Colloquio senza vetro divisorio con dodicenne per detenuto in 41-bis

Allegati

Possibilità per il detenuto in regime di 41 bis o.p di effettuare un colloquio senza vetro divisorio con il figlio (o nipote) dodicenne e non anche infraquattordicenne.
Con sentenza n. 196 della Cassazione Penale, prima sezione, del 3 gennaio 2024, gli Ermellini tornano a disquisire della possibilità per un detenuto destinatario in regime di cui all’art. 41 bis O.P. di effettuare un colloquio senza vetro divisorio, non solo per i minori (figli o nipoti ex filio) di dodici anni ma, anche, per minori infraquattordicenni, laddove vi siano elementi e motivazioni tali da escludere che i medesimi possano assurgere a strumenti utili per ricevere e/o riportare all’esterno direttive, ordini, comunicazioni tra e per il detenuto in regime ex art. 41 bis O.P. e soggetti esterni.
Tale sentenza si pone con orientamento diverso rispetto a pregresse pronunce di Cassazione ed, in particolare, a quanto statuito dalla sentenza n. 46719  Corte di cassazione, sezione prima penale, del 3 novembre-21 dicembre 2021, su “una questione largamente sovrapponibile”. Tale pronuncia aveva riconosciuto i colloqui visivi come diritto fondamentale della persona detenuta al mantenimento delle relazioni familiari ed affettive, tale da dover essere assicurato anche per i detenuti ristretti in regime differenziato, come il più pregnante per la sicurezza della collettività, quale è del 41 bis O.P., ma acclarando la prevalenza di restrizioni e limitazioni giustificate dalle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza. Tale statuizione avallando la scelta organizzativa  dell’Amministrazione penitenziaria qualificata “…non irragionevole, tesa ad operare un «prudente contemperamento tra esigenze di rango costituzionale in potenziale conflitto”. Per approfondimenti consigliamo il volume: Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

Corte di Cassazione -Sez. I Pen.- sentenza n. 196 del 3-01-2024

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Indice

1. Fatto e premessa: colloquio con vetro divisorio


La sentenza della Cassazione de qua ha origine dal ricorso presentato dal difensore del detenuto regime ex art 41 bis O.P. contro l’ordinanza emessa dal Tribunale di sorveglianza a conferma della decisione con la quale il Magistrato di sorveglianza il quale aveva respinto il reclamo presentato dal condannato contro la decisione della direzione della Casa Circondariale di Sassari.
Il detenuto destinatari del regime ex art. 41 bis O.P. aveva richiesto alla direzione dell’istituto di poter fruire di due ore di colloquio, in luogo di una, come previsto dalla stessa fonte primaria; una delle quali con il figlio minore e con gli altri familiari ed una seconda per il solo colloquio con il minore, entrambe con il figlio minore senza la presenza del vetro divisorio. Dato fondamentale sia per la comprensione delle motivazioni giuridiche sottese sia ai gravami, che alla pronuncia della Cassazione, è che il figlio del detenuto era, all’epoca della richiesta, infraquattordicenne, quindi di età superiore ai dodici anni, ma inferiore ai quattordici. La condizione di assenza del vetro divisorio per il colloquio del detenuto in regime di 41 bis O.P., prevista dalla circolare del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017, è specificata solo per minori (figli/nipoti, ex filio, quindi in linea retta) sino ad anni dodici, in modo definito, senza deroghe.
Tali richieste erano state negate e valutate, nello stesso senso, e, quindi, con rigetto del reclamo, sia dal competente Magistrato di Sassari che, parimenti, dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari.
