Collazione e donazione di modico valore: il no della Corte di Cassazione ad un’interpretazione estensiva dell’art.738 c.c.

Nella sentenza n.2700/2019 la Corte di Cassazione si è pronunciata in ordine alla questione riguardante l’assoggettabilità a collazione della donazione di modico valore fatta nei confronti di una persona diversa dal coniuge del de cuius.

Al fine di comprendere la portata della decisione, occorre esaminare gli istituti sottesi al caso di specie, in particolare: la donazione, con precipuo riguardo a quella di modico valore, e la collazione.

Donazione

La donazione, disciplinata negli artt. 769 ss. c.c., è il contratto con il quale taluno, per spirito di liberalità, arricchisce un’altra persona disponendo a favore di questa di un diritto ovvero assumendo, verso la stessa, un’obbligazione. Affinché si possa parlare di donazione è necessaria la sussistenza di due elementi: l’animus donandi e l’arricchimento del donatario a fronte dell’impoverimento del donante. Il primo elemento, c.d. soggettivo, è rappresentato dalla volontà libera e consapevole del donante di compiere, a favore del donatario, un atto dispositivo che non costituisce adempimento di una pregressa obbligazione. Il secondo elemento, c.d. oggettivo, è rappresentato dall’incremento del patrimonio altrui a cui corrisponde il depauperamento di chi ha disposto del diritto o ha assunto l’obbligo.

Ai fini della validità della donazione, l’ordinamento prevede, a pena nullità ex art. 782 c.c., il rispetto di particolari oneri formali. Il contratto di donazione deve essere redatto nella forma dell’atto pubblico e, secondo quanto sancito dall’art.48 della l.89/1913, risulta indispensabile la presenza di due testimoni. Tale rigidità nelle forme viene prescritta dal legislatore di modo da consentire al donante di ponderare adeguatamente l’importanza dell’atto da compiere.

Coerentemente con tale finalità, e nel rispetto del principio di libertà delle forme, il legislatore, ai sensi dell’art.783 c.c., ha prescritto che, anche in assenza dell’atto pubblico, è valida la donazione di modico valore purché la stessa abbia ad oggetto beni mobili e vi sia stata la traditio. All’interno del codice civile manca una definizione di tale tipo di donazione, essendo unicamente fissato un criterio, di carattere elastico, e di tipo comparatìstico,  in ragione del quale la modicità del valore “deve essere valutata anche in rapporto alle condizioni economiche del donante”. L’interpretazione di tale disposizione risulta chiarita da un importante intervento della Corte di Cassazione che, nella sentenza n. 11304/1994, ha stabilito che per dirsi una donazione di modico valore devono essere integrati due requisiti: da un lato, quello oggettivo, riguardante il valore del bene oggetto del contratto; dall’altro, quello soggettivo, che ha riguardo alle condizioni economiche del donante. Sulla base di tali premesse, l’atto di liberalità, per essere considerato di modico valore, non deve mai incidere in modo apprezzabile sul patrimonio del donante. Spetta, pertanto, al giudice valutare, secondo il suo prudente apprezzamento, la sussistenza dei suddetti presupposti.

La determinazione del carattere modico dell’attribuzione patrimoniale assume, inoltre, rilievo in ambito successorio, alla luce di quanto previsto dall’art. 738 c.c. che esclude dalla collazione le donazioni di modico valore fatte dal de cuius nei confronti del coniuge.

Collazione

Il secondo istituto che viene in considerazione è quello della collazione che, disciplinato dagli artt. 737 ss. c.c., assolve la funzione di assicurare che le donazioni fatte in vita dal de cuius a favore dei figli o loro discendenti e del coniuge, non pregiudichino i diritti spettanti agli altri coeredi sul patrimonio ereditario. Secondo la Corte di Cassazione e la dottrina maggioritaria “ l’istituto trova la propria ratio nella presunzione che il de cuius, facendo in vita delle donazioni a favore dei suddetti soggetti, abbia voluto compiere delle attribuzioni patrimoniali, a titolo gratuito, in anticipo sulla futura successione. Pertanto, al momento della morte del disponente, il bene donato dovrà essere considerato quale acconto, se non addirittura come saldo, della quota ereditaria”(Cass. sent. 6576/2012).

Per il tramite della collazione, i beni donati vengono ricompresi nel patrimonio relitto di modo da essere ripartiti tra i coeredi in proporzione alle quote spettanti a ciascuno. Se la donazione fatta in vita dal de cuius ha ad oggetto beni immobili, si procede alla collazione o trasferendo alla massa ereditaria il bene ricevuto o mediante imputazione del valore dello stesso. In caso di beni mobili, invece, la collazione, ex art. 750 c.c., può effettuarsi solo per imputazione e sulla base del valore che gli stessi avevano al momento dell’apertura della successione. Nel caso in cui il bene oggetto della donazione sia una somma di denaro, si procede alla collazione, ex art. 751 c.c., prendendo una minore quantità del denaro che si trova nell’eredità, secondo il valore legale della specie donata o di quella ad essa legalmente sostituita all’epoca dell’apertura della successione.

Ai fini dell’operatività della collazione i beni del de cuius possono essere stati oggetto sia di una donazione diretta, sia di una donazione indiretta che si realizza quando lo scopo liberale sia stato perseguito attraverso un contratto avente una causa tipica diversa da quella della donazione.

L’art.737 c.c. prevede che il de cuius possa dispensare dalla collazione coloro che siano stati destinatari dell’atto di liberalità. Tale potere, tuttavia, non viene riconosciuto in maniera illimitata posto che la dispensa non opera nell’ipotesi in cui l’atto dispositivo risulti pregiudizievole delle quota di riserva spettante ai legittimari.

Questione affrontata dalla Corte di Cassazione e soluzione

Nel caso oggetto della pronuncia n.2700/2019 la Cassazione è stata chiamata a rispondere circa l’esclusione dalla collazione della donazione di modico valore ipso facto a prescindere dall’attribuzione della stessa al coniuge del de cuius, così come invece espressamente prescritto dall’art. 738c.c..Sul punto, gli ermellini, hanno negato tale possibilità riformando la sentenza impugnata nella parte in cui veniva esclusa la collazione al patrimonio ereditario dei gioielli donati dalla de cuius alla figlia in ragione  della modicità del valore degli stessi. Nel riformare la sentenza, la Cassazione ha sottolineato che, stante la portata generale dell’istituto, la sua applicazione può essere esclusa solo nei casi espressamente previsti dal legislatore. Per questo motivo, devono ritenersi soggette a collazione quelle donazioni che, pur di modico valore, sono compiute a favore di soggetti diversi dal coniuge del de cuius, salvo il caso in cui quest’ultimo non li abbia da ciò, espressamente o tacitamente, dispensati. Secondo la Cassazione, inoltre, al fine del sorgere dell’obbligo di collazione ,non è necessaria un’espressa domanda, risultando sufficiente “la domanda di divisione e la menzione in essa dell’esistenza di determinati beni facenti parte dell’asse ereditario da ricostruire, quali oggetto di pregressa donazione”.

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