratteristici propri, per loro natura irripetibili; per questo, può risultare vincente valutare la co-mediazione.
Co-mediare per due mediatori che trovino piacere e soddisfazione nel condividere dei momenti di lavoro, accresce le energie di entrambi e consente una ripartizione equa dello stress e delle difficoltà.
Non solo; la co-mediazione può agevolare il perseguimento di alcuni obiettivi, tra cui l’agevolare un mediatore meno esperto, permettendogli di apprendere da uno con maggiore esperienza; ciò consentirà al primo di ridurre la sensazione di tensione, l’ansia da prestazione e il timore del risultato, consentendogli di osservare e, nel caso ve ne sia l’esigenza, fare affidamento sull’intervento del secondo, nonché ridurre le occasioni di “errore”.
Due mediatori possono riequilibrare i rapporti con le parti, ad esempio nel caso in cui una non si senta in sintonia con uno dei due professionisti. Ciò può accadere quando si creano situazioni di squilibrio (es. tra sessi o di tipo socio-culturale). Due mediatori, eventualmente di formazione differente (si pensi ad un esperto in materie economiche o legali ed uno di estrazione psico-sociale) potranno applicare insieme strategie più articolate e supportarsi a vicenda nelle rispettive aree di competenza.
Sotto il profilo dell’osservazione della procedura, i co-mediatori hanno più possibilità di comprendere i bisogni delle parti, raccogliere e accogliere le loro emozioni ed accompagnarli nell’esplorazione dei loro bisogni e nell’individuazione di interessi comuni; la co-mediazione, da questo punto di vista, offre un’ottima occasione per ristabilire equilibrio e gestire tempestivamente ed efficacemente le eventuali escalation emotive, concedendo tuttavia alle parti di avere il giusto spazio per esternare i loro stati d’animo senza incorrere nel rischio che si trascenda in episodi di aggressività eccessiva e/o violenti.
Co-mediatori aventi formazioni differenti, potranno arricchire la mediazione e quindi offrire maggiore qualità agli utenti: offriranno vedute più ampie e, naturalmente punti di vista differenti, senza incorrere nel rischio che i medesimi confliggano. La capacità di accompagnare le parti innanzi alla scoperta di scenari inesplorati, accrescerà la loro attitudine a fare ipotesi, confutarle, bilanciarle e quindi individuare quella per loro più adeguata.
In mediazione è fondamentale possedere buone tecniche per riuscire a formulare domande utili alle parti; anche in questo caso, la presenza di più mediatori ben strutturati e preparati a lavorare in modo complementare, agevoleranno la nascita di discussioni aventi una dinamica circolare, in cui le parti sono tutte coinvolte così da accrescerne i contenuti in una logica costruttiva.
Di tutta evidenza, non in ultimo, che il lavoro in team porta in se’ una maggiore concentrazione e il desiderio di mantenere un livello professionale qualitativamente adeguato. I co-mediatori avranno la possibilità di apprendere e acquisire sicurezza gli uni dagli altri e potranno mettere a fuoco quali tecniche e strategie sono più efficaci di altre. Potranno condividere esperienze ed esaminarle; in fase di feedback al termine degli incontri con le parti, potranno analizzarne l’andamento, offrirsi reciprocamente spunti di riflessione, confronto e critica costruttiva volti al miglioramento individuale e di squadra.
Molti mediatori meno esperti, trovano conforto nella co-mediazione, in quanto percepiscono di essere protetti e sostenuti e conseguentemente si sentono meno intimoriti dalla conduzione singola in autonomia. Per i mediatori più esperti, la co-mediazione costituisce uno stimolo a valutare con maggiore attenzione il proprio stile e la scelta delle tecniche da utilizzare.
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Rischi in co-mediazione e abilità per contenerli
A seconda dei casi (soprattutto nella mediazione familiare), il fatto di offrire alle parti in mediazione la possibilità di una co-mediazione, potrebbe comportare un aumento dei costi e di conseguenza le parti potrebbero non riuscire ad apprezzare nell’immediato la potenzialità di una conduzione condivisa: è quindi sempre fondamentale offrire tutte le informazioni necessarie agli utenti, così che non vi siano malintendimenti che potrebbero pregiudicare il buon andamento della procedura.
