La Corte di Cassazione – Sezione V è intervenuta, in sede di legittimità, conoscendo di un ricorso per legittimità presentato da un Centro di Assistenza Doganale avverso una sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Regionale di Genova con cui era stata confermata, seppure con una motivazione effettivamente molto “stringata”, la correttezza del decisum del giudice di prime cure inerente una serie di accertamenti di valore posti in essere, con la procedura di cui all’art. 181-bis D.A.C., da parte dell’Ufficio delle Dogane della Spezia.
Pur cassando la sentenza del giudice di secondo grado e rimettendola, dunque, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale di Genova riconoscendo l’effettiva sussistenza del vizio motivazionale non nella sua forma di errata applicazione della legge sostanziale (ossia della legge che disciplina l’obbligazione tributaria) ma, bensì, di quella processuale, gli Ermellini hanno messo un “punto fermo” – che solo il futuro potrà dirci se assurgerà al rango di principio di diritto unanimente applicato – riconoscendo la coobbligazione solidale ex art. 201 C.D.C. del Centro di Assistenza Doganale nella pretesa tributaria fatta valere nei confronti del soggetto da esso rappresentato in modo indiretto ex art. 5 § 2 secondo alinea C.D.C..
Invero, con tale sentenza la Suprema Cassazione in sol colpo cancella tutti i dubbi interpretativi, affastellatisi nel corso degli anni, che avevano portato alcuni autori e talune difese di parte a ritenere che la procedura “semplificata” autorizzata a favore dei Centro di Assistenza Doganale non potesse essere ricompresa nell’ambito di quelle disciplinate dall’art.76 C.D.C. e non determinasse, conseguentemente, responsabilità solidale tout court ex art. 201 § 3 C.D.C. (“Il debitore è il dichiarante. In caso di rappresentanza indiretta è parimenti debitrice la società per conto della quale è presentata la dichiarazione in dogana”) ma, al più, ex art. 202 § 3 (“sono debitori … le persone che hanno partecipato a questa introduzione sapendo o dovendo sapere, secondo ragione, che essa era irregolare) con conseguente ulteriore obbligo per l’Amministrazione Fiscale di dare dimostrazione, seppure in via presuntiva, del fatto che l’irregolarità dell’operazione doganale doveva essere conosciuta o era comunque conoscibile (si ritiene, facendo uso della normale diligenza professionale) da parte del Centro di Assistenza Doganale.
Ebbene, la Corte di Cassazione ha definitivamente riconosciuto che, per il solo fatto di essere titolare di una “procedura semplificata” e di essere intervenuto in Dogana quale rappresentante indiretto dell’importatore, per ciò solo il Centro di Assistenza Doganale è ipso iure coobbligato solidale con l’importatore ai sensi dell’art. 201 § 3 cit..
Corte di Cassazione, Sezione V
Sentenza n. 9248 del 17/04/2013
R.G. 12182/2011
Proposto da:
CAD *************** SRL IN LIQUIDAZIONE in persona del Liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ****************, presso lo studio dell’avvocato *************, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ************* giusta delega a margine;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE DOGANE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
e contro
AGENZIA DELLE DOGANE UFFICIO DI LA SPEZIA;
– intimato –
avverso la sentenza n. 40/2010 della COMM. TRIB. REG. di GENOVA, depositata il 22/03/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2013 dal Consigliere Dott. **********************;
udito per il ricorrente l’Avvocato ************* che ha chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato ************* che ha chiesto l’inammissibilità e il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore *******************************, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
1. Con sentenza depositata il 22 marzo 2010 la Commissione tributaria regionale della Liguria confermava la sentenza resa dalla CTP di La Spezia che aveva rigettato il ricorso proposto dalla Centro Assistenza Doganale CAD ************* S.r.l., avverso diversi avvisi di rettifica per la ripresa a tassazione, nei confronti dell’importatore *************, in solido con lo spedizioniere CAD *************, titolare di procedura domiciliata, di dazi all’importazione relativi a capi di abbigliamento presentati alla Dogana di La Spezia.
1.2 Osservava il giudice di appello che la procedura di domiciliazione adottata dalla CAD *************, permettendo di effettuare operazioni doganali direttamente dal magazzino, poteva essere adottata solo in forza di una rappresentanza indiretta del dichiarante che stipulava per conto ma non in nome del rappresentato.
1.3 Aggiungeva che i valori attribuiti alla merce in contestazione erano stati attinti dalla banca dati di prodotti similari, sulla base del prezzo minimo, infine aggiungendo che era obbligo della CAD ************* controllare la merce spedita.
