Con la sentenza numero 12839 del 10.5.24 la III Sezione della Corte di Cassazione, presidente Travaglino, relatore Cricenti, chiarisce che la responsabilità ex. Art. 2051 cc non è automaticamente applicabile ai danni cagionati alla proprietà altrui nell’esecuzione di un contratto di appalto.
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Indice
1. I fatti di causa e i giudizi di merito
Tizio è proprietario di un immobile sito nel Comune di X confinante con quello di Caio, il quale ultimo effettuava lavori di ristrutturazione che interessavano anche il muro di confine di proprietà di Tizio. Poiché i lavori hanno determinato un problema di stabilità per l’immobile di Tizio, questi proponeva un accertamento tecnico preventivo finalizzato a individuare le cause del danno e a stimarne l’entità. All’esito dell’Atp, che sostanzialmente individuava nei lavori effettuati da Caio la causa dei danni subiti alla proprietà di Tizio, il secondo proponeva domanda giudiziale ex. Art. 2051 cc.
Caio si costituiva contestando in primis l’infondatezza della domanda e in secundis la sussitenza di un caso fortuito, attribuendo la responsabilità a Mevio, direttore dei lavori, a suo dire negligente e quindi chiamato in garanzia. Mevio, a sua volta citava la società Delta, sua assicuratrice, al fine di essere tenuto indenne da eventuali condanne risarcitorie. La domanda, riassunta dai rispettivi eredi delle originarie parti, nelle more decedute, veniva rigettata in primo grado in quanto, secondo il primo giudice non si era raggiunta la prova del potere di ingerenza di Caio, quale committente del contratto di appalto, condizione questa necessaria per escludere il caso fortuito.
Tizio interponeva appello, così come Caio, limitatamente alla condanna alle spese e alla mancata attribuzione della responsabilità del geometra terzo chiamato. Gli appelli venivano riuniti e la corte di merito accoglieva quello di Tizio, condannando Caio al risarcimento dei danni, stimati nella misura di euro 15.000,00. La Corte di appello parte dal presupposto che il committente, e quindi Caio, “resta certamente nel possesso, ed anche nella giuridica detenzione, del bene oggetto dell’appalto” con la conseguenza che egli conserva sempre “il potere di impartire direttive all’appaltatore in merito alle opere da eseguire e alle modificazioni da apportare allo stesso“.
Ciò significa che “per essere esonerato dalla responsabilità, il committente avrebbe dovuto dimostrare che l’attività dell’appaltatore sia di fatto qualificabile come caso fortuito”: prova che nel caso presente non è stata fornita.
La sentenza viene ricorsa per cassazione da Caio.
Per approfondimenti si consiglia il seguente volume il quale ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile:
La Riforma Cartabia della giustizia civile
Aggiornata ai decreti attuativi pubblicati il 17 ottobre 2022, la presente opera, che si pone nell’immediatezza di questa varata “rivoluzione”, ha la finalità di spiegare, orientare e far riflettere sulla introduzione delle “nuove” possibilità della giustizia civile. Analizzando tutti i punti toccati dalla riforma, il volume tratta delle ricadute pratiche che si avranno con l’introduzione delle nuove disposizioni in materia di strumenti alternativi di risoluzione delle controversie, nonché di processo di cognizione e impugnazioni, con uno sguardo particolare al processo di famiglia, quale settore particolarmente inciso dalle novità. Un focus è riservato anche al processo del lavoro, quale rito speciale e alle nuove applicazioni della mediazione e della negoziazione assistita, che il Legislatore pare voler nuovamente caldeggiare. Francesca SassanoAvvocato, è stata cultrice di diritto processuale penale presso l’Università degli studi di Bari. Ha svolto incarichi di docenza in numerosi corsi di formazione ed è legale accreditato presso enti pubblici e istituti di credito. Ha pubblicato: “La nuova disciplina sulla collaborazione di giustizia”; “Fiabe scritte da Giuristi”; “Il gratuito patrocinio”; “Le trattative prefallimentari”; “La tutela dell’incapace e l’amministrazione di sostegno”; “La tutela dei diritti della personalità”; “Manuale pratico per la protezione dell’incapace”; “Manuale pratico dell’esecuzione mobiliare e immobiliare”; “Manuale pratico delle notificazioni”; “Manuale pratico dell’amministrazione di sostegno”; “Notifiche telematiche. Problemi e soluzioni”.
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2. Responsabilità committente ex art. 2051 per danni cagionati a terzi: il giudizio di legittimità
Caio propone cinque motivi di cassazione, dei quali due di interessi per le questioni trattate.