La conduzione condivisa, peraltro, laddove venga gestita da due soggetti del medesimo sesso (è più frequente si tratti di due donne essendo la categoria professionale dei mediatori rappresentata per lo più da professioniste appartenenti al genere femminile) potrebbe ingenerare in una delle parti una sensazione di “soccombenza” e percepita “minoranza” rispetto al sesso opposto o, al contrario, di competizione e antagonismo con mediatori appartenenti allo stesso sesso. La scelta del team deve essere quindi sempre ben ponderata e condivisa con le parti, alle quali dovrebbe essere altresì data la possibilità di esprimersi rispetto al binomio di professionisti.
Si è detto sopra che la collaborazione, la coesione e la condivisione di intenti e obiettivi non può prescindere in co-mediazione: non dovrebbe mai accadere che tra co-mediatori vi sia spazio per la competizione, perché è evidente che l’interdisciplinarietà dovrebbe consentire di unire gli ingredienti di una ricetta gustosa, e non portare alla reazione esplosiva tra reagenti chimici. Le parti in conflitto se ne renderebbero conto e la fiducia nei mediatori verrebbe inevitabilmente meno, perché se dovessero percepire che anche chi dovrebbe aiutarli a risolvere un conflitto non riesce a gestire il proprio, li porrebbe in uno stato di sfiducia, stanchezza e rassegnazione tali da pregiudicare il lavoro fino a quel momento svolto. Particolare attenzione, pertanto, dovrebbe essere prestata alla modalità con cui gli eventuali dissensi rispetto all’operato del collega in co-mediazione, fossero gestiti senza critiche innanzi ai clienti, senza giudizi e in modo tale da far comprendere ai confliggenti che anche in caso di divergenze, è possibile confrontarsi e tutti insieme trovare un punto di incontro migliore rispetto a quello da cui si è partiti.
Ciò che dovesse nascere come un momento di confusione e conflitto tra co-mediatori, potrebbe trasformarsi in un’ottima e valida occasione di far comprendere alle parti che poter fare affidamento su due professionisti che hanno loro idee, loro tratti caratteristici, tali da arricchire il percorso mediativo e non incorrere nel timore che il medesimo si limiti ad un tentativo, più o meno sofisticato, di portare le parti verso una direzione voluta dai mediatori.
Con specifico riguardo, poi, al tema della confusione, è importante che ciascun mediatore abbia sempre chiaro cosa sta facendo il collega: i co-mediatori dovranno quindi dedicarsi del tempo per effettuare un briefing e convenire il come co-condurre la mediazione. Potranno individuare eventuali segnali significativi che possano far comprendere qualcosa di specifico che l’uno o l’altro abbiano l’esigenza di far notare all’altro professionista (es. la necessità di procedere con sessioni separate o caucus, l’avviso che qualcosa che non è stato colto sta succedendo tra le parti, l’aver tralasciato qualcosa di importante, segnali sul timing, etc.).
Un altro aspetto critico della conduzione in co-mediazione è data dalla possibilità che le parti si sentano più o meno affini ad un mediatore o all’altro e che cerchino, magari inconsciamente, di “corteggiarli” con l’obiettivo di assicurarsi un alleato. Questo è un rischio molto frequente, che origina in primis dall’inevitabile empatia, più o meno intensa, che si può venire a creare tra esseri umani. I mediatori dovrebbero conoscere quest’insidia e porre grande attenzione affinché non si incorra nel rischio che vi sia una sorta di inversione di ruoli e che le parti si pongano nella posizione di condurre il mediatore verso i loro obiettivi.
- Conclusioni
In conclusione, è possibile trarre esiti che portano a propendere per un giudizio complessivamente favorevole sull’opportunità, la validità e l’efficacia della co-mediazione, nonché sulle opportunità che la stessa può offrire. Il tutto, evidentemente, nel rispetto di condizioni imprescindibili, tra cui la fiducia irrinunciabile tra co-mediatori.
Laddove non vi fosse un’adeguata preparazione professionale, la condivisione di ruoli e una preventiva assegnazione di compiti, così come un costante sostegno reciproco tra colleghi, sarebbe difficile assicurare fluidità e naturalezza agli incontri con le parti. Ragione per cui la co-mediazione può ritenersi per l’autore una sfida nella sfida della mediazione: una sfida, tuttavia, che non deve fare paura, bensì costituire occasione di accrescimento personale e professionale.
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