2. Ha proposto ricorso per cassazione la società CAD *************, al quale ha resistito l’Agenzia delle Dogane con controricorso. Le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
3. Con i primi due motivi di ricorso la società contribuente ha dedotto la nullità della sentenza e la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per l’assenza degli elementi essenziali della decisione.
3.1 Secondo la ricorrente la CTR si sarebbe appiattita sulle posizioni dell’Agenzia delle Dogane, tralasciando di motivare le ragioni che l’avevano indotta a ritenere la responsabilità solidale della stessa e la congruità dei conteggi effettuati ai fini della rideterminazione del valore della merce passata in dogana, omettendo poi di esaminare le tesi difensive esposte a sostegno dell’illegittimità della pretesa e di redigere compiutamente l’esposizione dei motivi in fatto e in diritto.
4. Con il – terzo motivo la società contribuente ha dedotto violazione degli artt. 29 e 30 Reg.CE n. 2913/1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
5. Con il quarto motivo è stata prospettata la violazione dell’art. 31 Reg. CE n. 2912/1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
6. Con il quinto motivo di ricorso la società contribuente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, ha poi lamentato il difetto di motivazione con riferimento alla determinazione del valore doganale delle merci, evidenziando la totale pretermissione da parte della CTR degli elementi di fatto offerti per conclamare la diversità delle merci presentate e la conseguente inattendibilità del metodo di calcolo utilizzato dall’Agenzia.
7. Con il sesto motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 76 e 201 Reg. CE n. 2913/1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
8. Con il settimo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 201 e 202 Reg. CE n. 2913/1992, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
9. Con l’ottavo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per non avere il giudice di appello esaminato l’eccezione relativa alla ricorrenza dei presupposti in ordine allo sgravio di cui all’art. 239 Reg.CE n. 2913/1992.
10. Il primo, il terzo ed il quinto motivo meritano un esame congiunto ed appaiono meritevoli di accoglimento, nei sensi di seguito specificati.
10.1 Giova premettere che la CTR, nel confermare la sentenza di primo grado, si è limitata ad affermare, quanto al valore attribuito alle merci importate, che “l’Agenzia ha chiarito di aver attinto ad un’ampia banca dati di prodotti similari alla stessa voce doganale e il prezzo stabilito è il minimo risultato”.
10.2 Quanto invece alla questione relativa alla responsabilità solidale della CAD *************, il giudice di appello ha precisato che la procedura di domiciliazione regolata dall’art. 76 par. 1 lett. c) del CDC ************* utilizzata dalla società contribuente richiedeva nello spedizioniere la rappresentanza indiretta, con conseguente spendita del potere in nome proprio e per conto dell’importatore. Ciò perchè il rappresentante diretto, che agisce in nome e per conto dell’importatore, non può essere definito dichiarante e non può essere titolare della procedura di domiciliazione.
10.3 Orbene, il cuore delle censure espresse nei tre motivi di ricorso qui esaminati si coglie in seno alla deduzione attinente alla ritenuta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, in ragione della motivazione sulla questione controversa e decisiva per il giudizio e dell’art. 132 cod. proc. civ., comma 2, n. 4, il quale, com’è noto, pur non richiedendo l’esplicita confutazione delle tesi non accolte o la particolareggiata disamina degli elementi di giudizio posti a base della decisione o di quelli non ritenuti significativi postula, al fine di soddisfare l’esigenza di un’adeguata motivazione, che il raggiunto convincimento risulti da un riferimento logico e coerente a quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze istruttorie, vagliate nel loro complesso, che siano state ritenute di per sè sole idonee e sufficienti a giustificarlo, in modo da evidenziare l’”iter” seguito per pervenire alle assunte conclusioni, disattendendo anche per implicito quelle logicamente incompatibili con la decisione adottata-cfr. Cass. 8294/2011.
10.4 Orbene, dette le censure sono fondate limitatamente alla questione del valore della merce come rideterminato dall’Agenzia, apparendo per converso la sentenza adeguatamente motivata in ordine alla riconosciuta legittimazione della CAD ************* per l’obbligazione doganale richiamata.
10.5 E’ infatti la lettura del controricorso della stessa Agenzia delle Dogane a rendere palese l’assenza, all’interno del percorso motivazionale esposto nella decisione impugnata, dell’iter logico giuridico seguito dal giudicante al fine di ritenere congruo il valore indicato dalla merce.
10.6 Invero, al di là della non agevole comprensione delle espressioni utilizzate dalla CTR, è palese il deficit motivazionale in ordine alle ragioni che giustificarono la rideterminazione del valore dichiarato, come anche del processo qualificatorio seguito dal giudicante per sussumere la fattispecie all’interno di una precisa disposizione normativa.