Il giudice di appello ha ritenuto sempre e comunque custode della cosa il committente e dunque ha, per certi versi, operato una sorta di presunzione della responsabilità di costui per i danni causati dalla cosa oggetto di appalto, tanto è vero che ha affermato conseguentemente il principio secondo cui il committente ha l’onere di provare che il danno è avvenuto per caso fortuito, o per un’attività direttamente imputabile all’appaltatore, che deve considerarsi rispetto alla sua custodia per l’appunto come un evento imprevedibile e inevitabile.
La Corte di merito, tuttavia, ha rilevato che il danno sia derivato dalla cosa anziché dall’attività dell’appaltatore, posto che l’articolo 2051 c.c. si applica solo ove il danno derivi dalla cosa, e non dall’attività dell’uomo. Nel caso che occupa è invece pacifico che il danno era conseguenza dei lavori effettuati da Caio e non dalla pregressa situazione in cui versava l’immobile di quest’ultimo.
Nei fatti la corte ha confuso l’azione ex. Art. 2051, con quella corretta che era la classica domanda ex. Art. 2043 cc.
Sempre secondo il ricorrente, poi, ragionando come esposto, la Corte d’appello avrebbe commesso l’ ulteriore errore di considerare il committente come custode sempre e comunque della cosa data in appalto, con presunzione assoluta di ingerenza sulla cosa al punto che quindi è lui a dover dimostrare che, invece, in quel caso, il danno è avvenuto al di fuori della sua sfera di controllo e dunque per un caso fortuito, così considerando il committente dell’appalto la longa manus dell’appaltante.
Il ricorso, e segnatamente i due motivi, che in realtà sono esaminati congiuntamente poiché hanno identica ratio, viene accolto con la seguente motivazione.
Si premette che la domanda inizialmente proposta ex. Art. 2051 cc non si può mutare in corso di causa in azione ex. Art. 2043 cc, e viceversa, “salvo che i fatti non siano descritti in modo tale che la fattispecie può essere qualificata diversamente (Cass. 30920/ 2017), ossia a meno che il mutamento di qualificazione giuridica lasci inalterati i fatti, non presupponga cioè un fatto diverso.”
Nel caso che occupa la corte di merito ha confuso i due istituti e soprattutto la sussunzione dell’ipotesi di danno cagionato dall’appaltatore nella prima in luogo della seconda.
Afferma la Corte che “La responsabilità da cose in custodia presuppone che il danno sia causato dalla cosa per il suo stesso dinamismo e dunque che il danno non derivi dalla circostanza che la cosa sia azionata dall’uomo. Viceversa, ove il danno derivi da una cosa in quanto in quel momento utilizzata dall’uomo non può prospettarsi una responsabilità da omessa custodia, bensì da condotta attiva od omissiva direttamente causa dell’evento. Conseguentemente, ove il danno derivi da una condotta dell’appaltatore, vale a dire dalla sua attività di esecuzione dei lavori, non può ovviamente farsi riferimento all’art. 2051 del codice civile, che invece presuppone che il danno derivi dalla cosa in sé e non già dell’uso che ne faccia l’esecutore dei lavori (Cass. 4288 / 2024).”
Quindi, nel contratto di appalto può accadere che il danno derivi dalla cosa in se, e in tal caso si adotterà la fattispecie ex. Art. 2051 cc, o dall’opera dell’appaltatore, e in detta ipotesi bisognerà ricorrere all’art. 2043 cc.
La Corte di appello, in premessa descrive correttamente la distinzione, ma poi attribuisce una presunzione assoluta di responsabilità al committente che il nostro ordinamento non prevede.
Pertanto l’opera del giudice di merito deve soggiacere al seguente dogma “Poiché l’appaltatore gode di autonomia organizzativa e gestionale, una responsabilità del committente per i danni causati a terzi durante l’esecuzione dell’opera è configurabile solo in due casi: o quando l’opera sia stata affidata ad impresa manifestamente inidonea (cosiddetta “culpa in eligendo”), ovvero quando la condotta causativa del danno sia stata imposta all’appaltatore dal committente stesso, attraverso rigide ed inderogabili direttive” (Cass. 10588/ 2008; Cass. 36399/ 2023).”
Poiché nel caso che occupa non ricorre nessuna delle due ipotesi, la sentenza è cassata e rimessa alla corte di appello per la decisione nel merito e attuando i principi delineati nella sentenza.
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