Di grande interesse risulta l’esame del decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Vicenza, su richiesta del P.M., perchè tale atto affronta ed involge la tematica relativa all’adozione della misura cautelare di cui all’art. 321 c.p.p., in funzione indubbiamente propedeutica rispetto ad una futura confisca del veicolo condotto da persona nei confronti del quale sia risultato un tasso di intossicazione alcoolemica superiore a 1,5 grammi per litro.
L’art. 186 co. 2° lett. c) Codice della Strada, oltre alla sanzione penale ed a quella amministrativa a carico della persona che violi il precetto normativo, prevede che “Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, del codice penale, salvo che il veicolo stesso appartenga a persona estranea al reato”.
Ovviamente, il presupposto di fatto e diritto, per potere addivenire in fase di definizione del procedimento penale alla confisca dell’automezzo, è costituito dalla preventiva sottoposizione del bene stesso alla misura del sequestro preventivo
[1].
Attese queste premesse, appare, dunque, necessario soffermarsi a considerare la richiamata norma nella parte in cui essa esclude che la confisca – prevista dall’art. 240/2° c.p. – possa venire adottata ove il proprietario del mezzo risulti persona diversa dal conducente.
Si tratta di una previsione, che risulta del tutto armonica e coerente con i co. 3° e 4° dell’art. 240 c.p. – disposizione da ritenersi a tutti gli effetti lex generalis –.
I due commi in questione sanciscono, infatti, il principio dell’inapplicabilità della misura patrimoniale ablativa, ove “la cosa appartiene a persona estranea al reato”.
Vertiamo difatti, nella fattispecie in parola, nell’ambito della cd. confisca obbligatoria.
Con il termine confisca – a margine della catalogazione o inquadramento derivante dalla denominazione – l’ordinamento giuridico individua, pertanto, misure di connotato ablatorio e di natura che diverge in dipendenza del contesto normativo di riferimento
Alla luce di quanto precede, non pare, quindi, necessario, spiegare la ratio della scelta operata dal legislatore.
E’, infatti, evidente che la norma è espresisone della volontà normativa di mantenere una rigorosa separazione e distinzione fra due ipotesi che in fatto si possono riscontrare.
Da un lato, va ricordato il comune caso in cui la figura del proprietario e quella del conducente ebbro del veicolo, coincidano.
In siffatta ipotesi, ovviamente e scontatamente, non esistono, né sono invocabili cause esimenti, perchè la persona, che ha commesso la violazione di legge, ha esercitato in modo pieno e completo l’esercizio del potere di dominio sul proprio bene di proprietà, guidandolo senza essere nella condizioni psicofisiche per farlo
E’, quindi, palese il malgoverno delle prerogative che derivano da tale posizione soggettiva e la diretta imputazione sul mezzo di circolazione del comportamento illecito del suo proprietario, quale corollario della sanzione principale (penale e amministrativa).
La confisca, quindi, assume il carattere di ulteriore e complementare misura di natura sanzionatoria, a connotato patrimoniale, che colpisce l’autore dell’illecito nella specifica ed apicale ipotesi concernente il fatto-reato previsto dal co. 2° dell’art. 186 CdS.
Dall’altro, si evidenzia, invece, l’ipotesi in cui il soggetto conducente il veicolo (cui è, dunque, sempre ascrivibile direttamente il comportamento colpevole) ed il proprietario del veicolo siano persone diverse tra loro.
Il proprietario del veicolo, quindi, nell’occasione, non può essere chiamato a rispondere, neppure a titolo di responsabilità obbiettiva, dell’altrui illecita condotta.
E’ chiaro che deve essere raggiunta la prova che possa escludere anche qualsiasi coinvolgimento in via indiretta.
Da questo principio deriva, quindi, la previsione della non confiscabilità del mezzo, opzione che, come detto, si armonizza al principio di ordine codicistico generale.
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Operata, dunque, questa premessa, venendo al caso in esame, appare fondamentale, fotografare e delineare, in via del tutto preliminare, il concetto di “legale rappresentante di una persona giuridica”.
Non si dimentichi, infatti, che la decisione del G.I.P. presso il Tribunale di Vicenza concerne un’ipotesi – tutt’altro che infrequente – nella quale può risultare che il mezzo sia di proprietà di una persona giuridica e che il conducente rivesta un ruolo operativo all’interno della stessa, se non, addirittura, sia il legale rappresentante della società proprietaria.
Con il termine di legale rappresentante si indica, usualmente un soggetto, il quale assuma su di sé un insieme di diritti e doveri connessi con la rappresentanza della società, quindi, una pluralità di posizioni attive e passive di carattere prettamente giuridico, nell’interesse di altro e differente soggetto che, di norma, è una persona giuridica.
E’, quindi, possibile che la figura del legale rappresentante possa coincidere con quella dell’amministratore della persona giuridica e possa essere differente da quella di proprietario, come, invece, può anche risultare che il legale rappresentante sia anche il proprietario.
