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1. L’interpello
Con la risposta a interpello n. 481 del 27 settembre 2022, l’AE ha espresso delucidazioni in merito alle modalità di verifica del requisito connesso alla residenza della partecipata estera in Stati non privilegiati nell’ambito della participation exemption (di seguito PEX), ai sensi dell’art. 87 comma 1 lettera c) del TUIR.
In quest’ultimo interpello l’istante è una società italiana, titolare della partecipazione in una società statunitense. I quesiti posti dall’istante all’attenzione dell’AE nell’interpello in esame sono i seguenti:
- verifica del requisito dell’esercizio di imprese commerciali per le società in stato di depotenziamento strutturale;
- valutazione del periodo di monitoraggio della residenza nei casi in cui la plusvalenza non derivi dalla cessione della partecipazione, ma da altre forme di realizzo (la ripartizione delle riserve di capitale per un importo eccedente il costo fiscale della partecipazione detenuta);
- alle modalità di verifica del requisito della residenza.
2. La posizione AE
Riguardo il primo aspetto, circa il requisito di “impresa commerciale” per le società in stato di depotenziamento strutturale, l’AE già in precedenza, con la circolare numero 10 del 16 marzo 2005 aveva chiarito anzitutto che la PEX si applichi anche per la parte che sia eccedente il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni che generi plusvalenza (ove ci fosse la distribuzione di riserve di capitali) e che, nell’ipotesi di liquidazione, il requisito triennale della commercialità deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso, partendo quindi dalla fase liquidazione e non dal realizzo della partecipazione.
Successivamente, l’AE con la circolare 7 del 29 marzo 2013 individua alcuni requisiti (quattro) affinché una partecipazione, ai fini PEX, possa dirsi dotata del requisito della commercialità:
- Ai fini della commercialità è necessario che l’impresa disponga di una struttura operativa potenzialmente idonea all’avvio del processo produttivo;
- la fase iniziale di start-up deve essere computata nel calcolo del periodo triennale;
- il mancato conseguimento di ricavi non osta al riconoscimento dell’impresa commerciale. In tale caso, spiega l’Ufficio, occorre valorizzare tutta una serie di attività preliminari svolte dalla società quali, a titolo meramente esemplificativo, la ricerca dei siti ove ubicare gli impianti, l’ottenimento dei permessi/autorizzazioni, la progettazione e la costruzione degli impianti medesimi;
- il periodo di inattività derivante dall’interruzione temporanea della propria attività non determina di per sé la perdita del requisito della commercialità, in tal caso, l’impresa continua a disporre di una struttura adeguata a soddisfare la domanda del mercato nei termini precedentemente specificati.
L’AE, anche in questa occasione con quest’ultima risposta n. 481/2022, ha sancito il principio che ai fini Pex il requisito della commercialità deve sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo, almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore al realizzo stesso.
Relativamente al secondo quesito, l’AE anzitutto rammenta l’estendibilità dell’art. 87, comma 6, TUIR del regime della PEX anche alle plusvalenze di cui all’art. 86, comma 5-bis, TUIR, secondo cui nelle ipotesi dell’art. 47, commi 5 e 7, costituiscono plusvalenze le somme o il valore normale dei beni ricevuti a titolo di ripartizione del capitale e delle riserve di capitale per la parte che eccede il valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni.
Nel quesito posto dal contribuente, nell’interpello in rassegna, la plusvalenza con riferimento alla quale si chiede l’applicazione del regime PEX non origina da un’operazione di cessione della partecipazione, bensì da una delibera di distribuzione di dividendi riconducibile sotto il profilo fiscale ad una distribuzione di capitale, la quale conseguentemente costituisce plusvalenza per la parte che eccede il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione nella società controllata.
L’istante, poi, chiede lumi circa il periodo di osservazione relativo al requisito della residenza fiscale in tale fattispecie, ossia, se quello pari ai cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo, come richiesto nel caso di cessioni verso terzi, o se quello che decorre dal primo periodo di possesso della partecipazione, come previsto per le operazioni realizzative infragruppo.
L’AE sul punto evidenzia che, a seguito delle modifiche apportate dal decreto legislativo 29 novembre 2018, n. 142 (di seguito, “Decreto ATAD“), il comma 2 dell’articolo 87 del TUIR dispone in primis la regola generale secondo cui il requisito di cui al comma 1, lettera c), deve sussistere, ininterrottamente, sin dal primo periodo di possesso; mentre, stabilisce un periodo di sorveglianza diverso (cinque periodi d’imposta anteriori al realizzo) con esclusivo riferimento ai rapporti detenuti da più di cinque periodi di imposta, nel caso di cessioni effettuate nei confronti di controparti non appartenenti allo stesso gruppo del dante causa.
Sul punto, la relazione illustrativa al Decreto ATAD chiarisce che «la dimostrazione dell’esimente di cui alla lettera b) del comma 2 dell’articolo 47-bis, per le cessioni effettuate con controparti che non appartengono allo stesso gruppo del cedente, deve essere effettuata con riferimento ad un periodo di monitoraggio massimo di cinque periodi d’imposta e soltanto con riguardo ai soli periodi d’imposta in cui il Paese è considerato a fiscalità privilegiata. Coerentemente, se la partecipata non è invece considerata assoggettata a un regime fiscale privilegiato, la fruizione della esenzione della plusvalenza è concessa, per le cessioni extra-gruppo, per il solo fatto che tale condizione sia soddisfatta per il quinquennio precedente».
Da ultimo, relativamente al terzo quesito, in relazione alla verifica del suddetto requisito della residenza, l’AE dopo aver passato in rassegna l’art. 87 del TUIR, come modificata dal Decreto ATAD, (che stabilisce al comma 1, lett c) che gli Stati o territori diversi da quelli a regime fiscale privilegiato devono essere individuati «in base ai criteri di cui all’articolo 47-bis, Pagina 16 di 18 comma 1, o, alternativamente, la dimostrazione, anche a seguito dell’esercizio dell’interpello di cui allo stesso articolo 47-bis, comma 3, della sussistenza della condizione di cui al comma 2, lettera b), del medesimo articolo») e l’art. 47-bis, (che ha espressamente disposto che non costituiscono regimi fiscali privilegiati quelli adottati da Stati o territori appartenenti all’Unione europea ovvero da quelli aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia abbia stipulato un accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni), afferma che, nel caso de quo, rileva la verifica della sussistenza del requisito della residenza fiscale della partecipata che deve essere condotta sulla base dei criteri identificativi dei regimi a fiscalità privilegiata vigenti individuati dall’attuale formulazione dell’articolo 47-bis del TUIR nella prospettiva “anno per anno“, ossia tenendo conto della specifica situazione in cui versa il contribuente – tassazione estera, esistenza o meno del controllo, etc. – in ciascuno dei periodi d’imposta oggetto di monitoraggio.
L’AE conclude specificando che tali criteri non possono trovare applicazione per i periodi d’imposta precedenti al 2001, per i quali non era in vigore alcuna normativa in materia di partecipazioni detenute in Paesi o territori a fiscalità privilegiata applicabile alla fattispecie descritta.
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