Il Tribunale di sorveglianza di Sassari ha deciso ritenendo, in primo luogo, che non vi fossero ragioni per assimilare il minore infraquattordicenne  ad un minore degli anni dodici, anche alla luce della perizia espletata sul minore e che non vi fosse motivazione giuridico – normativo per estendere al ricorrente l’effettuazione dei colloqui senza vetro divisorio, attesa la circolare del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2 ottobre 2017, declinazione organizzativa immanente dell’art. art. 41 bis O.P., 2 quater, lettera b) che recita “…la determinazione dei colloqui nel numero di uno al mese da svolgersi ad invelali di tempo regolari ed in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio degli oggetti”.
I ricorsi del detenuto, dei quali alla presente sentenza di Cassazione in commento, sono due. Il primo atto di ricorso, datato 6 febbraio 2023, ha come lagnanza l’imposizione del vetro divisorio per il minore infraquattordicenne; la difesa deduce violazione di legge e vizio di motivazione, perché l’ordinanza impugnata avrebbe travisato la consulenza tecnica sull’evoluzione psicologica del figlio del ricorrente, concludendo che il figlio del detenuto non presentasse alcuna situazione patologica, contrariamente alla relazione di parte acclarante tratti di immaturità del minore dovuti alla radicale interruzione della continuità affettiva tra il bambino ed il genitore ristretto.
Nel secondo atto di ricorso, datato 14 febbraio 2023, la difesa asserisce violazione di un diritto soggettivo del ristretto, con compressione dei diritti all’affettiva e mantenimento dei rapporti familiari, in modo non congruo e sproporzionato, soprattutto per il minore rispetto alle finalità del regime del 41 bis O.P.; espone, altresì, sussistenza di violazione di legge e vizio di motivazione, perché il Tribunale di Sorveglianza ravviserebbe la “facoltà” di scelta del detenuto su chi eligere e chi escludere per il colloquio visivo tra i propri familiari, senza tuttavia fornire motivazioni in merito alle ragioni per le quali il detenuto debba essere debba essere privato del diritto al mantenimento delle relazioni personali con il mondo esterno in modo più lato ed esteso.  
Le motivazioni pregnantemente giuridiche sono molteplici. In primo luogo, viene asserita questione di legittimità costituzionale (senza, però, menzione e cenno della norma assertivamente ritenuta in contrasto con la Carta costituzionale) per inosservanza e contrarietà con gli articoli 3, 31, e 117 della Costituzione.
L’art. 3 della Costituzione è dalla difesa “invocato per la irragionevole distinzione tra la situazione del minore infra quattordicenne e quella dell’infra dodicenne”, valutando che il codice penale, all’art. 98, come parametro di riferimento circa l’imputabilità del minore pone come limite l’età di anni l’età di anni quattordici e non già di dodici. L’art. 31 della Costituzione è dedotto nel ricorso per la protezione che spiega in favore del sostegno della famiglia e dei rapporti genitoriali e, specificamente, dell’infanzia, reputando che l’esigenza del minore al mantenimento proattivo del rapporto con il padre si atteggi ad interesse superiore rispetto agli obiettivi di sicurezza prescritti, per il genitore, dal regime dell’art. 41 bis O.P. Infine, si suppone confliggenza con l’art. 117 della Costituzione in merito all’ossequio degli obblighi internazionali derivanti dalla Convezione delle Nazioni unite sui diritti dell’infanzia e dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per approfondimenti consigliamo il volume: Formulario annotato dell’esecuzione penale dopo la Riforma Cartabia