10.7 Non è in alcun modo possibile, ad onta di quanto postulato dall’Agenzia a pag. 11 del controricorso, evincere le ragioni che hanno indotto la Corte a condividere il sistema di valutazione seguito dall’Ufficio nella determinazione del valore della merce, nè dalla decisione impugnata risulta che la CTR abbia valutato l’art. 181 bis Reg.CE 2454/1993, mancando radicalmente ogni indicazione circa i “fondati dubbi” non soltanto in ordine alla congruità del valore di transazione dichiarato, ma anche dell’esito dell’eventuale contraddittorio attivato dall’Amministrazione, del quale si ha notizia solo attraverso la lettura degli atti di parte – ricorso e controricorso – depositati nella fase di legittimità.
10.8 Ed è sempre dal controricorso dell’Agenzia che si apprende delle modalità che l’Agenzia delle Dogane avrebbe seguito per attingere dal “datawarehouse M.E.R.C.E.” i valori successivamente posti a base della rettifica.
10.9 D’altra parte, la complessa procedura, normativamente disciplina dagli artt. 29, 30 e 31 Reg.CE n. 2013/1992, ai fini della individuazione del valore rideterminato dall’Agenzia per effetto dell’inattendibilità del valore di transazione indicato in sede di dichiarazione avrebbe richiesto necessariamente, tenuto conto delle specifiche contestazioni espresse dalla società ricorrente sul punto, l’esplicita indicazione delle ragioni che L avevano indotto l’Ufficio a discostarsi delle indicazioni di parte e, parimenti, della specifica sussunzione delle valutazioni espresse dell’Agenzia all’interno dell’art. 30 o dell’art. 31 del Reg.CE n. 2913/1992 nonchè della specifica indicazione della metodologia sottesa al database utilizzato per il ricalcolo della merce.
10.10 Ed è ancora una volta sintomatica delle gravi carenze motivazionali la circostanza che sia appunto l’Agenzia delle Dogane a dare conto, nel controricorso, di tutte le modalità seguite per tale ricalcolo rispetto alle (asseritamente inidonee) dichiarazioni fornite dall’importatore, a conferma del carattere meramente assertivo della decisione impugnata che, come tale non riesce a resistere alle doglianze prospettate dalla società contribuente in ordine alla validità della sentenza impugnata con riguardo alla motivazione adottata.
10.11 Nè può sopperire alle ritenute carenze motivazionali il richiamo, operato dalla CTR, alla circostanza che la sentenza di primo grado doveva essere confermata.
10.12 E’ noto, infatti, che ai fini della congruità della motivazione della sentenza di appello non è in alcun modo sufficiente il mero richiamo alla motivazione della sentenza impugnata, che peraltro nel caso di specie nemmeno è presente, ma occorre, come non può fare a meno di tacere la stessa Avvocatura dello Stato nel controricorso, che il giudice del gravame abbia posto in correlazione la decisione impugnata con le argomentazioni critiche esposte dalle parti.
10.13 In questa direzione, infatti, questa Corte non ha mancato di precisare che la motivazione della sentenza “per relationem” è ammissibile, purchè il rinvio venga operato in modo tale da rendere possibile ed agevole il controllo della motivazione, essendo necessario che si dia conto delle argomentazioni delle parti e dell’identità di tali argomentazioni con quelle esaminate nella pronuncia oggetto del rinvio – cfr. Cass. n. 7347/2012.
10.14 E poichè il vizio di motivazione sussiste quando il giudice non indichi affatto le ragioni del proprio convincimento rinviando, genericamente e “per relationem”, al quadro probatorio acquisito, senza alcuna esplicitazione al riguardo, nè alcuna disamina logico- giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito, la sentenza impugnata palesa in modo marcato le proprie intrinseche carenze.
10.15 In definitiva, mancando nel caso qui all’esame della Corte, con specifico riferimento al valore dei beni presentati alla Dogana, la sintetica e riassuntiva indicazione: a) del fatto controverso; b) degli elementi di prova; c) degli argomenti logici idonei a giustificare la legittimità’ dell’accertamento la censura è fondata.
10.16 Non analoghe carenze motivazionali si riscontrano, per converso, in ordine al tema della responsabilità solidale della CAD ************* nell’obbligazione doganale che la CTR ha desunto, in modo logico ed adeguatamente motivato, dall’avere detta società utilizzato la procedura di domiciliazione regolata dall’art. 76 Reg. CEE) 2913/92 senza con ciò dare luogo ad alcun errore di diritto.
