(Riferimento normativo: Cod. proc. pen., art. 311, c. 3)
Il fatto
Il Tribunale di Bologna – decidendo sull’appello proposto, ex art. 310 cod. proc. pen, dal Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia avverso un provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, con il quale era stata rigettata la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, applicava invece la custodia cautelare in carcere in relazione a taluni illeciti penali contestati all’indagato, rigettando, nel resto, l’impugnazione.
I motivi addotti nel ricorso per Cassazione
Avverso detta ordinanza, il difensore di fiducia dell’indagato proponeva ricorso per cassazione, formulando i seguenti motivi di impugnazione: 1) mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in quanto, secondo il ricorrente, il Tribunale aveva illogicamente ritenuto sussistenti le condotte mentre, al contrario, occorreva valorizzare altre circostanze; 2) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari evidenziandosi al riguardo che la misura applicata avrebbe potuto giustificarsi semmai nell’immediatezza dei fatti e non a distanza di tempo mentre i fatti accaduti in Sicilia successivamente, richiamati nell’ordinanza per giustificare la sussistenza di esigenze cautelari di prevenzione sociale, erano, per la difesa, del tutto scollegati con la vicenda in questione; 3) mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine alla scelta della misura cautelare applicata poiché, a tutto concedere, i fatti avrebbero potuto giustificare l’applicazione della misura degli arresti domíciliari e non di quella più afflittiva della custodia in carcere.
Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione
Il ricorso veniva dichiarato inammissibile perché tardivo.
Si osservava a tal proposito prima di tutto che, con riguardo alle questioni aventi natura processuale (quale è certamente la verifica officiosa di tempestività del ricorso), la Corte di cassazione è giudice anche del fatto e, per risolvere la relativa questione può accedere all’esame dei relativi atti processuali (cfr. Sez. U. n. 42792 del 31/10/2001).
Premesso ciò, si evidenziava altresì che le ordinanze emesse dal tribunale della libertà a norma degli artt. 309 e 310 cod. proc. pen. non devono essere notificate per intero bensì – come dispone l’art. 311, comma 1, cod. proc. pen. – anche soltanto attraverso avviso di deposito del provvedimento stesso e da tale notifica decorre il termine per proporre ricorso per cassazione.
Precisato anche tale aspetto procedurale, gli Ermellini facevano presente, una volta rilevato come l’ordinanza impugnata fosse stata correttamente notificata all’indagato così come l’avviso del suo deposito al difensore, che, a norma dell’art. 311, comma 3, cod. proc. pen., “il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione […]”; diversamente, l’art. 309, comma 4 cod. proc. pen. (richiamato dall’art. 310, comma 2, cod. proc. pen.) prevede che la richiesta di riesame “è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli artt. 582 e 583”; analogo richiamo alle forme previste dall’art. 582 cod. proc. pen. è presente nell’art. 324, comma 2, cod. proc. pen. e nell’art. 322 bis, comma 2, cod. proc. pen. (in quest’ultimo caso, in forza del generale richiamo dell’art. 310 cod. proc. pen.).
Con riferimento alla presentazione del ricorso per cassazione, dunque, osservava la Suprema Corte, non solo, non sono richiamate le forme di cui agli artt. , 582 (il cui comma 2 consente alle parti private e ai difensori di “presentare l’atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento”) e 583 cod. proc. pen., ma anche che le “specifiche modalità fissate dal legislatore per la presentazione del gravame costituiscono evidente deroga alle norme che regolano in via generale la presentazione dell’impugnazione” (Cass. Sez. 6, n. 3539 del 06/12/1990).
Da ciò se ne faceva derivare che, da un lato, la presentazione del ricorso per cassazione avverso la decisione del tribunale del riesame va presentata nella cancelleria di tale tribunale, con esclusione di qualsiasi soluzione alternativa, dall’altro, il ricorso per cassazione, “avverso l’ordinanza emessa in materia di misure cautelari personali dal tribunale della libertà, è inammissibile qualora sia presentato direttamente in Cassazione e non nella cancelleria del suddetto tribunale, come prescrive l’art. 311, comma terzo, nuovo cod. proc. pen.” (Cass. Sez. 2, n. 2056 del 20/03/1991) tenuto altresì conto di come questo orientamento fosse stato costantemente ribadito (cfr. Cass. Sez. 6, n. 3718 del 12/11/1999; Cass. Sez. 6, n. 29477 del 23/03/2017; Cass. Sez. 5, n. 42401 del 22/09/20009; Cass. Sez. 1, n. 6912 del 14/10/2011,).
Oltre a ciò, veniva osservato che, secondo la giurisprudenza della Cassazione, il ricorso per cassazione, presentato nella cancelleria di giudice diverso da quello che ha emesso il provvedimento impugnato, può essere ritenuto ammissibile allorché esso sia tempestivamente pervenuto anche nella cancelleria del giudice che ha emesso detto provvedimento essendo a carico dell’impugnante il rischio che l’impugnazione, presentata a un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo (cfr., tra le tante, Cass. Sez. 5, n. 42401 del 22/09/2009; Sez. 1, n. 6912 del 14/10/2011).
Orbene, in applicazione di tali criteri ermeneutici, i giudici di piazza Cavour evidenziavano come il ricorso per cassazione, depositato presso il Tribunale di Sciacca, fosse tardivo essendo pervenuto, al Tribunale di Bologna che aveva emesso il provvedimento impugnato, oltre il termine di dieci giorni all’avviso di deposito al difensore e dalla notificazione all’interessato così come non si poteva pervenire diversa conclusione può pervenirsi alla stregua delle osservazioni formulate dal difensore all’udienza odierna il quale aveva esibito il rapporto di trasmissione, attraverso posta elettronica certificata, del ricorso per cassazione, effettuato dallo stesso al Tribunale di Bologna, in pari data consegnato nella casella di destinazione “notifiche penali Tribunale di Bologna” posto che, secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, “l’utilizzo della posta elettronica certificata nel processo penale non è consentito alle parti private per effettuare comunicazioni, notificazioni e istanze” (Cass. Sez. 1, n. 26877 del 20/03/2019; Cass. Sez. 5, n. 48911 del 01/10/2018; Cass. Sez. 1, n. 18235 del 28/01/2015).
Conclusioni
La decisione in oggetto è assai interessante in quanto, in riferimento a quanto previsto dall’ art. 311, comma 3, cod. proc. pen. (“il ricorso è depositato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione […]”), viene chiarito come il deposito sia l’unico modo attraverso il quale può presentarsi il ricorso di cui all’art. 311, c. 1, c.p.p. (“Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l’applicazione della misura, l’imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell’articolo 309”).
Tal che ne discendere che è inammissibile sia il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa in materia di misure cautelari personali dal tribunale della libertà presentato direttamente in Cassazione.
Inoltre, in siffatta pronuncia, viene anche precisato, citandosi giurisprudenza conforme, che il deposito può avvenire anche nella cancelleria di un giudice diverso da quello che ha emesso purchè il provvedimento impugnato sia tempestivamente pervenuto anche nella cancelleria del giudice che ha emesso detto provvedimento.
Ciò posto, il giudizio in ordine a quanto statuito, proprio perché fa chiarezza in ordine al modo con cui deve essere interpretato l’art. 311, c. 3, c.p.p. nella parte in cui prevede che il ricorso per Cassazione avverso i provvedimenti emessi in sede di riesame e di appello (cautelare) deve essere presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione, dunque, non può che essere positivo.
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