Oltre a tale innovazione, si penserebbe anche di modificare la disciplina relativa ai giudici e agli amministratori giudiziari, per i quali sia prevista la rotazione, nonché l’introduzione di ben sette sedi per la rifondata Agenzia per i beni confiscati, una a Roma al Viminale e altre sette in periferia (Reggio Calabria, Palermo, Catania, Napoli, Bologna, Milano).
Di seguito un estratto di approfondimento sulla materia delle misure patrimoniali di prevenzione.
Misure patrimoniali preliminari: di cosa si tratta?
Un settore per così dire ibrido è il c.d. “diritto penale atipico” cui appartengono le misure di prevenzione. Quest’ultime, infatti, sono strumenti giuridici finalizzati alla prevenzione della commissione di reati da parte di soggetti che risultano socialmente pericolosi da parte dell’ordinamento, anche in assenza di un pregresso reato.
Si va convincendosi sempre di più, infatti, che “il vero tallone d’Achille delle organizzazioni mafiose è costituito dalle tracce che lasciano dietro di sé i grandi movimenti di denaro, connessi alle attività criminose più lucrose”; e, quindi, alla luce dell’impegno soppressivo sottoscritto dalle organizzazioni mafiose, “lo sviluppo di queste tracce, attraverso un’indagine patrimoniale che segua il flusso di denaro proveniente dai traffici illeciti, è (…) la strada maestra, l’aspetto decisamente da privilegiare nelle investigazioni in materia di mafia, perché è quello che maggiormente consente agli inquirenti di costruire un reticolo di prove obiettive, documentali, univoche, insuscettibili di distorsioni, e foriere di conferme e riscontri ai dati emergenti dall’attività probatoria di tipo tradizionale”.
Organizzazioni Criminali e Corrotti: dove colpire?
Per questo motivo, il settore in esame è stato sottoposto ad una forte espansione, soprattutto attraverso i c.d. “pacchetti sicurezza” del 2008 e del 2009, nonché tramite la sistematica disciplina delle misure di prevenzione ante delictum all’interno del Codice Antimafia. Ciò nonostante la sua dubbia compatibilità con il sistema costituzionale, in particolare con alcuni principi cardine tra i quali il principio di personalità della pena, la presunzione di non colpevolezza e l’inviolabilità della libertà personale.
Introdotte con la legge n. 575 del 1965, con la quale si estese l’applicabilità delle misure di prevenzione personali già previste ai soggetti “indiziati di appartenere ad associazioni mafiose”, furono poi implementate con la legge n. 646 del 1982, mediante l’aggiunta delle c.d. “misure patrimoniali”, ovvero il sequestro e la confisca per i beni di sospetta provenienza illecita (oggi disciplinate, rispettivamente, dagli artt. 20 e 24 del d.lgs. n. 159 del 2011).
Il Libro I, Titolo I, del c.d. “Codice Antimafia” distingue tra misure adottabili dal Questore e adottabili dall’autorità giudiziaria.
Rispetto a queste ultime, in particolare, si prevede che, su proposta del Procuratore nazionale antimafia, Procuratore della Repubblica distrettuale e circondariale, Direttore della Direzione investigativa antimafia o del Questore (art. 5 d.lgs. 159/2011), possano comminarsi le misure della sorveglianza speciale e dell’obbligo o divieto di soggiorno a una serie soggetti pericolosi; e tra questi si annoverano gli “indiziati di appartenere alle associazioni di cui all’articolo 416-bis c.p.” (art. 4 lett. a d.lgs. 159/2011), nonché i “soggetti indiziati di uno dei reati previsti dall’articolo 51, comma 3 bis, del codice di procedura penale ovvero del delitto di cui all’articolo 12 quinquies, comma 1, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356” (art. 4 lett. b d.lgs. 159/2011).
Grado della Prova, gli indizi, le garanzie individuali: il procedimento
La modifica più rivoluzionaria è stata inserita con il d.l. n. 92 del 2008 (c.d. “decreto sicurezza”), confluito nel c.d. “Codice Antimafia”, con il quale l’apparato delle misure di prevenzione si è emancipato dal sistema delle misure personali, a cui era legato mediante un rapporto di accessorietà. La differenza rilevante risiede nel fatto che la loro applicazione, da quel momento, non fu più subordinata alla pericolosità della persona (art. 18 comma 1 d.lgs. n. 159 del 2001). Il legame con il soggetto è del tutto superato, come si può dedurre anche dal fatto che siano irrogabili misure di prevenzione patrimoniali anche “in caso di morte del soggetto proposto per la loro applicazione” (art. 18 comma 2 d.lgs. 159/2001) o di intestazione fittizia dei beni (art. 26 d.lgs. 159/2001).
In particolare, il sistema delle misure ante delictum con cui è possibile colpire le organizzazioni criminali di stampo mafioso nel loro patrimonio, ha acquisito progressivamente rilevanza, in virtù dell’atteggiarsi sempre più manifesto della criminalità stessa quale impresa. Il lato economico, come già affermato in precedenza all’interno del suddetto lavoro, ha ormai preso il sopravvento sulle altre caratteristiche socio-culturali delle cosche mafiose. Non solo: tale aspetto permette loro di aver un enorme vantaggio rispetto alle attività giudiziarie, sfornite invece di risorse e incastrate in una farraginosa burocrazia.
La differenza che intercorre tra il sistema di prevenzione ante delictum e quello prettamente repressivo, consiste nel grado di prova dell’accertamento: infatti, mentre per l’attivazione del primo si richiedono sospetti suffragati sulla base di riscontri oggettivi, per il quella del secondo sono richiesti elementi più significativi.
di Sabina Grossi, Estratto dalla Tesi di Laurea Magistrale in Giurisprudenza, dal titolo “Processo di criminalità organizzata: luogo di garanzie o strumento di difesa sociale?”, Alma Mater Studiorum di Bologna, 2017
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