Tutti i genitori, anche non coniugati, hanno l’obbligo di mantenere i figli (art. 30 Cost.) in proporzione alle proprie sostanze e secondo la loro capacità professionale (art. 148 c.c.) La disciplina prevista dal codice civile in tema di assegno di mantenimento (artt. 337 ter, 337 quinquies, 337 sexies e septies come introdotti dal d.lgs. n. 154/2013) trova applicazione nei casi di separazione di coniugi (di divorzio, di annullamento e nullità del matrimonio) e nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
L’assegno di mantenimento stabilito giudizialmente a carico del padre, titolare di maggior reddito, non comporta affatto che la madre venga esonerata dall’obbligo di contribuire, a sua volta, alle esigenze della prole (Cass. civ., 6 marzo 2013, n. 5481).
Esso va determinato con riferimento alla situazione in atto al momento della decisione, sicché deve essere considerata anche l’evoluzione delle condizioni economiche dei genitori nel corso del giudizio di merito, salva restando la diversificazione dell’ammontare dell’assegno in relazione alla decorrenza delle mutate condizioni.
Ai fini della quantificazione dell’assegno di divorzio, l’incidenza sulle disponibilità economiche dell’ex marito degli oneri per il mantenimento di due figlie minori, nate dal rapporto di convivenza con la sua nuova compagna, assume un rilievo decisivo in ordine alla ricostruzione della situazione economica delle parti (Cass. civ., 30 novembre 2007, n. 25019).
Il coniuge che si accolli l’integrale pagamento del mutuo gravante sulla casa coniugale assegnata in sede di separazione o divorzio all’altro coniuge, può richiedere e ottenere la riduzione del contributo di mantenimento (Cass. civ., 25 giugno 2010, n. 15333).
Il diritto di percepire l’assegno di mantenimento per i figli, riconosciuto ad un coniuge può essere, in ogni tempo, modificato o estinto: − qualora ricorrano giustificati motivi, attraverso una procedura giudiziale prevista dalla legge; − in forza di un accordo tra le parti.
La procedura giudiziale
Il genitore interessato (separato o divorziato) o entrambi i genitori (cd. legittimazione attiva) possono presentare mediante ricorso al Tribunale domanda di modifica o cessazione del contributo dovuto per i figli, se ricorrono fatti o circostanze nuovi o sopravvenuti rispetto a quelli sui quali si era fondata la precedente valutazione del giudice.
Si precisa che in qualunque ipotesi di cambiamento della situazione personale ed economica dei genitori – avendo la stessa effetti sulla vita dei figli – la revisione dell’assegno di mantenimento non è automatica ma sarà sempre necessario un accertamento giudiziale. In tale ambito, i “giustificati motivi” la cui sopravvenienza consente di rivedere le determinazioni adottate in sede di separazione dei coniugi sono ravvisabili nei fatti nuovi sopravvenuti, modificativi della situazione in relazione alla quale la sentenza era stata emessa o gli accordi erano stati stipulati, con la conseguenza che esulano da tale oggetto i fatti preesistenti alla separazione, ancorché non presi in considerazione in quella sede per qualsiasi motivo.
