Considerazioni sulla recente sentenza n° 21156/10 del 14/07/2010 (depos. il 13 OTT.2010) della Cassazione Sez. Lavoro
1.-Premessa
L’art. 13, II° Co., del D. Lgs. N° 545 del 31/12/1992, relativo all’Ordinamento degli organi speciali di giurisdizione tributaria e organizzazione del nuovo contenzioso succeduto al D.P.R. N° 636/1972 testualmente dispone: “ Con decreto di cui al comma 1 1, oltre al compenso mensile viene determinato un compenso aggiuntivo per ogni ricorso definito, 2 anche se riunito ad altri ricorsi, secondo criteri uniformi, che debbono tener conto delle funzioni e delle attività di ciascuno alla trattazione della controversia, compresa la deliberazione e la redazione della sentenza, nonché, per i residenti in comuni diversi della stessa regione da quello in cui ha sede la commissione, delle spese sostenute per l’intervento alle sedute della commissione. Il compenso è liquidato in relazione ad ogni procedimento emesso 3.-
La norma indicata in premessa intanto urta con il palese dettato degli artt. 2, 3 e 36 della Costituzione, perché relativamente all’art. 2 non garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, posto che se tale articolo sia correlato al I° comma dell’art. 11 dello stesso decreto lgs. (di cui l’art. 13 citato ne è la conseguenza), nel disporre relativamente alla nomina e alla durata dell’incarico, le funzioni dei componenti delle CC.TT.PP. e delle CC.TT.RR. non costituiscano in nessun caso rapporto di pubblico impiego (come dire:” Io Stato per il lavoro che fai ti pago, però non ti riconosco come dipendente”, per fare un altro esempio più pratico: una specie di sorta a cavallo tra lavoro nero (senza obblighi contributivi e previdenziali a carico dello Stato), con chi sa quale sorte per coloro che si trovino in evidenti stati d’incompatibilità (es. dottori commercialisti, esperti contabili e avvocati esercenti in materia e patrocinio tributario) e la mezza legalità poiché remunerazioni assoggettate a imposte erariali, per descrivere meglio la situazione in altri termini: una specie di mezzo caporalato effettuato con lavoratori extra comunitari (Chissà a tal proposito cosa deciderebbe l’Alta Corte di Giusitizia UE se fosse investita riguardo a una causa di tal guisa…).
Quanto all’art. 3 della Costituzione deve reputarsi ugualmente violato, poiché i giudici tributari pur esercitando una funzione giurisdizionale in una materia alquanto complessa e specialistica (vuoi per la copiosa normativa proliferante giorno per giorno, vuoi per la vasta estensione e numerosità di tributi diretti e indiretti in Italia, vuoi per la casistica e la prassi amministrativa da acquisire in parecchi anni di professione sul campo, sinora sempre esercitata da ragionieri collegiati, dottori commercialisti e avvocati tributaristi e (qualche altra categoria professionale), i quali che si creda o no (i pochi rimasti dopo la decimazione d’ufficio per casi decisi d’incompatibilità dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria), costituiscono tuttora l’ossatura e i pilastri dell’odierno processo tributario, il trattamento economico riservato a tali giudici è di gran lunga difforme a quello determinato per i giudici di pace, la cui funzione è limitata nel giudizio a due soli codici: civile e di procedura civile e a qualche legge speciale (ved. materia di locazioni e contravvenzioni a norme sulla circolazione stradale) per importi anche molto limitati rispetto al valore delle cause dei giudizi tributari, questi ultimi senza limiti, con responsabilità diretta e risarcimento di eventuali danni cagionati nell’esercizio giurisdizionale da questi giudici (4).4
Violazione costituzionale anche quanto all’art. 36, I° comma della Costituzione poiché gli emolumenti determinati dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, (ved. prospetto seguente),5non solo non sono sufficienti ad assicurare al solo giudice tributario un’esistenza libera e dignitosa, figuriamoci poi se uno dovesse avere famiglia!!!
Lascio al lettore o all’uditore ogni ulteriore commento al riguardo una volta dato uno sguardo al prospetto delle competenze, 5 il quale dovrà anche considerare che i tempi di corresponsione (almeno per quanto riguardi i compensi variabili dovrebbero essere normalmente corrisposti, quanto al I° semestre (entro il 15 ottobre dell’anno corrente), il III° trimestre entro il 15 novembre dello stesso anno e il IV° trimestre entro il 15 maggio dell’anno successivo), date abitualmente quasi mai rispettate almeno per il I° semestre).-
2.- Sintesi del procedimento
Un gruppo di giudici tributari della C.T.P. di Campobasso citarono in giudizio il Ministero delle Finanze (oggi Ministero dell’Economia e delle Finanze) per vedersi riconoscere i compensi aggiuntivi per i provvedimenti adottati nelle sospensione cautelari di cui all’art. 47 del processo tributario, per gli anni dal 1996 al 1998, stante l’intervenuta modifica delle locuzioni di cui all’art. 13 del D. Lgs. N° 545-/1992, indicati in premessa di ricorso definito e provvedimento emesso, in luogo delle locuzioni sostituite “ricorso deciso” e sentenza pubblicata”.-
In un primo momento l’Amministrazione finanziaria aveva aderito favorevolmente per la corresponsione degli emolumenti, ma in seguito a diversa interpretazione normativa revocò tali emolumenti, richiedendo la ripetizione di quanto pagato a tale titolo. Il primo giudice del lavoro adìto respinse il ricorso. Di contro i giudici tributari attori adirono la Corte d’Appello di Campobasso, la quale con sentenza del 14/06/2006 (depos. il 20/06/2006) accolse il ricorso, condannando per l’effetto l’Amministrazione finanziaria al pagamento degli emolumenti aggiuntivi per le ordinanze cautelari emesse negli anni 1997 e 1998, nonché alla restituzione di quelle già pagate per l’anno 1996 di poi revocate.