11. Sicchè la doglianza sul punto espressa, è infondata al pari delle censure esposte nei motivi sesto e settimo.
11.1 Ed invero, corretta in diritto ed immune da vizi logici è stata la decisione della CTR in punto di responsabilità solidale della CAD ************* per l’obbligazione concernente la merce presentata dalla stessa con le forme della procedura semplificata di domiciliazione. E’ infatti risultato che detta società era titolare di rappresentanza indiretta – avendo appunto pacificamente agito in nome proprio e per conto dell’importatore e perciò risultando coobbligata al pagamento della pretesa doganale ai sensi dell’art. 201 CDC. 11.2 La correttezza della decisione sul punto esposta dalla CTR trova piena conferma sulla base del quadro giuridico di riferimento che occorre qui brevemente ripercorrere.
11.3 Ed invero, secondo l’art. 64 par. 2 Reg.CE n. 2913/1992 la dichiarazione in dogana deve essere presentata direttamente dal soggetto o per suo conto. E’ poi l’art. 5 Reg.CE ult. cit. a prevedere che la rappresentanza alla quale fa riferimento il ricordato art. 64 può essere diretta, quando il rappresentante agisce in nome e per conto di terzi oppure indiretta, quando il rappresentante agisce in nome proprio, ma per conto di terzi.
11.4 Viene poi nel caso di specie in considerazione la procedura di domiciliazione che, pacificamente, è stata compiuta dalla CAD ************* in qualità di rappresentante della ditta *************.
11.5 Detta procedura è regolata dall’art. 76 Reg. ult. cit., a cui tenore “Per semplificare, per quanto possibile, nel rispetto della regolarità delle operazioni, l’espletamento delle formalità e delle procedure, l’autorità doganale consente, alle condizioni da stabilirsi con la procedura del comitato: a) che nella dichiarazione di cui all’art. 62 non figurino talune indicazioni di cui al paragrafo 1 del predetto articolo o che alla dichiarazione non siano allegati alcuni dei documenti di cui al paragrafo 2 del medesimo articolo; b) che in luogo e vece della dichiarazione di cui all’art. 62 venga presentato un documento commerciale o amministrativo accompagnato da una domanda di vincolo delle merci al regime considerato; c) che la dichiarazione delle merci al regime considerato avvenga con l’iscrizione delle merci nelle scritture contabili; in tal caso, l’autorità doganale può dispensare il dichiarante dal presentare le merci in dogana. La dichiarazione semplificata, il documento commerciale o amministrativo o l’iscrizione nelle scritture contabili devono contenere per lo meno le indicazioni necessarie all’identificazione delle merci.
L’iscrizione nelle scritture deve essere datata. 2. Fatti salvi i casi che saranno determinati secondo la procedura del comitato, il dichiarante è tenuto a fornire una dichiarazione complementare, che può avere carattere globale, periodico o riepilogativo. 3. Le dichiarazioni complementari sono considerate costituire con le dichiarazioni semplificate di cui al paragrafo 1, lettere a), b) o c), un atto unico ed indivisibile che è efficace alla data di accettazione delle dichiarazioni semplificate; nei casi di cui al paragrafo 1, lett. c), l’iscrizione nelle scritture ha lo stesso valore giuridico dell’accettazione della dichiarazione di cui all’art. 62″.
11.6 Va sul punto ricordato che l’autorizzazione ad utilizzare la procedura di domiciliazione, proprio per le forme semplificate che la caratterizzano e per la mancata presentazione materiale della merce, è specificamente accordata solo secondo le modalità e condizioni analiticamente indicate negli artt. 264, 265 e 266 del Reg.CE n. 2454/1993.
11.7 Inoltre, ai sensi dell’art. 76 p. 2, lett. c) Reg.CE n. 2913/1992 il beneficiario di un’autorizzazione alla procedura di domiciliazione è chiaramente identificato nel “dichiarante”.
11.8 Occorre pure ricordare che secondo l’art. 201 Reg. ult.cit. il “debitore” dell’obbligazione doganale all’importazione è il dichiarante (che l’art. 4 par. 18 Reg.CE n. 2913/1992 indica come “la persona che fa in dogana la dichiarazione in nome proprio ovvero la persona in nome della quale è fatta una dichiarazione in dogana) ed anche, in caso di rappresentanza indiretta, la persona per conto della quale è presentata la dichiarazione.