I sopravvenuti, giustificati motivi a sostegno della richiesta di revisione delle condizioni patrimoniali del divorzio possono riguardare anche i nuovi oneri familiari dell’obbligato, derivanti dalla nascita di un figlio, generato dalla successiva unione, sempre che detta insorgenza, considerate tutte le circostanze del caso concreto, abbia determinato un reale ed effettivo depauperamento delle sostanze o della capacità patrimoniale dell’obbligato stesso, apprezzato all’esito di una rinnovata valutazione comparativa della situazione delle parti. In ogni caso, a tal fine occorre tenere conto che, per un verso, il nuovo dovere di mantenimento dell’obbligato va valutato anche alla stregua delle potenzialità economiche della nuova famiglia in cui il bambino è stato generato, e quindi avendo riguardo pure alla condizione dell’altro genitore. Là dove, poi, venga in gioco la misura dell’assegno di mantenimento per i figli, il nuovo impegno familiare non può costituire ragione per un allentamento delle responsabilità genitoriali verso costoro, in quanto la soddisfazione dei diritti economici dei figli non può essere deteriore nella crisi della famiglia, rispetto a quanto avviene nella famiglia unita: sicché, ove il contributo di mantenimento originariamente fissato dal giudice del divorzio sia stato determinato in un importo adeguato alle necessità dei figli, ma inferiore all’esborso che la capacità economica dell’obbligato avrebbe consentito, la richiesta riduzione non può essere disposta, a meno che il contributo, così come in precedenza fissato, non trovi più capienza (e ciò a causa dei doveri derivanti dal motivo sopravvenuto) nella capacità economica dell’obbligato stesso, apprezzata anche alla luce dell’apporto del nuovo partner (Cass. 24 gennaio 2008, n. 1595).
Di conseguenza non possono essere presi in considerazione, in sede di revisione dell’assegno di mantenimento – disposto in sede di separazione –, non soltanto i vizi del consenso che abbiano in ipotesi inciso sul contenuto degli accordi raggiunti dai coniugi, ma neppure tutti quei fatti, preesistenti o coevi alla determinazione dell’assegno di mantenimento, che avrebbero potuto e dovuto essere dedotti in tale sede, in ragione del fatto che “la pronuncia sull’assegno di mantenimento è idonea a dar luogo a un giudicato, sia pure rebus sic stantibus, sul quale non possono incidere tutte le circostanze preesistenti alla formazione del titolo, in base al principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile”:
allorquando il coniuge divorziato si sia formato una nuova famiglia, nei cui confronti è pur sempre legato da impegni riconosciuti dalla legge, occorre temperare la misura dell’assegno di divorzio a favore dei membri della prima famiglia nei limiti in cui, questo temperamento, non si risolva in una situazione deteriore rispetto a quella goduta dai componenti della seconda famiglia (Cass. civ., 12 ottobre 2006, n. 21919).
L’importo del mantenimento nell’affido condiviso non si riduce anche se l’onerato, che pure vanta un buon reddito, lamenta i costi dovuti alle visite al minore collocato presso l’ex partner, e ciò anche se il genitore che versa l’assegno è costretto a percorrere ogni volta molti chilometri per incontrare il figlio (Cass. civ., 19 aprile 2010, n. 9277).
A titolo esemplificativo, la domanda di revisione dell’assegno può essere chiesta:
− quando il figlio maggiorenne è divenuto economicamente autosufficiente: la mancata corresponsione dell’assegno non può però avvenire ipso facto, in quanto è necessario un accertamento giudiziale sull’assenza dei presupposti che giustificano il pagamento (Cass. civ., 19 ottobre 2006, n. 22491);
− quando il genitore obbligato prova un peggioramento delle proprie condizioni economiche o lo stato di indigenza;
− quando vi sono dei crescenti bisogni del figlio minore e gli importi corrisposti in base al pregresso accordo sono diventati inadeguati (Trib. Trani, 20 luglio 2012);
− quando la madre è priva di una occupazione stabile anche se il genitore affidatario abbia in comodato d’uso gratuito un’abitazione in cui vivere (Cass. civ., 20 maggio 2013, n. 12193);
− quando il genitore obbligato a pagare l’assegno di mantenimento in favore dei figli nati dal matrimonio, non può assicurare un uguale tenore di vita ai figli nati da una successiva convivenza (Cass. civ., 11 aprile 2011, n. 8227).