2. Iter motivazione della sentenza della Cassazione penale, sezione prima del 3 gennaio 2024


Secondo la Cassazione Penale, Sezione prima n. 196 del 3 gennaio 2024, il ricorso è fondato, per diversi punti ed assunti. Il primo è il rango normativo della legge, fonte primaria, quale è l’art. 41 bis O.P. e la declinazione specifica dell’obbligo del vetro divisorio stabilito da una circolare del D.A.P. “L’’art. 41 bis, comma 2-quater, lett. t), ord. pen. individua il numero di colloqui ammessi per coloro che sono ristretti nel regime speciale in uno al mese e stabilisce che essi avvengano in locali attrezzati in modo da impedire il passaggio di oggetti.E prosegue: “…la circolare del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria del 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, recante “Organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall’art. 41 bis c.p.” disciplina questa previsione stabilendo che “lo svolgimento dei colloqui visivi avviene presso) locali all’uopo adibiti, muniti di vetro a tutta altezza, tale da non consentire il passaggio di oggetti di qualsiasi specie, tipo o dimensione”, ed aggiungendo, però, che “in una prospettiva di bilanciamento di interessi di pari rilevanza costituzionale, tra tutela del diritto del detenuto/internato di mantenere rapporti affettivi con i figli e i nipoti e quello di garantire la tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, il detenuto/internato potrà chiedere che i colloqui con i figli e con i nipoti in linea retta minori di anni 12, avvengano senza vetro divisorio per tutta la durata“.
Gli Ermellini evidenziano che, medio tempore, la legittimità costituzionale dell’utilizzo del vetro divisorio nei colloqui tra un detenuto ristretto ex art. 41 bis ed un familiare ultradodicenne, è stata sottoposta al vaglio della Corte Costituzionale con sentenza n. 105 del 6 aprile 2023. La Corte ha dichiarato come non sia peregrino e “senza significato che il legislatore, nel codificare le prescrizioni già contenute nelle precedenti circolari amministrative, abbia semplicemente indicato il risultato vietato – il passaggio di oggetti durante i colloqui visivi – senza affatto specificare, in dettaglio, le pertinenti soluzioni tecniche (in particolare, l’impiego del vetro divisorio a tutta altezza), limitandosi a richiedere che i locali destinati ai colloqui siano «attrezzati» in modo da impedire tale passaggio“.
Pertanto, torna ad affermare la Corte di Cassazione de qua, l’utilizzo del vetro divisorio, pur atteggiandosi a mezzo sicuramente altamente teleologico ed efficace rispetto allo scopo di impedire il passaggio di oggetti durante i colloqui visivi, previsto dalla legge, non si atteggia a soluzione, unica e tombalmente utilizzabile, potendosi valutare soluzioni succedanee. Specifica che, nella valutazione e bilanciamento di interessi e diritti di rango costituzionale così pregnanti, la previsione del vetro divisorio possa apparire sproporzionata, dovendo propendere per differenti gestioni e soluzioni tecniche “…ad esempio, l’impiego di telecamere di sorveglianza puntate costantemente sulle mani, la dislocazione del personale di vigilanza in posizioni strategiche, eccetera…“.
La Corte di Cassazione, conclusivamente, non esclude la pregevolezza dell’utilizzo del vetro divisorio ma, di contro, reputa non doversi disporre lo stesso ogni circostanza. Tanto poiché la stessa sentenza della Corte Costituzione n. 105 del 2023, pur reputando infondate le questioni Costituzionali sottese dal giudice rimettente (di caso similare ed avverso ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Spoleto), comunque sostiene che sia necessario graduare soluzione e dispositivi in virtù di requisiti e valutazioni ad hoc, allorquando sia “ possibile all’amministrazione penitenziaria – o alla magistratura di sorveglianza in sede di reclamo – disporre un colloquio senza vetro divisorio anche con minori di età superiore a dodici anni, quando sussistano ragioni tali da giustificare una simile scelta, oggetto di adeguata motivazione, volta ad escludere, in particolare, che i minori in questione siano strumentalizzabili per trasmettere o ricevere informazioni, ordini o direttive“.
La sentenza n. 196 della Cassazione Penale, prima sezione, del 3 gennaio 2024 statuisce che l’ordinanza impugnata sia annullata, con rinvio per nuovo giudizio, e che il giudice del rinvio sia chiamato a riesaminare il reclamo alla luce della diversa ricostruzione del sistema normativo disegnata dalla pronuncia n. 105 del 2023 della Corte Costituzionale.

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3. La sentenza n. 150 del 6 aprile 2023 della Corte Costituzionale


