Per effetto di detto provvedimento, pertanto, in caso di soccombenza totale di una parte in un giudizio civile, la compensazione delle spese di lite, totale o parziale, è ammessa non solo nelle ipotesi di “assoluta novità della questione trattata” o di “mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti”, ma anche quando sussistano, per l’appunto, “altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni”.
La Corte Costituzionale ha così statuito, ritenendo fondata la questione di legittimità costituzionale del suddetto articolo 92 c.p.c., sollevata dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Reggio Emilia nell’ambito di due controversie di lavoro.
Ampliato il perimetro di compensazione delle spese
I Giudici Costituzionali sono dunque andati ad ampliare il perimetro della compensazione delle spese di lite, che il D.l. n. 132/2014 (convertito in Legge n. 162/2014) aveva di fatto ristretto, abolendo la clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni”, ed ammettendo la compensazione (oltre che, ovviamente, in caso di soccombenza reciproca) solo in due tassative ipotesi: a. l’assoluta novità della questione trattata; b. il mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti.
Una tassatività, secondo la Consulta, lesiva del principio di ragionevolezza ed uguaglianza, poiché taglia fuori fattispecie analoghe, magari riconducibili alla stessa ratio giustificativa. Si pensi, ad esempio, ad un mutamento dei termini della controversia non addebitabile alla parte, che sia dipeso da una norma di interpretazione autentica, da uno ius superveniens con effetto retroattivo, da una pronuncia di illegittimità costituzionale, o ancora, da una nuova regolamentazione a livello europeo. Come può intuirsi, trattasi di ipotesi che, pur non rientrando nelle due fattispecie tipiche contemplate dalla norma, sono connotate della medesima gravità ed eccezionalità. Spetterà in tal caso al giudice, in sede di decisione sulla compensazione delle spese, valutare le circostanze secondo il suo prudente apprezzamento.
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