Tuttavia sul punto si è affermato che:
non esplica efficacia automatica ma deve essere accompagnato dalla prova concreta che i maggiori carichi di spesa gravanti sull’obbligato rendano in concreto al medesimo impossibile continuare a far fronte, nella loro interezza, a quelli precedentemente assunti nell’interesse della prole legittima (Trib. Milano, 2 marzo 2009, in Fam. pers. e succ., 2010). la nascita di nuova prole a seguito dell’inizio di una convivenza (o di un nuovo matrimonio) e la costituzione di una nuova famiglia, pur essendo idonea a far sorgere obblighi nei confronti dei nuovi figli, non integra di per sé giustificato motivo di riduzione del contributo vigente, che costituisce specificazione degli obblighi nei confronti della prole esistente, generata dal precedente rapporto familiare, o dell’ex coniuge avente diritto all’assegno di mantenimento o di divorzio (Trib. Modena, 16 marzo 2011).
− quando il genitore obbligato a versare l’assegno di mantenimento costituisce un nuovo nucleo nucleo familiare o inizia una convivenza: la modifica o la cessazione dell’obbligo di mantenimento può essere concessa solo se si prova che la nuova convivenza è caratterizzata dalla stabilità e dalla continuità secondo un modello di vita analogo a quello del matrimonio (Cass. civ., 12 marzo 2012, n. 3923).
In merito alla competenza territoriale del Tribunale in materia di modifica dell’assegno di mantenimento, è competente il giudice del luogo dove il divorzio o la separazione sono avvenuti, ossia il luogo ove l’obbligo del mantenimento è sorto.
Si applicano i criteri ordinari di competenza territoriale (art. 20 c p.c.) secondo i quali nelle cause relativi ai diritti di obbligazione prevale il criterio del luogo in cui è sorta l’ obbligazione controversa. Non è invece competente il giudice del luogo dove i figli risiedono (Cass. civ., 2 aprile 2013, n. 8016).
Per instaurare il giudizio di revisione le parti devono allegare e provare l’esistenza di fatti o circostanze nuove e sopravvenute rispetto a quelle sulle quali si era fondata la precedente valutazione del giudice (Cass., 8 maggio 2013 n. 10720).
La decisione con cui il giudice modifica l’assegno di mantenimento, in assenza di specifiche disposizioni, non può avere decorrenza in un momento precedente alla data della domanda o dal momento in cui si verifica la nuova circostanza: rimane del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o per la soppressione dell’assegno di mantenimento (Cass. civ., 11 luglio 2012, n. 11648).
In caso di divorzio, si specifica che il provvedimento di revisione delle condizioni di divorzio relativo alla misura e alle modalità del contributo al mantenimento dei figli è immediatamente esecutivo (Cass., sez. un., 26 aprile 2013, n. 10064).
Accordo dei coniugi
I coniugi separati o divorziati possono, in ogni momento, sottoscrivere un accordo tra loro con cui decidono di modificare le pattuizioni relative all’assegno di mantenimento dei figli, in particolare l’ammontare del contributo ovvero la cessazione dello stesso (sulla base del mutamento delle condizioni economiche).
La modifica delle condizioni di separazione relative al mantenimento dei figli, per i quali normalmente è prevista la corresponsione di un apposito assegno di mantenimento, può divenire oggetto di revisione anche a seguito di un accordo specifico fra i coniugi, a condizione però che le nuove pattuizioni non siano in contrasto con l’inderogabile principio di tutela dell’interesse della prole. Conseguentemente, la configurabilità di vincoli di destinazione posti ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. su beni immobili, non si risolve in un negozio traslativo, essendo caratterizzato da una causa esclusivamente destinatoria, come tale accessoria rispetto agli altri derivanti da un negozio tipico od atipico cui si accompagna, fermo restando che la stessa non si sottrae comunque alla valutazione ai sensi dell’art. 158, comma 2, c.c. (Trib. Reggio Emilia, 22 giugno 2012).
In tale ipotesi, i genitori concludono una scrittura privata avente piena efficacia e validità tra di loro, ma non soggetta ad alcun controllo da parte dell’autorità giudiziaria. Conseguentemente, tale atto non costituirà titolo esecutivo, ma potrà valere come fondamento per un ricorso per decreto ingiuntivo.
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