Comodità d’uso e indivisibilità delle parti comuni in condominio

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 “Poiché l’uso delle cose comuni è in funzione del godimento delle parti di proprietà esclusiva, la maggiore o minore comodità di uso, cui fa riferimento l’art. 1119 c.c. ai fini della divisibilità delle cose stesse, va valutata, oltre che con riferimento all’originaria consistenza ed estimazione della cosa comune, considerata nella sua funzionalità piuttosto che nella sua materialità, anche attraverso il raffronto fra le utilità che i singoli condomini ritraevano da esse e le utilità che ne ricaverebbero dopo la divisione”.

    Indice:

  1. La vicenda
  2. La censura
  3. La pronuncia della Suprema Corte

1. La vicenda

I giudici d’Appello respingevano il gravame avanzato da Caia contro la sentenza del giudice di prime cure, che aveva rigettato la domanda della stessa Caia diretta all’ottenimento della divisione del vano latrina sito al secondo piano del fabbricato Alfa. Il vano in questione apparteneva per ¾ a Caia e per ¼ alla convenuta Tizia. Secondo i giudici di secondo grado, l’atto di donazione, divisione del 12 settembre 2012 intercorso fra Sempronia a Tizia e Mevio, (quest’ultimo padre e dante causa di Caia) prevedeva, all’art. 10, che rimanessero “in comune tra i condividenti il corridoio e la latrina”, e che a tale “opzione di indivisibilità” (altrimenti qualificato in sentenza “vincolo di destinazione” imposto alla latrina) era tenuta anche Caia, quale avente causa di Mevio. Altresì, la Corte distrettuale riteneva che la latrina rientrasse fra le parti comuni ex art. 1117 c.c. e che l’indivisibilità della stessa discendesse, come verificato dal CTU della causa di divisione, dal più incomodo uso del bene per Tizia in caso di scioglimento della comunione o assegnazione del servizio igienico a Caia.


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2. La censura

Caia si rivolgeva alla Cassazione lamentando, in particolare, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1119 c.c., dal momento che, secondo la ricorrente, i giudici d’appello avevano valutato l’incomodità dell’uso delle porzioni esclusive nel caso di divisione del vano latrina (la predetta norma si riferisce invece all’uso della cosa già comune in caso di divisione). Altresì, Caia asseriva che la Corte distrettuale non aveva preso in considerazione il fatto che il vano latrina aveva perso la sua funzionalità originaria da diversi decenni. 

3. La pronuncia della Suprema Corte 

I giudici di piazza Cavour davano torto a Caia affermando che “Poiché l’uso delle cose comuni è in funzione del godimento delle parti di proprietà esclusiva, la maggiore o minore comodità di uso, cui fa riferimento l’art. 1119 c.c. ai fini della divisibilità delle cose stesse, va valutata, oltre che con riferimento all’originaria consistenza ed estimazione della cosa comune, considerata nella sua funzionalità piuttosto che nella sua materialità, anche attraverso il raffronto fra le utilità che i singoli condomini ritraevano da esse e le utilità che ne ricaverebbero dopo la divisione”.

Pertanto, il Tribunale Supremo dichiarava il ricorso inammissibile.

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Avv. Giuseppina Maria Rosaria Sgrò

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