La sentenza della Consulta che, ultima di altre della medesima Corte, ha disquisito sullo strumento del vetro divisorio per il minore a colloqui con genitori/nonni in regime ex art. 41 bis O.P. ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate, con riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, 31 e 117, primo comma, della Costituzione; con tale sentenza si è pronunciata su questione di legittimità sollevata, come giudice remittente, dal Magistrato di sorveglianza di Spoleto, con due ordinanze n. 104/105 del 5 agosto 2022.
Il rimettente, in tale giudizio, ricostruisce il quadro giurisprudenziale in materia, ricordando come la Corte di cassazione, sezione prima penale, con sentenza n. 467193 del 21 dicembre 2021, si sia pronunciata su una questione largamente similare, riconoscendo come i colloqui visivi costituiscano, in generale, un diritto fondamentale della persona detenuta al mantenimento delle relazioni familiari, ma da declinarsi con le limitazioni giustificate dalle esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza proprie di tale regime.
Anche secondo pregresse pronunce della Corte Costituzione (quali le sentenze n. 351 del 1996, n. 143 del 2013, n. 186 del 2018 n. 97 del 2020), le limitazioni imposte dal regime differenziato, intanto, sono state qualificate legittime, in quanto giustificate dalle prioritarie esigenze della tutela dell’ordine e della sicurezza.
Al fine di ben comprendere problematiche sottese e interessi da perseguire, si tenga ben conto che il regime del 41 bis O.P. è misura restrittiva eccezionale e non ordinaria, applicata a detenuti i cui delitti siano stati commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di agevolare associazioni di tipo mafioso ed in relazione ai quali vi siano elementi tali da far ritenere la viviscenza di collegamenti con tali associazioni criminali terroristiche o eversive.
La “sospensione” dell’applicazione delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall’Ordinamento penitenziario che possano porsi in concreto contrasto con le esigenze di ordine di sicurezza, sospensione  constante il “41 bis” O.P. è atto rilevante, pregnante ed ì eccezionale, disposto con decreto motivato del Ministro della Giustizia, anche su richiesta del Ministro dell’Interno, sentito l’ufficio del pubblico ministero che procede alle indagini o quello presso il giudice procedente ed acquisita ogni altra informazione necessaria presso la DNA, organi di Polizia centrali o specializzanti nel contrasto a questi consessi criminali; target importante è impedire i collegamenti tra i detenuti e le associazioni criminali.
Trattasi, pertanto, di detenuti di spessore criminale e pericolosità straordinaria, per i quali lo Stato deve garantire la “cesura” totale di comunicazioni, ordini, direttive e collegamenti tra i medesimi e le associazioni criminali di appartenenza, ad espressa tutela della sicurezza ed ordine pubblici.
 Nel giudizio afferente la sentenza n. 150/2023, l’Avvocatura, intervenuta per il Consiglio dei Ministri, ha negato la difficile o impossibile strumentalità dei minori, al fine sopra citato; tale tesi secondo cui i minori non potrebbero ragionevolmente ritenersi strumentalizzabili quali veicoli di informazioni da e per l’esterno sarebbe sconfessata; l’“esperienza criminologica comproverebbe” specifica” che, in contesti familiari mafiosi, la «maturazione di giovani puberi … può essere assai diversa da quella usuale di coetanei della stessa età in contesti di normalità”. Ed ancora espone, sempre l’Avvocatura, come l’esperienza ha dimostratoche anche “…una frase, una sola parola, un’allusione pronunciata in dialetto stretto e sussurrata ad orecchio al minore nell’abbraccio» non potrebbe essere compresa in alcun modo da soggetti terzi «che non abbiano le chiavi di decodifica del linguaggio mafioso”.
La Corte costituzione specifica: “sarà quindi ben possibile all’amministrazione penitenziaria – o alla magistratura di sorveglianza in sede di reclamo – disporre un colloquio senza vetro divisorio anche con minori di età superiore a dodici anni, quando sussistano ragioni tali da giustificare una simile scelta, oggetto di adeguata motivazione, volta ad escludere, in particolare, che i minori in questione siano strumentalizzabili per trasmettere o ricevere informazioni, ordini o direttive. In direzione opposta, la singola amministrazione potrà rifiutare – con provvedimento comunque soggetto al vaglio giurisdizionale – una richiesta di colloquio non schermato anche con un minore infradodicenne, nei casi in cui, nel bilanciamento tra il suo interesse, i diritti del detenuto e le esigenze di sicurezza, risultino elementi specifici, tali da rendere oggettivamente prevalente l’esigenza di contenimento del rischio di contatti con l’ambiente esterno…”.
È d’obbligo evidenziare che il controllo serrato con videocamere di mani o viso, ipotizzato tra gli strumenti succedanei al vetro divisorio dalla sentenza della Corte costituzionale, così come la video registrazione del colloqui già prevista dall’art. 41 bis, 2 quater, O.P., non sono strumenti, di per sé, salvifici ed imprescindibilmente idonei a neutralizzare i rischi di un utilizzo fraudolento del del colloqui tra il detenuto ed il minore. La comunicazione può avvenire, infatti, non solo con scambio di biglietti e/o gestualità, ma con la pronuncia frasi, sottovoce e vicino all’orecchio, tra il minore e l’adulto, con codici verbali, metafore, dialetti o, anche, lingue la cui potenzialità perniciosa non è di immediata e palmare intuibilità e, comunque, anche nel caso di successivi adempimenti, la comunicazione potrebbe non essere impedita ex ante ed i provvedimenti potrebbero risultare successivi, ex post, rispetto già perfezionatasi trasmissione, perniciosa e fraudolenta, di informazioni.
La Corte Costituzione aggiunge: “Nulla impedisce ovviamente al legislatore di disciplinare in fonte primaria le modalità dei colloqui con i familiari, in particolare con i minori, evitando peraltro scelte rigide che potrebbero risultare non adeguate, per eccesso o per difetto, al cospetto delle specifiche esigenze evidenziate dal caso singolo”.
Nelle more, moltissime le questioni rimaste aperte di rilevante spessore. È da interrogarsi sulla base di quali parametri ed elementi l’Amministrazione penitenziaria e/o la Magistratura di sorveglianza devono valutare le “ragioni” per le quali disporre la presenza o meno del vetro divisorio nell’infraquattordicenne. Così come non sono evidenziati, secondo quali parametri ed in quali situazioni il minore infraquattordicenne possa o debba essere ritenuto “strumentalizzabile” al fine di bilanciare i diritti in gioco; per la maturità psicofisica o psicologica o sull’evoluzione criminogena? E se le direzioni e la Magistratura di Sorveglianza dovrebbero valutare secondo una perizia ad hoc o altra valutazione o se ne potrà o dovrà prescindere? Fondamentali i diritti sottesi ma, anche, di incommensurabile spessore i rischi in campo.

Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.

Annalisa Gadaleta

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