Proprio in maniera specifica, nelle società di capitali, emerge la circostanza che l’amministratore, di regola, è una figura che non coincide con il proprietario della società; egli, infatti, è titolare solo di poteri di amministrazione della stessa, subordinati ad un rapporto fiduciario suscettibile di recesso in qualsiasi momento.
Queste considerazioni, seppure fugaci e non approfondite, paiono, comunque, a chi scrive necessarie e decisive, per calibrare la reale portata del provvedimento che si commenta.
E’, infatti, evidente l’errore che commetterebbe chiunque ritenesse possibile un’applicazione tout court ed indiscriminata del principio sancito dal G.I.P. di Vicenza, a tute le ipotesi in cui l’autoveicolo appartenga ad una società e cia condotto da persona che rivesta il ruolo di legale rappresentante della stessa.
Ritengo, infatti, che si imponga grande prudenza applicativa, per la pluralità di situazioni che si possono verificare nella pratica..
Il precetto legislativo in questione, nella parte in cui sancisce la confiscabilità del veicolo. salvo che lo stesso appartenga a persona estranea al reato, può essere, infatti, fondatamente e correttamente applicato, quindi senza controversie di sorta, solo laddove la figura del legale rappresentante pro tempore, coincida in toto con quella del proprietario.
Una simile situazione si viene a verificare in relazione alle ditte individuali, alle società di persone e, riguardo alle società di capitali, solo per quanto concerne le Srl unipersonali.
Non pare, pertanto, condivisibile l’affermazione di principio del giudice, che afferma, testualmente, come in ipotesi di coincidenza fra utilizzatore e legale rappresentante pro tempore, la confiscabilità sia possibile, perchè “è il legale rappresentante che stabilisce chi possa usare l’auto cosicchè la designazione di se medesimo quale conducente rende l’ente, rappresentato, non estraneo al reato”.
A confutazione, infatti, in primo luogo, va osservato che la norma usa il verbo “appartenere” per indicare il rapporto che deve intercorrere fra il bene ed il soggetto.
La scelta lessicale operata dal legislatore, quindi, non lascia spazio a dubbi.
Il mezzo usato, infatti, deve essere di proprietà della persona fisica o giuridica, a nulla rilevando, pertanto, altri e differenti esistenti diritti reali di godimento od altre e differenti posizioni soggettive di fatto che risultino in capo a membri della società.
La sola coincidenza fra proprietario ed utilizzatore può vanificare la causa di esclusione della confisca.
In secondo luogo, dunque, atteso che il vincolo, che giustifica la confisca del bene, consiste nella proprietà dello stesso in capo al trasgressore, vertendo in ipotesi di persona giuridica, il potere dispositivo che il legale rappresentante – che non sia proprietario – possa vantare rispetto al veicolo, non può, comunque, mai surrogare il diritto di proprietà.
Per questo motivo, dunque, irrilevante appare la autodesignazione del legale rappresentante quale utente, ove egli non sia proprietario.
Dunque, in quest’ultimo caso, emerge una divaricazione ed una netta separazione fra i soggetti più volte richiamati, sicchè possono essere richiamate efficacemente le valutazioni svolte in precedenza.
E’, quindi, evidente l’opinabilità dell’opinione del G.I.P., posto che egli finisce per omologare, peraltro, in maniera patentemente erronea ed impropria, la figura del legale rappresentante a quella del proprietario, presupponendo, infatti, una coincidenza costante ed obbligatoria di tali figure, quando, invece, tale sovrapponibilità è rinvenibile – come detto – solo in talune occasioni.
L’ipotizzazione fatta propria dal giudice è possibile solamente – come ribadito – in caso di società dove l’elemento personale costituisca il dato caratterizzante la compagine.
In tale caso non è, infatti, percepibile, né tanto meno ravvisabile, un’apprezzabile distinzione fra società e soci-proprietari, si chè costoro, ciascuno assumendo la veste di legale rappresentante, non perdono il carattere di proprietari pro quota (od in solido) del bene facente parte del patrimonio sociale.
Ritengo, pertanto, in conclusione, che il principio, portato dal provvedimento del giudice di Vicenza (involgente il legale rappresentante pro tempore) non possa trovare, in siffatta situazione, sua corretta applicazione, in presenza di società di capitali.
Nell’ipotesi che l’autoveicolo condotto dal trasgressore appartenga, dunque, ad una persona giuridica che sia società di capitali e che il conducente, che ha commesso l’illecito, sia soggetto, che pur appartenendo alla compagine sociale, non ne risulti il proprietario, permarrà il divieto imperativo dell’art. 186 co. 2° lett. c) CdS.
Carlo Alberto Zaina
[1] Il veicolo sottoposto a sequestro può essere affidato in custodia al trasgressore, salvo che risulti che abbia commesso in precedenza altre violazioni della disposizione di cui alla presente lettera. La procedura di cui ai due periodi precedenti si applica anche nel caso di cui al comma 2-bis.
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