Un’automobilista che non si era fermata al semaforo rosso e che era stata sanzionata in automatico con un’apparecchiatura di rilevamento, omologata dal Ministero, contesta la contravvenzione al Giudice di pace, sostenendo che:
1) l’impianto non funzionava bene,
2) la contestazione non era stata immediata ed era irregolare perché sul luogo non c’erano agenti accertatori della presunta infrazione.
Il Giudice di Pace condivide la tesi dell’automobilista, ma il Comune fa appello al Tribunale di Massa che lo respinge. La questione giunge poi alla Corte di Cassazione, che accoglie invece le tesi del Comune poiché:
1) il Comune ha fornito la prova della corrispondenza tra l’apparecchio usato e quello omologato e tale apparecchio può essere usato in maniera automatica, senza la presenza di personale accertatore. Inoltre, il verbale di contravvenzione fa piena prova – fino a querela di falso – di quanto scritto dal pubblico ufficiale. Infine, la contestazione dell’infrazione può, in alcuni casi tra cui quello in esame, essere successiva all’accertamento.
2) Inoltre le foto prodotte in causa dal Comune provano l’infrazione, prevista e punita dal Codice della Strada.
La Corte ha quindi annullato la sentenza e ha stabilito che il Tribunale di Massa, nella persona di altro magistrato, debba pronunciarsi sulla controversia.
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