11.9 Orbene, il composito quadro normativo di riferimento, al quale si aggiunge, infine, l’art. 38 TULD, a cui tenore il vincolo della solidarietà nel pagamento dell’imposta doganale coinvolge chiunque, indicato nella dichiarazione doganale, si trovi in rapporto fisico o giuridico con le cose che attraversano la linea doganale rende evidente, ad onta di quanto diversamente opinato dalla società ricorrente, la responsabilità del soggetto che ha compiuto la procedura semplificata nell’interesse dell’importatore, agendo in nome proprio e nell’interesse dell’importatore.
11.11 Tanto è, dunque, sufficiente per ritenere la piena responsabilità ai fini della pretesa fiscale azionata nei di lei confronti. Ed è proprio l’esistenza delle particolari cautele che la disciplina comunitaria richiede in tema di procedura semplificata a rendere doveroso che il dichiarante, ove utilizzi la procedura semplificata nell’interesse dell’importatore, compia tale dichiarazione in nome proprio, assumendo direttamente su di sè la responsabilità della procedura semplificata. Nello stesso senso, del resto, si è anche espressa la circolare n. 100/2005 resa 1 il 10 agosto 2005 dell’Agenzia delle Entrate.
11.12 Le conclusioni appena espresse trovano, inoltre, piena conferma nella giurisprudenza di questa Corte, alla cui stregua quando una dichiarazione è resa in base a dati che determinano la mancata riscossione totale o parziale dei dazi dovuti per legge, le persone che hanno fornito i dati necessari alla stesura della dichiarazione e che erano o avrebbero dovuto essere a conoscenza della erroneità possono essere parimenti considerati debitori (Cass. n. 3285/2012).
Ciò perchè obbligato al versamento dei dazi non è solo l’importatore (direttamente e/o quale soggetto per conto del quale è resa la dichiarazione) oltre al di lui rappresentante indiretto ma anche qualsiasi altro soggetto che partecipi alle formalità doganali rispondendo dell’obbligazione doganale quale sottoscrittore della dichiarazione o comunque “cooperante” al perfezionamento dell’operazione, poi aggiungendo che “…l’obbligazione doganale sorge in conseguenza del mero fatto oggettivo della dichiarazione in dogana, prescindendo da qualsiasi considerazione ulteriore, anche concernente la titolarità della merce oggetto della dichiarazione stessa” – v. Cass. n. 7261/2009-.
11.13 Tali principi, ribaditi in termini generali da Cass. n. 13890/2008 con specifico riferimento al rappresentante diretto ed indiretto dell’importatore ed al rappresentante senza poteri, nonchè da Cass. n. 29585/2011, Cass. n. 3285/2012 e Cass. n. 1574/2012 con riferimento specifico al rappresentante fiscale, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 17 e da Cass. 7262/2009 con specifico riferimento allo spedizioniere, devono certamente ritenersi operanti anche nei confronti del soggetto che agisce in qualità di rappresentante indiretto del fornitore.
11.14 Il che vale a dimostrare l’infondatezza dei rilievi espressi dalla ricorrente in ordine alla conoscenza dell’erroneità del valore dichiarato della merce. Nè la CAD ************* può, in questa sede, porre in discussione l’efficacia di determinazioni amministrative assunte dall’amministrazione doganale circa l’asserito obbligo impostole di agire in rappresentanza indiretta dell’importatore – v. pag. 41 ricorso – che avrebbe, semmai, potuto e dovuto impugnare, in sedi diverse da quella tributaria.
11.16 Resta solo da evidenziare che le superiori conclusioni non il appaiono in contrasto con la giurisprudenza della Corte di Giustizia richiamata dalla CAD ************* se solo si consideri l’inconferenza dei precedenti della Corte di Giustizia evocati dalla società contribuente rispetto alle questioni giuridiche qui all’esame della Corte.
11.17 Resta pertanto confermato che è proprio il soggetto che ha reso la dichiarazione ed ha attivamente partecipato all’introduzione della merce tramite la procedura sopra descritta era tenuto a verificare il valore della merce. E la decisione che sul punto si è conformata a tali principi, merita di essere confermata almeno rispetto alla questione qui esaminata.
12. In conclusione, in accoglimento dei motivi 1, 2 e 5, rimanendo assorbito l’esame dei motivi 4 e 8 e disattesi i motivi 6 e 7, la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame, nei limiti dei motivi accolti, ad altra Sezione della CTR della Liguria, la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie i motivi 1, 2 e 5, assorbiti i motivi 4 e 8 e rigetta i motivi 6 e 7.
Cassa la sentenza con rinvio per nuovo esame, nei limiti di cui alla parte motiva, ad altra Sezione della CTR della Liguria, la quale pure provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile, il 14 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013
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