A sostegno della propria motivazione la Corte d’Appello di Campobasso giustificava che la locuzione “ricorso definito” novellata dalla ex “ricorso deciso”, dovesse comprendere anche i ricorsi cautelari e quindi pagate le rispettive ordinanze cautelari emesse.
Di diverso avviso fu l’Amministrazione Finanziaria, la quale tramite il Ministro dell’Economia e delle finanze, con unico motivo di violazione dell’art. 13 del D.Lgs. N° 545/1992, non esitò ad adire la Cassazione onde vedersi ribaltata e cassata la sentenza d’appello favorevole ai ricorrenti della Corte territoriale di Campobasso, intimati non costituitisi nell’ultimo grado di giudizio.
Il motivo della decisione
Premesso che il P.M. della Corte in persona del Sostituto Procuratore Generale avesse concluso per il rigetto del ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria, la Corte con unico motivo e sostenendo che la normativa sul contenzioso tributario prevedesse diversi casi di definizione dei ricorsi, i provvedimenti cautelari di cui all’art. 47 presentati unitamente al ricorso o con istanza separata (nonostante l’emissione d’ordinanza e che la decisione sul merito sarebbe dovuta avvenire entro 90 giorni da tale provvedimento) non dovesse essere considerato ricorso a se stante (ricorso quindi indefinito), ma per ricorso “definito” si sarebbe dovuto intendere la definitiva risoluzione dello stesso, con stesura e pubblicazione della sentenza.
3.- Brevi considerazioni sulla sentenza.
Desidero in tutti i casi compiacermi con il P.M. Sostituto Procuratore Generale per la sua conclusione di rigetto del ricorso; persona indubbiamente preparata in tale settore giurisdizionale, essendo il medesimo anche giudice tributario,pur non avendo visto le sue originali conclusioni.
La sentenza della Corte a mio modesto avviso, (spogliandomi dello “status” di parte “indiretta in causa“, essendo ugualmente giudice tributario ma non implicato direttamente nella vicenda), susciterà non poche note critiche e polemiche, tra giudici addetti ai lavori, cattedrattici e studiosi del diritto tributario, poichè non è solo ai tempi d’oggi che in molteplici sentenze di legittimità ma anche di merito si disquisisca su locuzioni grammaticali e in base ad esse (in realtà poco chiare o diversamente interpretabili oppure facilmente equivocabili) venga stilata una sentenza, per di più ribaltatabile da qualche altra per caso analogo, visto il perdurante oscillamento.curiale (escludendo da ciò la Corte Costituzionale), che unica Corte da dover investire di una causa, proprio per il trattamento discriminatorio e incostituzionale indicato in premessa e subìto dai giudici tributari.
Ma riguardo alla presente sentenza non si può e non si deve certamente non affermare che: un’ordinanza emessa in sede processuale tributaria, non sia un atto a se stante e separato dal processo e dal ricorso (anche se possa essere richiesto nel suo contesto o con istanza separata) che richieda la debita istruttoria del giudice relatore, la fissazione di un’udienza collegiale, concludentesi con l’estensione del provvedimento).
Dello stesso avviso la Presidente del Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, come da sue affermazioni apparse su Italia Oggi, la quale essendo a capo di un simile organismo giurisdizionale autonomo e parallelo a quello del C.S.M. non potrebbe essere tacciata di faziosità.
Salvatore Idda
Giudice tributario in Savona
1 .-Il Ministro delle finanze (ora Ministro dell’Economia e Finanze) con proprio decreto di concerto con il Ministro del tesoro determina il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle com- missioni tributarie
2 .-Originaria parola deciso così sostituita dal I° Co., dell’art. 11 del D.L. 08 agosto 1996 n° 437,con- vertito con modificazioni nella L. 24 ottobre 1996 n° 556.-
3 Originale parola “sentenza pubblicata” rifer. normativi come da nota 2.-
4 .- Cfr. art. 14 D. Lgs. N° 545/1992 cit. e L. N° 117 del 13 aprile 1989.-
5 .- Indicate al lordo delle imposte
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